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Scenari

Enoturismo sempre più su, Dario Stefàno: “Due anni per fare una norma, ma adesso…”

14 Luglio 2022
Dario Stefàno Dario Stefàno

di Giosetta Ciuffa

È stato presentato il volume “Viaggio nell’Italia del vino. Osservatorio enoturismo: normative, buone pratiche e nuovi trend” del senatore Dario Stefàno e della presidente dell’associazione Le Donne del Vino Donatella Cinelli Colombini, insieme alle associazioni Città del Vino e Le Donne del Vino e Nomisma-Wine Monitor.

Il volume fotografa l’enoturismo in Italia, meta sempre più desiderata all’estero per quanto riguarda i viaggi di scoperta dei territori e delle tipicità che questi rappresentano, e offre un excursus sull’iter della normativa, il cui “padre” è stato proprio il senatore Stefàno: “Vivevamo il paradosso di un Paese che crede di poter investire in un asset ma senza avere un riferimento normativo, con il pericolo concreto di essere esposti a rischi amministrativi. Un iter complicato: io stesso ho avuto difficoltà a dimostrare al Mef che, senza una normativa nazionale, ci sarebbe sempre stato chi avrebbe continuato a ricevere visite rientranti nella fattispecie dell’enoturismo che però non sarebbero mai emerse; ci sono riuscito dopo due anni, e solo in quanto relatore delle Legge di bilancio”. E cantine, aziende agricole, operatori eccome se credevano nell’enoturismo: un settore in crescita che poteva mettere le ali e invece rischiava di averle spuntate. Grazie a questo perimetro normativo introdotto dalla legge 205/17 e meglio definito dal decreto ministeriale del 12 marzo 2019, l’enoturismo può essere strumento efficace per le aziende, al fine di espandere la propria attività, e divenire un asset economico per tutto il settore, che avverte una ripartenza ma soffre ancora della crisi pandemica oltre che della situazione geopolitica, per non parlare della siccità.

(Donatella Cinelli Colombini)

Il volume contiene anche la prima indagine Nomisma-Wine Monitor su un numero rilevante di attori dell’offerta enoturistica: 92 Città del Vino e 150 cantine, che ha evidenziato come il settore sia dominato dalle quote “rosé”, è il caso di dire. Vi trovano infatti occupazione molte donne, soggetti spesso deboli nel mercato del lavoro: in vigna e in cantina sono il 14% ma arrivano all’80% nel marketing e nella comunicazione, al 51% nel commerciale e al 76% nell’agriturismo; e tra gli enoturisti stessi ci sono sempre più donne. “Dare valore alle donne non è fare un piacere a esse ma al vino – commenta Donatella Cinelli Colombini – Donne protagoniste anche nel consumo: hanno superato gli uomini tra i consumatori abituali di vino, con il 55% del totale” e, come meglio delineato nel volume, questo avrà effetti sulle vendite e nei ristoranti; inoltre le donne sono più propense a farsi guidare da sommelier, poco interessate da guide e denominazioni ma attente all’uso che si farà del prodotto: quindi in futuro si potrà anche organizzare gli scaffali non per regioni ma per abbinamenti.
Altro aspetto che emerge dall’indagine è quanto sia fondamentale l’apporto derivante dalle attività turistiche per piccole e medie imprese, con fatturato inferiore a 2 milioni di euro: di esse, il 91% offre accoglienza enoturistica, che incide per ben il 14% sul totale del fatturato (7,3 milioni di euro). Tra i turisti, aumentano le famiglie con i figli, i single rispetto ai gruppi, i millennial e, come già detto, le donne rispetto agli uomini. Nel futuro, bisogna aspettarsi un incoming internazionale alla ricerca di un turismo poliedrico ed esperienziale, premium ma anche last minute e mordi e fuggi. Alla luce anche di ciò, trovano senso le parole chiave per il futuro del comparto emerse nell’indagine: promozione, comunicazione, formazione, digitalizzazione e monitoraggio. A voce unanime infatti le cantine richiedono alle istituzioni un piano di promozione e comunicazione, che per 6 aziende su 10 dovrebbe basarsi sui dati provenienti da un osservatorio permanente di monitoraggio. E nazionale, come la legge sull’enoturismo, il cui promotore ha avuto l’accortezza di non volere una normativa regionale come per gli agriturismi, con offerta e standard diversi di regione in regione. Molto sentito anche il bisogno di corsi di formazione degli addetti (67%), management per gli imprenditori (49%) e digitalizzazione delle aree rurali (58%).

Vale la pena organizzare quindi un’offerta turistica basata sul genius loci, con il racconto dei produttori sulla propria storia, la storia dell’azienda, le tecniche di coltivazione e produttive e cosi via; uno storytelling. Se pensiamo che in ogni calice di vino c’è un sorso d’Italia, come ha scritto il presidente nazionale Assoenologi Riccardo Cotarella nella prefazione e che tra i siti Unesco rientrano territori dalla vocazione enologica come Langhe-Roero e Monferrato in Piemonte, Pantelleria con la sua vite ad alberello, Conegliano Valdobbiadene, ci accorgiamo come l’enoturismo sia anzi finora poco sfruttato e possa davvero trasformarsi in un volano: del resto quale altro prodotto della terra richiama alla mente un bouquet di esperienze, non solo gustative, ma anche di convivialità e bei momenti? Il vino è passione, esempio di biodiversità e amore per la terra, e risultato di scelte da parte del produttore, perché il vino non è un frutto della natura, lo è l’uva. E come osserva Cotarella durante la presentazione, “tutto questo non ha senso se non sappiamo raccontarlo”. E se chi volesse o sapesse farlo non viene aiutato: l’intento del libro è proprio sollecitare politiche pubbliche di sostegno che vadano oltre i ristori, utili ma momentanei. Competere con l’estero per conquistarne ancora di più i mercati passa non solo per un’autodeterminazione legata a un fattore identitario e di autoctonia ma anche per un senso di fiducia derivante dal sapere le istituzioni sensibili alle innumerevoli tempeste che attraversa il comparto del vino.

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