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Scenari

Il presidente di Ermes Rosario Di Maria: “Promozione e identità, la Sicilia si gioca tutto”

20 Gennaio 2020
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Parla il numero uno della cantina sociale di Gibellina che raggruppa anche Tenute Orestiadi. Numeri in grande spolvero tra fatturati e quote di imbottigliato. Ma resta il nodo dei bianchi in cerca di una collocazione sui mercati più remunerativa. Un primo bilancio della joint venture sull’Etna e la Doc Sicilia sotto attacco. Ed in estate torna lo Scirocco Wine Fest


(Rosario Di Maria)

Parte dai numeri Rosario Di Maria, il presidente di Cantine Ermes e Tenute Orestiadi per tracciare i prossimi percorsi in questo 2020 appena cominciato. 

Siamo a Gibellina, in provincia di Trapani ed è indubbio che la crescita di questa realtà produttiva è stata rilevante, da record. “In primo luogo – attacca subito il presidente – merita una menzione il fatturato Cantine Ermes, che a chiusura di bilancio il 30 giugno 2019 ammonta a € 85,6 Milioni, in crescita del + 5,5% sull’anno precedente. Di questo una quota importante, specie se ponderata con l’avvio recente di questo progetto, è legata all’imbottigliato, che rappresenta il 16% del totale, con una crescita consolidata nel 2019 rispetto al 2018 del + 11%”.

Risultati che vi lasciano soddisfatti?
“Decisamente. Tra l’altro la crescita non accenna ad arrestarsi, anzi è stimato che nel 2020 aumenti di un ulteriore + 26%. Bei numeri, se considerate che l’anno appena concluso ci ha visto produrre 12 milioni di bottiglie. Buona parte del prodotto imbottigliato è destinata all’export, ci attestiamo al 18% circa nel 2019, ovvero + 11% rispetto all’anno 2018 e con una previsione del 35% circa nel 2020. Ovviamente questo non sarebbe possibile senza i 2.355 soci conferenti in vendemmia, per 10.554 ettari di vigneto, dei quali 2.786 in conduzione biologica. I terreni, pur essendo prevalentemente in Sicilia, sono distribuiti su tre regioni: 7.470 ettari in Sicilia; 2.066 ettari in Veneto; 1.018 ettari in Puglia. A questa diffusione territoriale corrisponde una pluralità di siti produttivi: in totale 8 dei quali 6 in Sicilia, uno in Veneto ed uno in Puglia. Ciò permette che Cantine Ermes, ad oggi, sia un vero e proprio mosaico di identità, composto da soci, ma anche da territori completamente differenti tra loro”.

Come è andata la vendemmia 2019?
“Dal punto di vista quantitativo, i conferimenti di vendemmia 2019 hanno subito una leggera flessione, oggi ci ritroviamo a parlare di 1.012.260 quintali di uva trasformata, pari al -12% rispetto alla vendemmia 2018. Il cambiamento però non è uniforme nelle varie regioni, ad esempio in Puglia l’aumento significativo di ettari ha portato ad una conseguente crescita della produzione. Con riferimento invece agli aspetti qualitativi delle produzioni conferite nel corso della vendemmia 2019, come spesso accadde in agricoltura, a fronte di una generalizzata diminuzione quantitativa e con condizioni climatiche favorevoli, si è registrato invece, trasversalmente in Sicilia e anche nel resto dell’Italia, un ottimo livello qualitativo delle uve e consequenzialmente anche dei vini ottenuti. Ottima qualità poi che accomuna sia le uve a bacca bianca che quelle a bacca rossa”.

Progetti a breve scadenza per il 2020?
“Senza dubbio un obiettivo, trasversale e condiviso tra Cantine Ermes e Tenute Orestiadi – sebbene ciascuna in base al proprio canale distributivo e le proprie peculiarità – è dedicare tempo e risorse per far crescere e consolidare il progetto vini in bottiglia sia in Italia che all’estero. Le potenzialità del gruppo in tal senso sono notevoli. In azienda, in tutte le sue aree e a tutti i livelli, è forte la consapevolezza di poter ben competere sul mercato: qualità in quantità e al giusto rapporto qualità/prezzo; competenza e professionalità delle risorse umane; flessibilità e processi decisionali snelli e rapidi controbilanciati da assunzioni di responsabilità in capo a chi li adotta; capacità di leggere i futuri trend del mercato e di creare e tessere nuove relazioni commerciali sono i punti di forza tra i più significativi sui quali costruire il futuro a breve, ma anche e soprattutto a medio-lungo termine”.

Tracciamo un primo bilancio della scommessa sull’Etna con la joint venture con La Gelsomina?
“Più che una scommessa, la definirei una scelta ponderata e maturata dopo attente riflessioni. Ad oggi non possiamo che valutare più che positiva la partnership con La Gelsomina e con la famiglia Turrisi, proprietaria dell’azienda. Siamo entrati a far parte di questo straordinario mondo dell’Etna con rispetto e con etica, cercando in primis di esaltare la territorialità, la cultura e le esperienze appartenenti a chi il vulcano lo vive e ne costituisce parte integrante. La famiglia Turrisi ci ha, sia metaforicamente che fisicamente, aperto le porte della propria casa consentendoci di condividere il nostro know-how nelle aree della produzione, del marketing e della commercializzazione. Solo così abbiamo potuto portare in giro per il mondo e raccontare di un progetto che tante soddisfazioni ci regalerà nel prossimo futuro”.

