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Pubblicato in Scenari il 16 Aprile2021
Ph Ennevi VeronaFiere

di Emanuele Scarci

Ripartenza e rafforzamento dei prodotti ”core”, come Vinitaly, Fieragricola e Marmomac, e accelerazione dei processi di digitalizzazione e di internazionalizzazione.

A due anni dal primo annuncio, i soci di Veronafiere hanno deliberato un aumento di capitale di 30 milioni a sostegno dello sviluppo, ma sulla sua completa realizzazione si apre una spaccatura con il secondo azionista, Fondazione Cariverona, che potrebbe determinare cambiamenti. “L’aumento di capitale – commenta Maurizio Danese, presidente di Veronafiere – consentirà di attuare il Piano di azione per la ripartenza che prevede di agganciare la ripresa nel 2022 e tornare entro il biennio 2023-2024 ai livelli pre-crisi″. “In questo delicato momento – sottolinea il direttore generale Giovanni Mantovani – la fiducia espressa dai soci con l’approvazione dell’aumento di capitale rappresenta un elemento fondamentale per il rafforzamento della credibilità di Veronafiere e dei suoi brand sul mercato nazionale e internazionale”.

Comune e Cariverona
Il principale azionista del polo espositivo scaligero è il Comune di Verona, con il 39,6% delle quote, seguito da Fondazione Cariverona (24,1%), Camera di Commercio (13%), Cattolica Assicurazione (7,1%), Banco Bpm (7%) e altri sei piccoli azionisti con quote inferiori. L‘aumento di capitale di 30 milioni era stato annunciato 2 anni fa e subito frenato dalle difficoltà di alcuni soci (Comune, Cattolica e Cariverona) e poi congelato dall’emergenza sanitaria. Il Comune dovrebbe sborsare circa 12 milioni per mantenere la propria quota. Nel caso non sottoscrivesse è da capire se l’eventuale inoptato verrebbe redistribuito pro-quota o reso disponibile per un nuovo socio. La scorsa estate il Comune di Verona ha tentato di fare cassa mettendo all’asta la quota del 4,6% dell’Autostrada A4 (per 26,2 milioni) ma la gara è andata deserta.

Il dubbio sulla “solvibilità” del Comune incrocia il braccio di ferro con Cariverona
Fondazione Cariverona ha votato a favore dell’aumento di capitale ma ha posto 3 condizioni: disponibile a versare i suoi 7,2 milioni ma solo se si cambia lo Statuto, togliendo la clausola di gradimento per l’ingresso di nuovi soci nonché prevedendo una maggioranza qualificata in caso si decida di vendere singoli marchi fieristici (Vinitaly?); ricambio e rafforzamento dei vertici manageriali; utilizzare l’aumento di capitale solo per nuovi investimenti e lo sviluppo della società. La posizione di Cariverona è isolata tra gli azionisti, ma la Fondazione fa valere il suo peso. Il braccio di ferro con il sindaco Federico Sboarina e gli altri azionisti oramai è pubblico.

Cassa a secco
Due anni fa l’aumento di capitale di 30 milioni era solo una parte del maxi investimento di 105 milioni del polo scaligero, finanziato prevalentemente con i flussi di cassa. Oggi però, dopo un anno di inattività la cassa è prosciugata, i ricavi sono crollati del 70% e il bilancio è in rosso. Le risorse per il rilancio programmato contano su una quarantina di milioni di finanziamenti bancari, alcuni milioni di sovvenzioni pubbliche e l’aumento di capitale. Nel 2019 la capogruppo Veronafiere aveva registrato un fatturato di 91,8 milioni.

 

 

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