Tra le categorie birrarie classiche, un posto speciale nel cuore di molti appassionati spetta senza dubbio alla Saison. Definizione stilistica, la sua, che ancor più di altre merita di essere declinata al plurale: troppe, infatti, le sue interpretazioni per costringerle entro i limiti di una classificazione inchiodata al singolare. Meglio – molto meglio – parlare delle Saison, piuttosto che della Saison. Certo, in questo ampio perimetro, i denominatori comuni non mancano; altrimenti non si potrebbe neppure parlare di tipologia. Tuttavia le variabili in gioco – sia di ingredienti sia di processo – e i conseguenti risultati organolettici sono davvero numerosi. Il tema, insomma, si presenta assai interessante; ed è per questo che gli abbiamo voluto dedicare una serie di approfondimenti: questo è il terzo capitolo.
Uno spartito, innumerevoli variazioni
La prima puntata del nostro viaggio nell’universo-Saison ha fissato alcuni capisaldi della tipologia, sottolineando come essa dia vita a una prassi produttiva che ammette un’ampia gamma di variabili. Tra queste, la possibilità di ampliare il quartetto base degli ingredienti di una birra (acqua, orzo, luppolo e lievito) con erbe, spezie e frutta: a questo filone abbiamo dedicato la seconda tappa del nostro itinerario. Oggi tocca alla terza; e voltiamo ancora pagina, occupandoci di ulteriori variazioni sul tema. Prima opzione: il ricorso a maturazioni in legno. Seconda: la cooptazione, nel processo fermentativo, di lieviti non convenzionali. Terza eventualità: l’impiego, per la luppolatura, di varietà non appartenenti al repertorio europeo classico, ma, al contrario, di cultivar nuovomondiste o comunque innovative.
Fratello legno, sorella botte
La messa a frutto del legno come ambiente di affinamento di una Saison, al fine di farne emergere il potenziale dormiente, è l’elemento cardine del progetto da cui, a Castelnuovo Berardenga (Siena), nelle cantine del Podere La Berta, nasce la Vecc Barrel Aged, versione elevata in barrique della Vecc sic et simpliciter: una Saison ottenuta da un impasto secco comprendente anche frumento, farro e avena (oltre all’orzo) e fermentata mediante coinoculo di due ceppi di lievito selezionati per la tipologia. Partendo da questa base, la birra evolve in botti già impiegate per l’elevazione di Chardonnay; quindi, in fase d’imbottigliamento, le si aggiunge mosto fresco innescando una fermentazione ulteriore. Il risultato è un calice ambrato pieno, percorso da una velatura uniforme e coronato da un sottile strato di schiuma avorio. Al naso si colgono suggestioni di pasta frolla, ananas e mela gialla, pepe bianco, ma anche sottili affilatezze lattiche e selvatiche (cuoio, ad esempio, indizio di contributi contaminativi), più le tipicità delle maturazioni in legno: sentori a cavallo tra tabacco e fiori secchi. Il tutto introduce una bevuta scorrevole, grazie alla corporatura snella e alla carbonazione ben dosata, in barba ai 7,2 gradi alcolici.
Selvatico è bello
Se già con la Vecc Barrel Aged si è avuto un parziale contatto con gli effetti di una compartecipazione, nella trasformazione alcolica, di fermenti cosiddetti non convenzionali (ossia diversi dai canonici Saccharomyces cerevisiae e pastorianus), il ruolo dei microrganismi non addomesticati diventa centrale in una birra come la Brett Saison (chiara, 6,2 gradi) firmata, a Monza, dalla scuderia Carrobiolo. Qui la parte del protagonista spetta a una varietà di Brettanomyces, il lievito selvatico tipico dei Lambic belgi, la cui entrata in scena avviene in corrispondenza dell’imbottigliamento, dando il là a una rifermentazione lenta, destinata a svolgersi, in regime di bassa intensità, durante i mesi invernali. Allo stappo, la mescita consegna una massa liquida dorata, attraversata da omogenee sospensioni e sormontata da un cappello di schiuma bianca discretamente copiosa. Il naso coglie impressioni variegate: crosta di pane, prato falciato, pepe bianco, note animali di cuoio e pelliccia. La sorsata si rivela facile e accattivante, in virtù del corpo leggero, della bolla briosa e del finale secco, anticipato da un iter in cui acidità e amaro convivono in equilibrio, entrambi su livelli sorvegliati.
Brave new hops
Parafrasando – concedeteci la licenza – il capolavoro di Aldous Huxley, Brave New World, eccoci a introdurre il tema portante del nostro terzo assaggio: una Saison il cui già cospicuo Dna organolettico, imperniato sulle virtù del lievito selezionato, si arricchisce del variopinto apporto di alcune varietà di luppoli decisamente moderniste: Mandarina Bavaria (Germania), Citra, Amarillo e Mosaic (Stati Uniti). Ne nasce la doppia anima che caratterizza la Session Spring targata PicoBrew (Milano): colore dorato pieno, lieve velatura, sontuosa schiuma bianca; note fresche di panificato chiaro, agrumi (mandarino, pompelmo), spezie (pepe), frutta esotica (mango) e non (pera); una parabola palatale saettante, dinamizzata da doti ginniche: corpo agile, gradazione moderata (4,5), effervescenza pimpante, finale secco e bella nervatura amaricante.
Podere La Berta
Via del Chianti, 103 – Castelnuovo Berardenga (Siena)
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Birrificio del Carrobiolo
Piazza Indipendenza, 1 – Monza
328 9683756
posta@birradelcarrobiolo.it
www.birradelcarrobiolo.it
Birrificio PicoBrew
Alzaia Naviglio Grande, 22 – Milano
338 4139011
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www.picobrew.it