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L'intervista

Alice Bonaccorsi: “i vini dell’Etna a prezzi alti? Qui coltivare è costoso. E i bianchi hanno un grande futuro”

07 Ottobre 2025
Alice Bonaccorsi Alice Bonaccorsi

La produttrice di ValCerasa racconta venticinque anni di vigna tra fuoco e vento, prezzi in salita e vini che ritrovano la loro voce.

A Randazzo, Croce Monaci è la contrada e il cuore della vigna dove, nel 2000, Alice Bonaccorsi e suo marito Rosario pongono le basi dell’Azienda ValCerasa. Le vigne, disposte in modo irregolare intorno agli 800 metri di altitudine, trovano in un apparente disordine la loro armonia naturale, avvolgendo il “Neck”, il collo di un antichissimo vulcano spento. Otto ettari vitati che si rinnovano da sé, con il respiro della terra e del cielo, tra fumi e lapilli dell’Etna.

Dal 2000 a oggi il vulcano ha visto un crescendo di produzioni e produttori, locali e non, accompagnato da un’evoluzione del territorio e del calice, con visioni talvolta diverse sul piano progettuale e commerciale. Alle soglie della vendemmia 2025, Alice Bonaccorsi riflette sul presente e sul futuro del vino etneo.

D. Come si spiega una presenza così importante, negli ultimi anni, di investitori e produttori sull’Etna?
R. Il territorio dell’Etna ha caratteristiche uniche che attraggono produttori e investitori da tutto il mondo. Trovarsi in un luogo dove convivono natura e persone, accompagnati dalla presenza di un vulcano attivo, è un’esperienza irripetibile. Io ho iniziato alla fine degli anni Novanta, quando a credere in questo territorio eravamo davvero in pochi. Non sempre, però, i nuovi arrivati dimostrano il dovuto rispetto verso la terra e verso chi qui vive da sempre.

D. Alla crescita è seguito anche un boom di prezzi, spesso non equilibrati. Che cosa è accaduto?
R. Che i costi di coltivazione siano molto elevati è innegabile. Tuttavia, il prezzo di una bottiglia, oltre alla qualità del vino, è legato soprattutto alla storia che hai e al numero di vendemmie che puoi raccontare.

D. A proposito di coltivazione e prezzi, magari a quote più alte: ci sono davvero ancora piante prefillossera?
R. Non è raro trovare, tra i versanti dell’Etna, vigneti con diverse piante centenarie coltivate a piede franco, che rappresentano un enorme serbatoio di biodiversità. Se invece con vigneto prefillossera intendiamo un intero impianto sopravvissuto all’epidemia, con tutte le piante di oltre duecento anni, direi che si tratta di un miracolo difficile da provare.

D. Etna bianchista, sì o no?
R. Sull’Etna, tradizionalmente, si producevano vini rossi. Le uve bianche, presenti in tutte le vigne in piccole percentuali, servivano a bilanciare l’acidità e si vinificavano insieme a quelle nere. Ricordo che, sul mio versante, nel 2000 esisteva solo un piccolo vigneto di Carricante. Oggi, invece, la tendenza bianchista ha felicemente coinvolto anche l’Etna, con espressioni di Carricante capaci di imporsi nel panorama internazionale per personalità e longevità.

D. Cosa vuole il mercato oggi?
R. Non credo si possa parlare di un unico mercato, ma di tanti mercati che coesistono in Italia e all’estero. Se guardiamo ai giovani adulti, che probabilmente rappresenteranno la fascia più interessante nel prossimo futuro, si nota una preferenza per vini freschi e succosi, ma sempre dotati di personalità ed eleganza. Produrre vini apprezzati non deve far perdere identità al vino: serve incrociare la propria esperienza con l’evoluzione del gusto da un lato e con i cambiamenti climatici dall’altro.

D. Dal 2000 a oggi, come è cambiato il gusto?
R. All’inizio degli anni Duemila il gusto del vino si ispirava a modelli internazionali. Anche noi etnei cercavamo, quasi inconsapevolmente, di spingere il Nerello Mascalese verso profili simili a quelli dei vitigni stranieri, finendo per ottenere vini che si somigliavano tutti. Poi è arrivata la consapevolezza dell’unicità del nostro territorio, e abbiamo iniziato ad assecondare il Nerello nelle sue espressioni più autentiche: da una parte la succosità, dall’altra l’eleganza. Oggi il gusto abbraccia proprio questa tipologia di vini.

D. Versanti: bianco a Sud, rosso a Nord. Realtà o mito da sfatare?
R. L’unica realtà, sancita anche dal disciplinare dell’Etna DOC, riguarda la zona di Milo con l’Etna Bianco Superiore. Negli altri versanti, però, si producono vini bianchi e rossi di grande valore, ciascuno con caratteristiche proprie che rispecchiano la varietà del territorio.

D. Da degustatrice, oltre che da produttrice, sente differenze al calice fra una contrada e l’altra?
R. Sarebbe affascinante riuscire a isolare le caratteristiche delle varie contrade e ritrovarle in tutti i vini provenienti da ognuna di esse. Credo, però, che servano ancora tempo e lavoro per arrivarci. Oggi, a mio avviso, la contrada è soprattutto un veicolo commerciale. Per quanto mi sforzi di coglierne tratti distintivi, non sempre riesco a percepire differenze nette. Credo invece nel valore della singola vigna, del cru: sono le peculiarità del terreno, l’esposizione, il portainnesto, il sistema di allevamento, l’età delle piante e, naturalmente, la mano del produttore a fare davvero la differenza nel vino.