Più in generale come sta il vino siciliano? Da più parti ci sono difficoltà di vario genere. Una su tutte lo scarso valore medio e la scarsa remunerazione per i viticoltori…
“La produzione vinicola della Sicilia viaggia su una sorta di doppio binario. Da un lato la si registra protagonista in positivo sul mercato quando il focus è centrato sulla produzione di vini di qualità, soprattutto da varietali autoctoni. In tal caso i vini, in particolare quelli rossi, sono apprezzati, richiesti dal mercato e con essi si riesce ad assicurare ai produttori delle uve un minimo di soddisfacente redditività. Diversa è l’analisi quando ci si sposta sulle produzioni di vini bianchi che spesso non trovano un’adeguata collocazione sul mercato. I consumatori vanno stimolati, educati a riconoscere a queste produzioni il giusto valore. Significa che occorre “provocare” una domanda di vini siciliani allargando il mercato, significa fidelizzare il consumatore a bere Sicilia, significa provare a creare un prodotto identitario della nostra regione come altri hanno fatto in altre regioni d’Italia e del mondo; significa investire in promozione e comunicazione. È un percorso lungo, composto da un mix di azioni, ma è un percorso obbligato: o si inizia dando una speranza a migliaia di produttori o si rischia la perdita di un pezzo importante della nostra produzione vitivinicola”.

I fondi per la promozione stanno dando i loro frutti? Voi ne fate ricorso?
“Nell’ottica di sviluppare i mercati esteri, in particolare alcuni tra i più importanti per l’export dei vini italiani, Cantine Ermes ha investito in passato e continua ad investire su di essi beneficiando degli aiuti previsti dai Fondi Ocm Paesi Terzi per la promozione. I mercati nei quali più di altri ha concentrato le sue attività sono stati Usa e Canada. Stiamo anche guardando con interesse ai mercati asiatici: Cina e Giappone in particolare. Il ritorno di tali investimenti lo giudichiamo positivo se si considera che al momento il Canada è il nostro primo mercato estero per volumi e fatturato”.

Qual è il mercato estero per voi più importante?
“Il più importante ad oggi è il Canada. Risultano comunque importanti anche quello degli Stati Uniti, della Germania, del Regno Unito, dei Paesi Scandinavi, dell’Australia. In questi ed in altri mercati tanta attività di semina è stata fatta nel corso dell’anno 2019 quindi riteniamo concrete le aspettative di crescita dell’export nel corso del 2020”.

Ci sarà anche quest’anno lo Scirocco Wine Fest?
“Lo Scirocco Wine Fest, una straordinaria intuizione del nostro ufficio marketing, ha visto nel 2019, alla sua terza edizione, quasi 35 mila partecipanti. L’evento ha confermato nei fatti tutte le sue premesse perché si è rivelato un potentissimo strumento di promozione del nostro territorio, dei nostri progetti e dei nostri vini. La contaminazione tra le comunità vitivinicole che si affacciano sul Mediterraneo, le loro esperienze, le diverse culture e tradizioni sono state al centro dell’evento riscuotendo grandissima attenzione mediatica. Confermo che nel 2020 lo Scirocco Wine Fest sarà tra i protagonisti della nostra estate, ma in una formula innovativa, diversa da quella che avete visto in passato e legata a sinergie vecchie e nuove: del resto, non abbiamo detto fino ad ora che siamo un’azienda in continua evoluzione?”.

La governance della Doc Sicilia ha subito, per il momento, lo smacco di una sentenza del Tar che mette in discussione le stesse fondamenta della denominazione. Qual è il vostro pensiero?
“Siamo fiduciosi perché nella sostanza il sistema Sicilia crede nella Doc regionale. Riteniamo che il più alto interesse pubblico, quello a tutela e valorizzazione delle produzioni di migliaia di agricoltori siciliani, perseguito appunto dalla Doc Sicilia e dal Consorzio che ha ottenuto l’Erga Omnes non può essere immolato a tutela di un singolo produttore che rappresenta appena lo 0,1% della produzione regionale oggetto del contenzioso; riteniamo soprattutto che non può essere minato nelle fondamenta il sistema di tante altre denominazioni italiane che, come avvenuto per la Doc Sicilia, in passato hanno fatto il medesimo percorso. Siamo stati e continuiamo ad essere primi tifosi della Doc Sicilia e siamo fiduciosi che la sostanza e il merito della questione prevarranno sulla forma”.

Ci sono nuove etichette in uscita?
“Certamente. A brevissimo presenteremo un vino, figlio di un progetto sul quale il nostro direttore tecnico – Giuseppe Clementi – con il suo staff e con la collaborazione della nostra appassionata e competente squadra di agronomi lavora da qualche anno. Possiamo dire che si tratta di un bianco…il resto lo sveleremo a tempo debito. Naturalmente è sempre continuo lo studio marketing sul restyling grafico di alcuni progetti già presenti sul mercato”.

C.d.G.