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L'evento

I veri vini di Mamoiada: al Vinitaly le sfaccettature di Cannonau e Granazza

02 Aprile 2023
Un momento della degustazione dedicata alla Mamojada Un momento della degustazione dedicata alla Mamojada

Quando i romani non riuscivano a conquistare un territorio lo definivano una “Barbària” – di contro, quando ci riuscivano era una “Romània”. E la Barbagia attuale, sviluppo delle antiche resta di quella Sardegna giudicale, sembra portare con sé questa arcaica sensazione di resistenza alle barbarie. Sembrano rimaste intatti, infatti, quei confini amministrativi che suddivisero la Barbagia in diverse curatorie. E tra queste la Barbagia di Ollolai – ancora esistente come Regione storica – al confine tra il Gennargentu e Supramonte. Alla piccola cittadina di Mamoiada e ai suoi appena 2.365 abitanti, è affidato il compito, di custodire la memoria enoica di questa parte della Sardegna ancora autentica. 350 gli ettari vitati, di cui il 95% è riservato al rosso Cannonau e il restante al bianco Granazza. Vigneti che dai 600 metri arrivano fino ai 900 sopra il livello del mare. Sono alberelli centenari, piantati dai nonni dei nonni, perché qui a Mamoiada la vite veniva piantata per i nipoti. Il detto antico infatti era “in eredità ai figli si lasciano le radici e le ali”.

E la giovane associazione Mamojà sembra essere composta proprio da questi fortunati ereditieri: giovani viticoltori – molti dei quali figli d’arte – che dal 2015 valorizzano il senso della comunità e il valore della loro terra. “Vinifichiamo il Cannonau e la Granazza che sarebbero andati diversamente persi e con essi anche il nostro patrimonio storico. Vale la pena lavorare la terra. Anche se è molto sacrificato. Questo è anche un modo per creare nuovi lavori e incentivare i giovani a non andar via” anticipa il presidente di Mamojà Giovanni Ladu. E così – all’interno di MicroMegaWines nelle giornate dedicate al Vinitaly 2023 – una sottile linea di continuità e di identità prende le mosse in una degustazione di undici Cannonau di Mamojàda (più una Granazza) condotta dall’illustre critico Ian D’Agataha. L’identità sta tutta nella parola “Ghirada” che in sardo significa “appezzamento di terra”. Il cru alla francese quindi a voler semplificare. Molte delle etichette in degustazione sono, infatti, frutto di singole vigne. Sintomo e simbolo di voler valorizzare le singole peculiarità di un territorio. Ed è proprio per questo che “abbiamo voluto autoregolamentarci con un proprio disciplinare al fine di raccontare i veri vini di Mamoiada”, dice Ladu. E i vini di Mamoiada – dai rosati ai rossi – sembrano, infatti, ben lontani dallo stereotipo al quale normalmente si attaglia il Cannonau. Quell’idea di morbidezza e struttura – a Mamoiada – lascia il posto ad una finezza complessiva che solo le vecchie vigne sanno regalare e a un’integrità e compostezza gustativa che sa giocare – quasi sempre – in una retronasale di frutta rossa e macchia mediterranea.