Tra le categorie birrarie classiche, un posto speciale nel cuore di molti appassionati spetta senza dubbio alla Saison. Definizione stilistica, la sua, che davvero ancor più di altre merita di essere declinata al plurale: perché troppe sono le sue interpretazioni, per poter costringerle entro i termini di una classificazione inchiodata al singolare. Quindi, sì, meglio – molto meglio – parlare delle Saison, piuttosto che della Saison. Certo, in questo ampio perimetro, i comuni denominatori non mancano: altrimenti neanche si potrebbe parlare di tipologia; tuttavia le variabili in gioco (sia di ingredienti sia di processo) e i conseguenti risultati organolettici sono davvero in gran numero. Il tema, insomma, si presenta assai interessante; ed è perciò che gli abbiamo voluto dedicare una serie di approfondimenti specifici: questo è il primo.
DAI CAMPI, PER I CAMPI
Partiamo dagli elementi condivisi: il patrimonio aggregante di tutte le Saison. Le quali, per cominciare, hanno origine in Belgio, specificamente nella provincia dell’Hainaut, durante i secoli del medioevo. Quando le aziende agricole – comunitarie o padronali che fossero – consolidano la prassi di arruolare, per i mesi di più intenso lavoro nei campi, manodopera temporanea; lavoratori stagionali, insomma: in francese saisonnières. I quali, per sostenersi nel corso delle torride giornate estive evitando al contempo le sonnolenze da cibo solido, ricevono, come vitto, un alimento liquido. Una birra, per l’esattezza; battezzata con un nome d’arte richiamante quello dei suoi destinatari: Saison, appunto. La si prepara in primavera, la si stocca in cantine e la si consuma nelle settimane seguenti, fino ad esaurimento scorte; il che implica che deve poter conservarsi. Come? In origine, si fa affidamento anche a processi di contaminazione controllata (essenzialmente da batteri lattici); ma di certo non si rinuncia a utilizzare il variegato paniere di ingredienti botanici messo a disposizione dallo stesso ambiente rurale: ingredienti tra i quali alcuni (come la radice di zenzero e i fiori di anice stellato) garantiscono una certa funzione conservante. Poi, al gruyt (così venivano designate le miscele di erbe allora impiegate a tal fine), si sostituisce o si affianca il luppolo, il quale, in fatto di capacità batteriostatica, sbaraglia qualsiasi concorrenza. Ecco che la stesse Saison storiche, in virtù dei loro stessi comuni denominatori, cominciano a manifestare, tra luna e l’altra, significative differenze…
LE SAISON ODIERNE
Tra le peculiarità della tipologia, ad esempio, c’è proprio la coesistenza di due anime: quella lievemente acidula (un tempo dovuta alle poc’anzi citate pratiche di batterizzazione controllata) e quella più o meno marcatamente amara (determinata ovviamente dal luppolo, a sua volta appena menzionato). Due connotazioni sensoriali la cui convivenza, in uno stesso prodotto, non è scontatamente semplice, no davvero; e che finisce per dar luogo a tre scenari: prevalenza dell’una, prevalenza dell’altra, parità delle forze in un contento di medio-bassa intensità per entrambe. Altro punto: la piacevole acidulità delle Saison non deriva oggi (almeno in massima parte) da contaminazioni intenzionali sotto sorveglianza, bensì alle caratteristiche identificanti dei lieviti selezionati per la tipologia. Ceppi in grado di operare un’alta attenuazione (in soldoni, di mangiare tanto zucchero), quindi di abbassare notevolmente l’asticella della dolcezza residua, tanto da far affiorare, sul piano della percezione (per l’intuitivo principio del bilanciamento tra parti morbide e parti dure), la stessa acidità fisiologica della birra, il cui pH di norma non sfora il tetto dei 4.4 punti. Né questa è l’unica prerogativa dei lieviti da Saison; altre loro peculiarità sono: la capacità di fermentare ad alte temperature; l’attitudine a generare glicerina, così da assicurare una sorsata levigata, pur nell’estrema secchezza e nell’esuberante carbonazione; e l’inclinazione a formare, sempre in fermentazione, una gran quantità di sottoprodotti chimici aromaticamente attivi, le cui sensazioni interessano note fruttate (pera, banana…), floreali (sambuco, ad esempio) e speziate (pepe, chiodo di garofano, noce moscata…). Attenzione, però. Di nuovo, sebbene presentino un pacchetto di comportamenti in comune, i ceppi da Saison sono più d’uno: Belle Saison, Bel Saison, French Saison, Farmhouse Saison; e ciascuno di loro dà luogo a effetti diversi in funzione delle differenti modalità d’esercizio (la stessa temperatura, ad esempio). Per non parlare poi della possibilità, tutt’oggi praticata, di aggiungere ingredienti