Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Scenari

“Bene l’export del vino italiano in Cina, ma va cambiato l’approccio delle cantine”

29 Settembre 2021

La ripartenza. Il risveglio dell’export del vino anche in un Paese complesso come la Cina.

Come leggere alcuni dati molto favorevoli per l’Italia? Lo abbiamo chiesto a Silvana Ballotta che con l’azienda Business Strategies ha un punto di osservazione formidabile su quanto accade tra Pechino e Shangai (e non solo) grazie a un’attività incessante di sostegno per le aziende italiane e a numerose iniziative tra scuole e roadshow dedicate al vino italiano. “La quota di mercato dei vini Italiani in Cina – attacca subito Silvana Ballotta – è passata dal 5,93% del 2020 al 10,26% del primo semestre 2021. L’Italia si piazza al terzo posto tra i paesi maggiormente importati, dietro a Francia e Cile, con un prezzo medio dei vini importati di 4,97 dollari/litro”.

Vinitaly parla di risultati di crescita significativi. È realmente così?
“Possiamo dire che è parzialmente vero. L’Italia è uno dei paesi che ha beneficiato maggiormente dei dazi applicati all’Australia, ed è cresciuta in modo significativo. Ma dobbiamo guardare al mercato anche nel suo complesso. In generale, il mercato cinese del vino già da fine 2018 è entrato in una fase di aggiustamento. Gli effetti del covid 19 sull’economia cinese e sui consumi sono ancora visibili. Possiamo parlare di crescita della fetta di mercato italiana, ma la dimensione totale del mercato del vino cinese non è cresciuta in questo primo semestre 2021”.

Consigli alle aziende italiane per chi vuole cimentarsi?
“La Cina è un mercato complesso, frammentato, con pochi importatori strutturati e tanti importatori piccoli e non specializzati. La ricchezza e la diversità del patrimonio enologico italiano sono a volte interpretati come complessità o difficoltà da sormontare. Nel promuovere il vino italiano dobbiamo far leva sulla cultura italiana in generale, ricollegarlo a storie, luoghi, similitudini familiari ai cinesi, l’aspetto tecnico del vino viene in secondo piano. Al tempo stesso non possiamo dimenticare di educare i cinesi al vino italiano”.

Oltre al fatto che non puoi andare in Cina un anno e poi non curare il mercato. Giusto?
“Esatto. Proprio per la sua complessità la Cina è un paese che richiede un investimento continuativo, e un attenzione particolare alle tendenze e ai cambiamenti che avvengono al suo interno”.

Molte aziende sondano il mercato cinese in modo random. Può essere che si scoraggiano subito perché trovano troppe difficoltà?
“Come detto sopra è un paese che richiede un investimento continuativo, possibilmente con rappresentanze sul territorio. Non basta partecipare ad un evento o una fiera, altrimenti i risultati si limiteranno sempre a qualche vendita occasionale”.

Le iniziative di Business Strategies in Cina?
“Abbiamo un progetto che portiamo avanti tutto l’anno, la Taste Italy Wine Academy. Attraverso i nostri docenti organizziamo periodicamente corsi certificati di vino italiano in varie città della Cina. A fine anno abbiamo in programma il “Absolute Italy – Taste Italy China Tour” con l’organizzazione di masterclass in 8 città cinesi. Saranno masterclass a tema dedicate a 1 o 2 regioni italiane a volta, hanno aderito all’evento quasi 30 cantine italiane. Sarà un’occasione unica dove si parlerà anche di regioni meno conosciute ai cinesi come il Friuli e il Trentino”.

C.d.G.