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Il personaggio

Cesare Bocci racconta la Sicilia culinaria: “Un uso sapiente delle materie prime”

17 Settembre 2020
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Qual è la parola chiave dell’identità gastronomica siciliana? ”Fresco”.

A rispondere è Cesare Bocci, il “Mimì” sciupafemmine della celebre serie tv Montalbano, in veste di gourmet ed esperto delle eccellenze italiane nel mondo. Gli interlocutori: 150 ospiti scelti che questo fine settimana si sono collegati da 16 diversi fusi orari in un webinar organizzato dall’Accademia italiana della cucina. Tra ricordi e aneddoti, Bocci ha incantato la platea virtuale di esperti svelando i momenti gastronomici del set: “I primi anni delle riprese, a Marina di Ragusa la sera era tutto chiuso, tranne una pescheria con qualche tavolo improvvisato. La signora ai fornelli ignorava sistematicamente le nostre richieste, ma il pesce era fresco, appena sbarcato, e lei così creativa, che cenavamo sempre lì”. Nel rispondere alle domande della moderatrice Anna Lanzani, vicedelegata dell’Accademia di Buenos Aires, l’attore ha evidenziato ”la straordinaria evoluzione della cucina siciliana, che oggi è internazionale grazie alle nuove tecniche e presentazioni, oltre che all’uso sapiente della materia prima”. Piatto preferito? ”Tanti. Per esempio, la pasta “ca muddica” e quella alla Norma, oltre ai ravioli dolci. Sul cibo però non sono davvero come Mimì, che mette il parmigiano sugli spaghetti con le vongole, ma non sono neanche un tradizionalista tout court: apprezzo certe espressioni della cucina creativa, quando son ben pensate”.

Paolo Petroni, presidente dell’Accademia, ha aperto l’incontro (“Montalbano, la Sicilia tra cucina, cultura e internazionalità”) sottolineando l’impegno nello sviluppo di sistemi innovativi per sostenere il Made in Italy nel mondo e congratulandosi con il tema, “brillantissimo”. L’ambasciatore italiano in Argentina, Giuseppe Manzo, nell’evidenziare che ”cucina, letteratura, cinema e tv sono eccellenze che vogliamo rilanciare in questo momento difficile”, ha auspicato nuove iniziative in collaborazione con l’Accademia. Da Singapore, l’ambasciatore Raffaele Langella ha a sua volta messo in risalto il problema della “traduzione” all’estero degli ”ingredienti e dei profumi” della ”ricca, sofisticata, variegata e nobile” cucina siciliana, difficile appunto da ”replicare” fuori dalla regione. A dare il via ai lavori da Buenos Aires, Ragusa e Singapore, i delegati organizzatori dell’incontro (Alberto Lisdero, Vittorio Sartorio e Giorgio Rosica), che ha poi coinvolto 45 città, da Los Angeles a Tokyo. A fare da contrappunto a Bocci, la scrittrice ragusana Costanza DiQuattro e Giuseppe Scaccianoce, consultore dell’Accademia a Singapore che, da catanese, ha auspicato anche una maggior visibilità nei paesi asiatici della serie di Montalbano.

C.d.G.