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L'intervento

Sandro Boscaini: “Vi racconto l’Oseleta, l’araba fenice delle uve italiane”

03 Novembre 2021

Un’araba fenice. Così Sandro Boscaini, patron della cantina Masi in Valpolicella racconta l’Oseleta, questa uva che si credeva scomparsa e che invece è stata recuperata e che oggi fa parte, a pieno titolo, delle uve utilizzate dal gruppo Masi nella produzione dei loro vini di punta.

“Già – dice Boscaini in un video pubblicato dalla pagina Facebook di Masi Agricola – l’Oseleta è una specie di araba fenice non solo delle uve veronesi, ma di quelle italiane. Un’uva quasi mitizzata, come prosegue “Mr Amarone”, “tanto che ne parlavano sia mio padre che mio nonno, ma nessuno ne sapeva niente”. Alla fine degli anni ’70, però, la svolta: “Ho assaggiato un Amarone di un noto produttore della zona – prosegue Boscaini – e sono rimasto impressionato”. Un assaggio avvenuto a fine vendemmia e quindi Boscaini non ha potuto vedere con i suoi occhi l’uva e il vigneto. “L’anno dopo tornai da lui per vedere e toccare con mano questa uva – racconta – Ho preo alcuni grappolini e delle foglie e li ho portati a Conegliano all’istituto di Viticoltura ed enologia per sapere di cosa si trattasse”. Ed ecco la risposta: era la mitica uva Oseleta. “Un’uva molto tannica, acida, dai semi grossi rispetto alla dimensione degli acini, una buccia molto spessa e quindi apportatrice di molto colore – dice Boscaini – Ma ha poco liquido. E non solo ha pochissima resa nel vigneto, ma anche nella trasformazione da uva a vino. Siamo ben lontani dalla media del 67-70 per cento. Qui i arriva al 55, massimo 60 per cento. E questo è uno dei motivi per cui è stata messa da parte, oltre alla difficoltà nella raccolta”. Ma Boscaini sottolinea: “Quando parliamo di biodiversità nel senso varietale, l’Europa ha una grandissima forza che è quella di poter mostrare al mondo e insegnare che non è sufficiente solo saper fare un ottimo vino – conclude – ma è necessario che attraverso le uve e la varietà autoctone i produttori sappiano esprimere il valore delle loro terre e l’ingegno delle loro genti”.

C.d.G.