botanici: spezie, piante aromatiche, fiori, frutta…; o della scelta di procedere a più o meno lunghe maturazioni in legno; o ancora di optare per fermentazioni miste, arruolando microrganismi non convenzionali… Morale, anche semplicemente focalizzando due parametri basilari come grado alcolico e colore, le Saison contemporanee – stando all’inquadramento del BCJP e delle sue linee Styles Guidelines (le linee guida delle tipologie birrarie) – si muovono entro un ventaglio di tinteggiature che va dal dorato al bruno; e in una finestra alcolica scandita da tre suddivisioni: le versioni table (da 3,5 gradi a 5), le standard (da 5 a 7) e le super (da 7 a 9,5). In questa prima puntata sulla tipologia figlia delle campagne, ne proponiamo intanto tre esecuzioni: ciascuna, ovviamente diversa dalle altre…
SAISON DUPONT
Paradigma di riferimento delle Saison contemporanee, la Saison Dupont è il fiore all’occhiello dell’omonima scuderia belga, la Brasserie Dupont appunto, situata a Tourpes, frazione del comune di Leuze-en-Hainaut: attiva dal 1844 nel contesto di un’azienda agricola già esistente dal 1759. La ricetta prevede un mosto da malto Pils; una luppolatura europea da East Kent Golding (britannico) e Styrian Golding (sloveno); ed esclude aggiunte di qualsiasi tipo, lasciando invece briglia sciolta al lievito della casa (in realtà una coltura, con almeno un ceppo selvatico), capace di spingersi fino ai 38 °C. Risultato? Colore dorato, aspetto velato, rigogliosa schiuma beige; aroma sfaccettato, con suggestioni di panificato, banana, pera, limone, pepe, chiodo di garofano, fiori di malva, erba tagliata; sorsata corsaiola, in virtù di un corpo leggero, di una bollicina pimpante, di una gradazione non sfacciata (6.5%), di un finale pulito e di una vena amaricante perentoria ma controllata (30 tonde tonde le IBU).
SAISON DE DOTTIGNIES
È la Saison di casa De Ranke, marchio belga nato nel 1996 a Wevelgem (Fiandre Occidentali), per poi passare allo status di impianto proprietario, trasferendosi nel 2005 appunto a Dottignies (Hainaut). E siccome De Ranke significa tralcio, con ovvia allusione a quello del luppolo, va da sé che, nella sua interpretazione, anche il canone tipologico di cui parliamo veda spostarsi il proprio baricentro in direzione dell’amaro. Ma andiamo con ordine. Il protocollo di lavorazione parte da una miscela di malti Pils e Pale; procede attraverso una luppolatura scandita da gettate di Challenger, Brewers Gold, Hallertau Mittelfrüh e Styrian Golding (operando anche in dry hopping); e anche in questo caso non si avvale di aggiunte speciali. Al banco d’assaggio il colore è dorato, intenso e velato; il profumo intreccia temi quali pasta frolla, miele, prato falciato, banana e pesca, chiodi di garofano, radice di tarassaco e pepe; la bevuta risulta filante (giusto 5.5 i gradi alcolici), di nuovo grazie al combinato tra corpo leggero e frizzantezza briosa, nonché a una chiusura secca, che esalta l’acuto di un amaro da ben 45 IBU.
SAISON D’EPAUTRE
Più alcol e meno amaro: questa la chiave di lettura del terzo assaggio. Che ci porta ai 6 gradi e alle appena 19 IBU (da gettate di solo Styrian Golding) della Saison d’epeautre, etichetta storica della Brasserie de Blaugies (con sede appunto a Blaugies, nella provincia belga dell’Hainaut), così battezzata in virtù del proprio ingrediente cardine. Cioè la spelta (appunto epeautre in francese), presente in miscela – accanto al malto Pils – per una quota pari al 33% sul totale. Insomma, non avremo le ricadute di una speziatura in aggiunta diretta, ma si tratta di una proporzione senz’altro caratterizzante: il frumento selvatico, infatti, da un lato, con il suo apporto ferulico, introduce una delicata acidulità; dall’altro, con le sue proteine, incrementa la massa delle parti morbide, contribuendo a consegnare una birra decisamente improntata alle rotondità. In mescita il colore è dorato, l’aspetto diffusamente velato, la schiuma abbondante; la tavolozza odorosa esibisce sensazioni di panificato dolce, mela Golden e banana, fiori di tiglio, chiodi di garofano e chicchi di pepe; la condotta palatale si sviluppa armoniosa, con una corporatura medio-leggera, una bolla vispa, una rinfrescante affilatezza a centro corsa e una diligente secchezza in chiusura…
BRASSERIE DUPONT
Rue Basse, 5, Tourpes-Leuze, Hainaut, Belgio
tel. 0032 (0) 69 671066
www.brasserie-dupont.com
BROUWERIJ DE RANKE
Rue du Petit Tourcoing, 1/A, Dottignies (Belgio)
0032 (0)56 588008
www.deranke.be
br_deranke@hotmail.com
BRASSERIE DE BLAUGIES
Rue de la Frontière 435, Dour (Belgio)
0032 (0)65 650360
info@brasseriedeblaugies.com
www.brasseriedeblaugies.com