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Il personaggio

Richard Geoffrey e il futuro di Dom Pérignon: “Il clima che cambia è solo un aiuto”

03 Novembre 2015
Richard_Geoffrey Richard_Geoffrey

L'intervista a lo chef de cave della maison francese di champagne

 
(Richard Geoffrey)

Non capita tutte le sere di stare seduto accanto a uno dei protagonisti più famosi del pianeta champagne. L'occasione è ghiotta. 

Una serata Dom Pérignon per assaggiare sei annate del Vintage Blanc (ne parliamo in questo articolo). Lui è Richard Geoffrey, lo chef de cave, il medico prestato alla tipologia di vino più famosa del mondo che da venti anni con precisione svizzera tira fuori champagne che riflettono il suo angolo visuale visionario, sfuggente e che resiste al tempo. Al trenataduesimo piano di un grattacielo di Milano sembra di vedere tutto: sarà effetto del Vintage Blanc?
Ecco l'intervista.

Geoffrey, è preoccupato del cambiamento climatico?
“Lo dico un po’ a bassa voce e, non lo nego, con un po’ di pudore. In questo momento i cambiamenti climatici ci hanno solo favoriti. La resa del raccolto è più regolare, la frequenza delle buone annate è maggiore, il frutto è più generoso, l’acidità più rotonda e io l’apprezzo molto. Alla distanza, però, devo dire che sono preoccupato, un po’ come tutti. Poi non è detto che il caldo ogni anno contribuisca a far maturare l’uva in un certo modo. Lo abbiamo visto anche a questa degustazione, con le annate 2002 e 2003, due vini molto maturi che, però, non sono uguali. E quindi serve una lettura diversa del problema”.

Chi è Richard Geoffrey?
“È qualcuno che cerca ancora e ancora, che segue una traccia e non è mai soddisfatto”.

Che concetto ha lei del termine ‘visione’?
“La visione per me, ma anche per Dom Pérignon è il perseguimento di un ideale. Si tratta di guardare sempre la linea dell’orizzonte, che è molto lontana davanti a noi, sapersi discostare, allontanare, ma saper anche tornare indietro”.

Lo champagne oggi viene prodotto sia dalle grandi Maison, sia da piccoli produttori indipendenti, che molti definiscono i veri custodi dei terroir, quale l’importanza dei primi e quale dei secondi?
“Per me l’importanza non si misura con le dimensioni. Ovunque, sia tra i viticoltori che tra le maison, ci sono gli attori che si sono dedicati al loro progetto e che vanno fino in fondo. Entrambi difendono i terroir. Per me Dom Pérignon difende il terroir allo stesso modo di un piccolo produttore. In realtà tutti questi attori, piccoli e grandi rappresentano l’intera zona dellaa champagne”.

Dom pérignon rosè ha un preciso stile che punta sulla imprevedibilità e sulla variabilità. Lei pensa che siano proprio queste le chiavi del suo successo?
“Dom Pérignon rosè è riconosciuto come un rosè dedicato al pinot nero, estremamente impegnato, con molta audacia e a volte provocazione, ad una dimensione di questi terroir fortissima. Il pinot nero è oggetto di fascinazione, è come il Sacro Graal. Penso che si andrà molto lontano. E lo penso perché in questo momento le persone che amano il vino ci seguono. Il Dom Pérignon rosè è molto seguito. Noi ci mettiamo cuore, energia e passione incredibili. E non accettiamo nessun compromesso”

Lei quanto vino beve?
“Pochissimo in termini di quantità. La mia natura mi permette di accontentarmi di poco, per apprezzare molto. La quantità non aumenta la soddisfazione, e questo è vero in tutti i campi”.

F.C.