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Scenari

“Svitatevi dai preconcetti e dalle tradizioni del passato: il tappo a vite è il futuro”

07 Marzo 2023
Silvio Jermann, Maria Luisa Manna, Walter Massa, Graziano Prà, Franz Haas Junior e Mario Pojer Silvio Jermann, Maria Luisa Manna, Walter Massa, Graziano Prà, Franz Haas Junior e Mario Pojer

di Maddalena Peruzzi

“Svitiamo piano per far molto rumore, ti imbottiglio buono, ti svito ancora migliore…”.

Fa così il ritornello della loro canzone, una simpatica parodia di Albachiara perché, come spiega divertito Walter Massa: “Vasco Rossi è il mio enologo”. Non è un caso se si sono autodefiniti “svitati”, ma seppur irriverenti e scanzonati, quando si tratta di tappo a vite, fanno sul serio. Noi di Cronache di Gusto avevamo già avuto occasione di assaggiare bottiglie doppie a confronto, cioè lo stesso vino della stessa annata, tappato con le due diverse chiusure: vite e sughero. In particolare, nel novembre 2021, presso la sede Ais di Brescia, si era tenuto un interessante tasting comparativo con Walter Massa e Graziano Prà, di cui avevamo anche scritto (leggi questo articolo>). Ma l’evento di Villa Sorio è una cosa diversa: è lo squillo di tromba che consacra ufficialmente gruppo, “il movimento”, come lo definiscono loro. Franz Haas, Graziano Prà, Jermann, Pojer e Sandri e Walter Massa, cinque cantine, cinque nomi di riferimento, ciascuno per le proprie tipologie e le proprie zone produttive, uniti per portare avanti la loro battaglia: quella del tappo a vite. Uno squillo di tromba, si diceva, e in effetti i cinque produttori ieri le hanno suonate a quel mondo del vino snob e conservatore che pretende di rimanere ancorato alle vecchie pratiche e ai vecchi riti, anziché aprirsi al progresso. Ma attenzione, la loro rivoluzione non inizia certo ieri, le basi del gruppo erano state poste già negli anni ’80, quando questi vignaioli visionari avevano iniziato a valutare sistemi diversi per tappare i propri vini. Stiamo parlando di quarant’anni fa. Una follia totale, all’epoca, se pensiamo che il tappo a vite è un argomento controverso ancora oggi, in Italia, soprattutto (ma si sa che non esiste Paese più ancorato alle tradizioni). Eppure il tappo a vite è molto diffuso negli Stati Uniti e nel Nord Europa e ci sono mercati, come Australia e Nuova Zelanda in cui è diventato uno standard. È stato proprio ispirandosi a quanto accadeva in questi Paesi, che, dopo anni di viaggi, assaggi, comparazioni e scambi di opinioni, i cinque produttori hanno iniziato a utilizzare il tappo a vite per i loro vini. Erano gli anni ’90, primi anni Duemila: da allora hanno continuato a fare prove e riprove delle due diverse chiusure, hanno osservato i propri vini, sia bianchi che rossi, “invecchiare” con i due diversi tappi a confronto e sono arrivati alla loro conclusione: il tappo a vite non è solo il sistema migliore tra i due, è il futuro.

Perché? Perché permette di salvaguardare e garantire nel tempo le qualità organolettiche del vino, garantendo una coerenza e un’uniformità qualitativa, consentendo nel contempo al vino di evolvere. Il tappo a vite, infatti, permette una micro-ossigenazione costante che è anche modulabile in base al rivestimento utilizzato all’interno del tappo stesso. “Non è vero che il tappo a vite imbalsama i vini – sottolinea Silvio Jermann – l’evoluzione è più lenta, ma avviene”. Sono emersi molti altri aspetti interessanti nel corso della giornata di ieri, ad esempio la praticità di questo sistema di tappatura, che non richiede cavatappi, si può richiudere ed è anche più sostenibile. Ma per gli “Svitati” il tappo a vite è prima di tutto una questione di rispetto: per il vino che è un prodotto prezioso e straordinario, per i consumatori e per tutti i professionisti coinvolti nella filiera. Ma soprattutto, il tappo a vite è una questione di rispetto nei confronti di se stessi, vignaioli che hanno dedicato la loro vita alla vigna e alla cantina per realizzare grandi vini, rischiando poi di perdere la faccia per colpa di un tappo. “Siamo cinque enologi, cinque imprenditori degli anni ’50 che si sono sempre divertiti nella loro vita e nella loro vigna – lo spiega bene Walter Massa che, come sempre, non usa mezzi termini – Noi siamo convinti che il vino sia importantissimo, per tutti, e vada rispettato. Come dice Lino Maga: “il vino è una cosa seria”. Si sente dire che il tappo a vite sia un oggetto arido, invece io oggi voglio umanizzarlo, perché è stato voluto, è stato sdoganato da uomini che ci hanno creduto, che gli hanno dedicato tanto studio e tanto lavoro, uomini che ci hanno messo la loro vita”. E di rispetto parlava anche Franz Haas, venuto prematuramente a mancare l’anno scorso, che in un videomessaggio motiva così la sua scelta del tappo a vite: “Dopo quarant’anni di domande e venti di sperimentazioni e confronti, ho fatto la mia scelta. Perché desidero che tutto il nostro lavoro, i giorni e le notti che dedichiamo al nostro prodotto si concludano sempre con un vino all’altezza del nostro impegno e delle vostre aspettative. Questo è il mio cerchio perfetto, dalle viti fino all’ultimo giro di vite”. Una dichiarazione che, con il senno di poi, ricorda un po’ la “lettera ai posteri” di Petrarca. Ma il futuro è già adesso, i posteri sono i produttori di oggi, con l’auspicio che si svitino dal passato e si facciano avanti. La rivoluzione del tappo a vite è appena iniziata…

ALCUNE FOTO DELLA GIORNATA