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Il personaggio

In difesa di Rocco Iannone (che non ne ha proprio bisogno)

27 Febbraio 2014
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Ho un certo timore di scrivere qualcosa su Rocco Iannone, cuoco tra i più controversi e discussi della ristorazione italiana.

Innanzitutto per la poca simpatia che egli prova per giornalisti, critici e “blogger” e io, purtroppo, sto dal lato sbagliato. Poi, avendolo conosciuto e apprezzato per il suo lavoro, per una forma di rispetto professionale. L’evento “I Giovedì del Gagini” al ristorante Gagini di Palermo, realtà condotta da Franco Virga e Stefania Milano che mette in rete i talenti dell'alta cucina per fare cultura del territorio, è stata un’occasione, oltre che per assaggiare i suoi piatti, per incontrare l’uomo.

Per comprendere l’Universo Iannone, posso accennare a clamorosi episodi di dominio pubblico quali, il rifiuto ricevere Gordon Ramsey come cliente, un’aspra critica a Massimo Bottura, una polemica aperta su Striscia la Notizia su preparati per cucina e prodotti di sintesi in genere. Nemmeno Paolo Marchi di Identità Golose ne è uscito indenne. Chi lo desidera, troverà su Youtube ampie prove. Rocco, non la sua cucina, va raccontato in pillole. Ha una sua azienda di 5 ettari dove coltiva e produce in prima persona. E’ passato dai migliori ristoranti d’Italia, tra cui due 1 stella, due 2 stelle e due 3 stelle Michelin. Vive quasi in simbiosi con i contadini e con i pescatori della sua zona, dei quali sa tutto. Il vino non lo considera granché per la tavola, casomai ne gradisce “un bicchiere di quello buono”. Non sopporta le guide. Sostiene che estetica non va di pari passo con la bontà, un piatto buono non può essere bello. Nei suoi piatti non usa sale, solo quello già contenuto nei prodotti. E’ convinto che “un professionista si vede da quanto tempo libero riesce a ritagliare per se stesso”, per riflettere, pensare, dare sfogo alla sua fantasia e creatività. Nel suo soggiorno palermitano, meno di 48 ore, è andato per ben due volte a vedere il mercato del pesce e a visitare la cantina Tasca d’Almerita.

Tornando alla sua intransigenza, bisogna riconoscere che la polemica che innesca non è quasi mai rivolta al discredito del giornalista incompetente o piuttosto al collega pigro, quanto invece a un’errata – per non dire falsa – rappresentazione della Cucina Italiana, riccamente sbandierata e fatta passare per fedele da soggetti da lui ritenuti improbabili. Così, è una rabbiosa e indignata difesa della tradizione, di processi di cottura semplici e codificati nella storia del paese. Senza possibili e inutili compromessi. Italia vera.


Rocco Iannone e Gianni Lettica

Quindi, nella sua ottica, lo seguo nel ragionamento, parlare della cena e dei piatti di Rocco al Gagini diventa sterile cronaca. Come giovarne? Non c’è alcun vantaggio a vedere la foto di un piatto scattata da un iphone (roba da blogger, quando li vedo m’incazzo…), o descrivere un piatto perché non rappresenterebbe assolutamente nulla, sensazioni ed emozioni vissute soggettivamente e intrasmissibili per definizione.


Carpaccio di Cernia e favette biologiche

Cosa dovrebbe comprendere il lettore nell’apprendere che alla cena è stato servito un trancio di Merluzzo di Mazara con la sua pelle, pescato all'amo, foglia di scarola con cicala di mare e baccalà mantecato? O cinque tipi di pasta con patate e frutti di mare? Com’è interpretato dal lettore il vissuto e l’esperienza di chi scrive? Le sue abitudini, le sue conoscenze, le sue preferenze?

Il regno di Rocco è il ristorante Pappa Carbone di Cava dei Tirreni, nei mesi di luglio e agosto il Forte Village in Sardegna, un 5 stelle lusso laddove “un piatto di 10 paccheri costa 100 euro, 10 euro a pacchero. Ma sanno come sono fatto e m’hanno preso lo stesso”. Lo andrò a trovare e ho la sensazione di avere perso del tempo. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo dieci anni fa, quando aveva 26 anni. Ma senza giornalisti come si fa? Sembra un dilemma irrisolvibile, uno di quegli scherzi della vita che va preso per fede, non per ragione.

A.C.

Foto piatti e Rocco Iannone: Salvo Mancuso