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L'iniziativa

L’Abc dell’olio, in Puglia un incontro per conoscere le cultivar e gli oli extravergine

16 Dicembre 2016
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di Annalucia Galeone

La Puglia ha una innata vocazione olivicola, ha 5 Dop: Dauna, Terra di Bari, Collina di Brindisi, Terra d'Otranto e Terre Tarentine. E' la regione con più alberi di ulivo, sono 60 milioni, il rapporto è di 15 piante per ogni abitante. 

Il patrimonio nazionale è stimato in 150 milioni di esemplari. Il 2% della produzione mondiale di grassi vegetali è costituito da olio di oliva, l'8% è prodotto nel tacco d'Italia. I dati evidenziano le potenzialità del settore purtroppo non adeguatamente valorizzato, perché? Per dissolvere qualche dubbio, la neonata associazione “Buonaterra” del Movimento Turismo dell'Olio ha organizzato un interessante appuntamento con illustri nomi del mondo della ricerca, della produzione, della promozione e dello spettacolo: “ABC dell'olio, impariamo a conoscere gli extravergine di Puglia” si è tenuto presso Masseria Torre Coccaro a Savelletri.

Sono intervenuti: Maria Lisa Clodoveo, docente della Facoltà di Agraria di Bari; Maurizio Servili, docente della Facotà di Agraria di Perugia; Gigi Mozzi, esperto di marketing; Alberto Grimelli, editor di Teatro Naturale e del dirigente dell'Assessorato alle Risorse Agroalimentari della Regione Puglia Giuseppe D'Onghia, Ricky Tognazzi e Simona Izzo. Hanno moderato il giornalista enogastronomico Maurizio Pescari e Donato Taurino, presidente di Buonaterra.

“La biodiversità è la nostra ricchezza – ha affermato la Clodoveo -. La stessa cultivar esprime potenzialità diverse a seconda dell'ambiente. E' lo stesso produttore a scegliere il carattere incidendo sia sull'epoca di raccolta che sulla tecnica di trasformazione. Ogni tipologia ha un'impronta digitale sensoriale i cui descrittori sono conservati nella banca dati del Cnr”. Il vivace dibattito tra operatori e studiosi ha permesso di analizzare la crisi del settore. Il mercato è condizionato dalla polverizzazione aziendale e dalla frammentazione varietale. Troppe imprese medio piccole non favoriscono l'economia di scala, la diversificazione, croce e delizia, è una ricchezza ma anche una minaccia. E' difficile competere con avversari come Spagna e Tunisia, producono grandi quantità di prodotto omogeneo. L'olio è diventato una commodity, l'offerta indifferenziata genera un meccanismo di selezione avversa, penalizza chi fa alta qualità. Così con i bilanci in rosso le aziende scompaiono.

Il consumatore, il più delle volte non è consapevole, ignora le strategie di collocazione sullo scaffale e le politiche del prezzo. Nel supermercato è attratto dalle offerte civetta, acquista prodotti sottocosto e di poco pregio illudendosi di aver concluso l'affare del secolo. L'unica strada percorribile è informare il cliente, restituire il giusto valore alla buona comunicazione e recuperate il dialogo per spiegare e far percepire le differenze.  “Le idee devono essere frante – ha concluso Gigi Mozzi – altrimenti rimangono olive delle ambizioni. Bisogna rafforzare l'identità territoriale, innovare la filiera, creare opportunità di sviluppo e turismo, alla fine è l'acquirente a decidere quale sarà il suo olio”.