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Scenari

Parigi, accordo storico sul clima: così devono cambiare le nostre abitudini alimentari

15 Dicembre 2015
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Il nostro sistema economico basato sulla crescita illimitata ha raggiunto il limite di sostenibilità ambientale e necessita, pertanto, di una revisione sia nei principi che nelle pratiche: così si è chiuso a Parigi il summit sul clima che ha portato quasi duecento governi del mondo a firmare un accordo definito da più parti “storico”, ma la comunità scientifica internazionale ha espresso non pochi dubbi a riguardo.

L’accordo, siglato anche dai principali responsabili delle emissioni di gas serra, Cina e Stati Uniti, prevede il contenimento “dell’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali” e l’impegno “a proseguire gli sforzi per limitare l’aumento della temperatura di 1,5 °C”.
All’interno del trattato è stato incluso un processo di revisione. Ogni cinque anni, a partire dal 2018, verrà effettuato un “inventario” per esaminare i progressi effettuati nella riduzione delle emissioni da parte di tutti i Paesi, che saranno incoraggiati ad aumentare il proprio impegno e accelerare i tagli, mentre per il 2023 è fissata unaprima verifica dell’applicazione degli impegni. L’accordo tuttavia non prevede sanzioni.
I Paesi di vecchia industrializzazione erogheranno fondi per l’energia pulita (cento miliardi all’anno dal 2020) per diffondere nel mondo le tecnologie verdi e decarbonizzare l’economia. Sono state anche stanziate cifre importanti per aiutare i paesi poveri a ridurre l’inquinamento e affrontare il riscaldamento climatico.

Con l’accordo si sono compiuti significativi passi avanti rispetto al passato, ma che tuttavia non rassicurano la comunità scientifica internazionale, che si è mostrata alquanto perplessa riguardo soprattutto ai tempi previsti dal documento di Parigi, considerati troppo lunghi, e alla mancata indicazione di misure davvero stringenti. I governi si impegnano a fare tutti gli sforzi possibili per limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi, ma non a riuscirvi.
I negoziati sul clima, inoltre, non hanno affrontato tutti gli aspetti del problema, ma si sono concentrati esclusivamente sul consumo di combustibili fossili. “L’accordo non include indicazioni vincolanti neanche sul tema dell’agricoltura convenzionale e degli allevamenti intensivi e sulla loro stretta relazione con le emergenze climatiche”, ha osservato Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia. All’apertura del summit, il movimento aveva lanciato la petizione “Non mangiamoci il clima” per un riesame dell’agenda della conferenza di Parigi che prendesse in considerazione il rapporto tra agricoltura e clima, ma molti punti fondamentali sono stati annacquati.

Dunque tra le righe di questo accordo dagli esiti incerti, l’unica certezza sembra essere quella che finalmente stiamo andando nella direzione giusta grazie ad una sempre maggiore attenzione verso le istanze ambientaliste provenienti dall’opinione pubblica: ne sono testimonianza le numerose iniziative promosse in diverse piazze del mondo.
Quel che sarà concretamente fatto dipende da fattori politici, economici e tecnologici che non possono ancora essere calcolati, tuttavia la questione ambientale non è più considerata come un problema che riguarda solo gli scienziati, gli ecologisti, i governanti, gli economisti e gli industriali, ma una responsabilità che investe ognuno di noi.

L’impegno ecologico ci offre, dunque, l’occasione unica di coniugare la prassi di vita quotidiana con quei valori da cui la modernità ci ha separato: il rispetto verso tutto ciò che è vita, l’altruismo e la solidarietà in una dimensione di bene comune, lo scambio e la collaborazione da contrapporre al profitto e alla competizione, la moderazione ed il risparmio responsabile in un contesto di eccessi e di sprechi, la cultura del tempo e della creatività liberata dal lavoro e dall’efficienza produttivistica, nonché la riscoperta di fonti di felicità diverse dai beni materiali.
Modifiche nel nostro stile di vita, in senso meno dilapidatorio, meno eccessivo, sono già alla nostra portata; per cominciare, si potrebbe scegliere di “acquistare meno” riducendo l’eccessivo, l’effimero, l’inutile, il violento rispetto agli animali, il poco durevole. Acquistare in modo critico è un atto responsabile, poiché dietro ogni prodotto può esserci un costo per l’ambiente e un costo sociale. Limitare la frenesia degli acquisti inoltre contribuisce a ridurre la produzione di rifiuti domestici, insieme alla possibilità di differenziare gli scarti non direttamente riutilizzabili e riciclare quelli ancora adoperabili attraverso, per esempio, il dono, lo scambio, la vendita o l’interesse rinnovato.

Per ciò che mangiamo, la riflessione sull’eticità delle nostre scelte si arricchisce di nuovi contenuti. Alle attenzioni verso le questioni socio-ambientali legate alle pratiche dell’agricoltura e della zootecnia intensive (diritti dei lavoratori, contributo alle emissioni di gas serra, dispendio di energia, degrado ambientale, perdita di biodiversità, povertà nel Terzo mondo, ecc.), si aggiungono infatti, le preoccupazioni per la salute dei consumatori (uso di pesticidi, erbicidi, fungicidi, Organismi geneticamente modificati) e per il benessere degli animali destinati alla produzione di carne, latte o uova (impiego di antibiotici, ormoni, antidepressivi, chemioterapici, difficili condizioni di vita in ambienti ristretti, perdita di naturalità, pratiche di macellazione cruente, ecc.).
Rispetto ai cibi da agricoltura e zootecnia convenzionali, si possono comunque fare scelte diverse; evitando così di causare sofferenze inutili ad altri esseri viventi e danni all’ambiente e alla nostra salute. Scegliere un’alimentazione a base di prodotti biologici rappresenta, in questo senso, una possibilità concreta, unitamente alla necessità ambientale e salutistica di ridurre i consumi di carne.

Al contrario delle pratiche convenzionali, infatti, i metodi di produzione biologica, rispettando gli equilibri naturali, preservano la fertilità del terreno, promuovono la biodiversità, riducono in maniera significativa l’inquinamento delle acque di falda, il consumo energetico e le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, inoltre, non utilizzano prodotti transgenici e radiazioni ionizzanti per la conservazione degli alimenti ed adottano pratiche di allevamento rispettose del benessere e della salute degli animali.
Infine, un’opportunità in più di dare un senso etico alle nostre scelte alimentari ci viene offerta dalla possibilità di sostenere la nostra tradizione contadina, le comunità rurali e l’azienda familiare, consumando produzioni locali (tipiche, tradizionali e a Denominazione di Origine), di prossimità (a Km 0) e che rischiano di scomparire (Presidi Slow Food): espressione della biodiversità animale e vegetale e custodi dei saperi e delle pratiche agricole sostenibili. Ovvero si può dare un contributo al miglioramento della qualità della vita delle popolazioni più povere del mondo, acquistando prodotti importati secondo le clausole del commercio equo e solidale.

Cercare uno stile di vita ed un livello di benessere che siano ecologicamente sostenibili non vuol dire necessariamente dover fare delle rinunce. Scegliere di vivere con sobrietà, del resto, presuppone un cambiamento nella propria scala di valori e, pertanto, ciò che oggi può sembrare una privazione o addirittura un onere, domani – quando la nuova cultura ecologica e di comportamento sarà penetrata nei costumi di ciascuno di noi – potrebbe diventare una conquista. Scrive Nicolas Hulot: “Vivremo più semplicemente,  più serenamente. Forse ci arricchiremmo l’anima”.
Lorella Di Giovanni