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Scenari

Accise sulla vendita diretta del vino, Fivi e Cevi pressano Bruxelles. Charrere: “Un attentato alla libera circolazione delle merci”

17 Aprile 2013
Casse_legno_per_vino Casse_legno_per_vino

Mettiamo che un produttore voglia vendere ad un privato che sta in un altro stato una cassa di vino dal valore di 50 euro, con la normativa attuale, che regola la vendita a distanza all’interno della comunità europea, quella cassa di vino arriva a costare all’acquirente praticamente il doppio della cifra.

Ecco quanto pesa l’articolo 36 della direttiva comunitaria 2008/118 che obbliga l’accisa sul vino acquistato per uso personale in un altro Paese dell’Ue.  Una norma che violerebbe il principio di libera circolazione delle merci tanto decantata dalla costituzione europea. E proprio su questo articolo battaglia la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti dal novembre del 2012, presando Bruxelles per il freno che di fatto si mette al commercio con la pesante ricaduta, anzi pesantissima in questo periodo di crisi, sui piccoli produttori. Dinnanzi ad un mercato del vino segnato dalle dinamiche di calo di consumo interno e di ricerca quasi spasmodica di sbocchi all’estero, citando come esempio quello italiano ma è una condizione condivisa da altri Paesi europei, i costi delle accise che vanno ad aggiungersi ad altri costi, come quelli del trasporto, diventano insostenibili per le cantine e per il consumatore. Ritorna sempre lo stesso problema, anche in questo ambito che dovrebbe essere quello più vivace in termini di compra vendita: le barriere della burocrazia. Infatti, la direttiva obbliga il produttore a dovere passare, per vendere il vino al privato, da un rappresentante fiscale a cui è demandato il compito di provvedere alla trafila del pagamento dell’accisa, un passaggio che così fa schizzare in alto il costo della bottiglia. Se il wine lover era così intenzionato a godersi il vino di un altro territorio lontano dal suo si ritrova nelle condizioni di rinunciarvi, o comunque di acquistare, sicuramente, con meno frequenza. L’incidenza di questi paletti sarebbe inoltre sproporzionata rispetto  al peso della vendtia stessa, che, secondo i limiti previsti dalla direttiva, vede commercializzabili 90 litri al massimo per il vino e 60 per lo spumante. Insomma la direttiva incriminata contrasterebbe con la tendenza degli acquisti fatti direttamente presso il produttore, in aumento in quest'ultimo periodo.

La richiesta di modifica avanzata dalla Fivi, e diramata in Italia e in Europa nei mesi scorsi attraverso un  Dossier Burocrazia, e successivamente portata all’attenzione della Commissione dalla Confederazione Europea dei Vignaioli Indipendenti, è stata inserita nell’agenda della Taxud, la Direzione Generale Fiscalità e unione doganale della Commissione europea, se ne discuterà fra poche settimane. Costantino Charrere, presidente della Fivi, colui che personalmente ha portato sotto i riflettori  e all’attenzione del Mipaaf  e dell’agenzia delle dogane il caso, chiede una risoluzione d’urgenza. “Questo articolo è un attentato al libero transito delle merci – ci dice al telefono -. Abbiamo cercato di fare un’azione nei confronti della direzione generale delle dogane a Roma al fine di sensibilizzare i rappresentanti italiani che andranno alla riunione. Il nostro timore è che queste decisioni sono prese nel Nord Europa dove non necessariamente sono interessati da questo problema dato che non sono Paesi produttori di vino”. La paura per Charrere è quindi che la questione possa passare in secondo piano ed essere dimenticata. Ma a sostenere la causa c’è il membro della Commissione all’Agricoltura  Giancarlo Scottà che ha presentato una interrogazione parlamentare dove denuncia i danni che può causare l'articolo 36 per le piccole aziende e l’impatto sull’enoturismo e quindi sull'economia del territorio. Intanto dalla Francia si solleva anche la voce del direttore generale della Fiv che riunisce 6mila vignaioli, Jean-Jaques Jarjanette, sollecita la semplificazione delle regole, che variano da uno Stato membro all’altro, e delle procedure. E infatti tra le proposte presentate a Bruxelles vi è quella di creare un sistema informatico che consenta il monitoraggio più facile della transazione e un iter più snello del pagamento dell’accisa e del rimborso.

M.L.