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Pubblicato in Scenari il 29 Aprile2019

Le comunità sono cominciate grazie all'impegno e alla caparbia dei due titolari della gastronomia Armetta di Palermo


(Gino e Teresa Armetta)

di Clara Minissale

È il riscatto delle botteghe di quartiere, un modo per fissare in maniera inequivocabile il ruolo che hanno nel proprio territorio. 

Il negozio di prossimità non è solo luogo di acquisti, ma anche spazio di condivisione, di incontro, di racconti e di territorio. E oggi Slow Food ne riconosce tutto il valore dando la propria benedizione alla nascita delle Comunità delle botteghe di quartiere. Un movimento partito dal basso, da quei bottegai che hanno fatto del proprio mestiere una missione e che ha trovato terreno fertile nel cammino di Slow Food dopo il congresso di Chengdu del 2017 che ha sancito l’importanza internazionale delle comunità, della rete a livello territoriale. A credere nella forza delle botteghe di quartiere in Sicilia sono stati innanzitutto Gino e Teresa Armetta che da anni portano avanti la loro attività di famiglia nel quartiere San Lorenzo a Palermo. A loro si sono uniti altri bottegai che, con il loro impegno, hanno trasformato il modello siciliano di bottega di quartiere da salvaguardare in un esempio da esportare a livello nazionale, facendo da guida nella nascita della Comunità.    

“Quello delle Comunità è un nuovo modo di essere parte attiva nel movimento Slow Food nel mondo – spiega Francesco Sottile, del Comitato esecutivo nazionale – che deve attivarsi intorno ad un progetto ben definito, la valorizzazione del lavoro fatto sul territorio. Un modo più snello di essere attivi rispetto alle Condotte, che rimangono comunque fondamentali”.“Negli ambienti urbani il negozio di prossimità è la storia dell’Italia: alimentari, salsamenterie, salumerie, pescherie, macellerie, panifici, negozi di frutta e verdura, piccoli bistrot, taverne e bar a conduzione familiare – spiegano da Slow Food - Botteghe quale fulcro del vissuto di una comunità ed elemento di riconoscimento. Luoghi in cui ci si ritrova, ci si da del tu, ci si scambia esperienza ed aiuto”. Cose nelle quali Gino e Teresa Armetta credono da sempre, principi che sono alla base del loro quotidiano lavoro nella bottega di via dei Quartieri a Palermo. 

“La nostra idea era quella di invertire la rotta di una mancata valorizzazione del negozio di quartiere che, invece, è luogo di scambi quotidiani – dice Teresa Armetta, portavoce della Comunità -. Qui da noi non si acquista soltanto ma ci si fa compagnia, si chiacchiera, si vive appieno la vita della comunità locale. Ci è sembrato quindi naturale pensare di sostenere e valorizzare i negozi di quartiere che diventano presìdi Slow Food del territorio”. Le botteghe sono dunque una sorta di patrimonio immateriale riconosciuto e, al pari dei più noti presìdi, vengono sostenute e accompagnate nell’attività di valorizzazione del territorio, con l’impegno di passare ai giovani testimone e conoscenze, perché queste vivano nel tempo e si moltiplichino.

“Una delle parti più innovative del progetto della Comunità delle botteghe di quartiere è proprio il fatto che si sia pensato alla formazione dei giovani, ad insegnare loro come essere bottegai, dalle relazioni con i prodotti a quelle con i clienti”, dice Francesco Sottile. Le botteghe diventano, dunque, la chiave per riscoprire una dimensione di vita a misura d’uomo, per ritrovare il tempo, per fare in modo che i quartieri non vengano abbandonati. Nello spirito di condivisione del fondatore di Slow Food Carlo Petrini, farsi interpreti sul territorio a partire dalla riappropriazione quotidiana, soprattutto da parte delle nuove generazioni. “Per far parte di questa rete - aggiunge Teresa Armetta – non è necessario essere negozi storici ma è importante non avere affiliati. Nel nostro lavoro, ciò che conta è come accogli e come segui il consumatore, come lo guidi nella scelte, come racconti prodotti e produttori, cosa che noi cerchiamo di fare al meglio ogni giorno”. 

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