Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 67 del 26/06/2008

LA RICERCA Gli archeologi del vino

25 Giugno 2008
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    LA RICERCA

Le sperimentazione portate avanti dall’Istituto della Vite e del Vino a Partinico. Riscoperti due antichi uva_moscato67.jpgvitigni considerati perduti: il Moscato Zucco e il Moscato Carletti

Gli archeologi
del vino

Gli Indiana Jones del vino siciliano. Un vera e propria operazione di archeologia vitivinicola quella che si sta svolgendo nella zona di Partinico, nel Palermitano, ad opera dell’Istituto regionale della Vite e del Vino.

Protagonista di questa riscoperta di grande valore storico e, si spera, enogastronomico è il Moscato, in due sue antiche varietà, presenti nell’Isola prima dell’invasione della filossera e oggi quasi del tutto scomparse.
Le ricerche dell’Istituto hanno permesso di ritrovare questi due esemplari di cui era rimasta traccia solo nei resoconti bibliografici. Si tratta del Moscato Zucco e del Moscato Carletti, due antichi vitigni che affondano la loro radici nella storia della Sicilia.
Il moscato dello Zucco, era coltivato nell’Ottocento nel feudo dello Zucco di proprietà di Henry d’Orleans duca d’Aumale, figlio di Filippo Re di Francia e di Amelia di Borbone. Il duca aveva nei territori compresi tra Partinico e Terrasini un enorme latifondo, circa 6 mila ettari, per la coltivazione e la lavorazione dell’uva e dell’ulivo. In queste terre la cultivar predominante era il Moscato giallo dalle cui uve si ottenevano i vini denominati Moscato Zucco o “Lo Zucco” e “Zucco secco”, un vino liquoroso considerato uno dei migliori moscati d’Italia. Nel 1958 era uno dei nove vitigni siciliani che poteva fregiarsi della “certificazione di origine determinata” l’equivalente della Doc di oggi. Gli antichi vitigni ritrovati in una piccola azienda della zona sono stati reimpiantati insieme a Moscati rossi, bianchi, gialli e Ottonel.
La scoperta del secondo vitigno nasce invece tra le polverose pagine di un libro. Un antico testo di Italo Enard parlava del moscato Carletti, un incrocio tra Catarratto e Moscato d´Alessandria. Un´attenta ricerca bibliografica ha portato alla riscoperta di una interessante pagina dell´enologia siciliana. Nel 1870 il Barone Antonio Mendola di Favara creò la più grande collezione ampelografica di viti, si parla di 4000 varietà, raccolte e catalogate intrattenendo rapporti con tutto il mondo, con la Persia, con l´Asia minore, con la Grecia fin nel Giappone e nell´Indocina. Il catalogo stilato dal Barone però non andò mai alle stampe, il manoscritto infatti venne rubato. Resta solo un primo compendio che risale al 1868 distribuito in appendice al giornale “Il Coltivatore” di Casale Monferrato, che conteneva appena 2000 varietà. Qui si parla del Moscato Carletti, creato dal Barone Mendolia per Giovan Battista Carletti, direttore della scuola enologica di Conigliano, un incrocio scomparso con l´invasione della Peronospera.
I ricercatori dell´Irvv, sfruttando le banche dati internazionali, hanno trovato alcune piante salvate dall´attacco dell’insetto, in una coltivazione francese, pochissimi esemplari, recuperati grazie alla collaborazione dell´Inra, Istituto nazionale ricerca agricola Mont Pellier. Si tratta di un vitigno avvolto nel mistero, forse la “riscoperta di una nuova varietà” o semplicemente una pianta già nota, la risposta si potrà avere solo dopo la prima sperimentazione, e dopo le analisi del Dna e la caratterizzazione ampelografica.

Ciro Frisco