Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 75 del 21/08/2008

L’INCHIESTA Cous cous, piatto multietnico

20 Agosto 2008
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    L'INCHIESTA

couscous_hp75.jpgIdeato dalle tribù nordafricane ha poi fatto il giro del mondo. In Sicilia la ricetta più antica è quella sanvitese con zuppa di pesce e aggiunta di pepe e cannella

Cous cous,
piatto multietnico

Il cous cous nasce nelle tribù nomadi, e come gli Imazighen, che per primi lo utilizzarono, anche lui ha viaggiato tanto. Ha attraversato tutto il Mediterraneo e per ogni paese che ha visitato si è arricchito di una nuova ricetta. A differenza dei cibi che legano la loro fortuna a una cultura, questa pietanza è diventata simbolo di comunanza tra i popoli. Tante varianti, ma un’origine comune.

Nato nelle montagne e nelle valli del Nordafrica, questo piatto affonda le proprie radici tra le tribù berbere che usavano i cereali, il frumento, l’orzo, il miglio e il sorgo per preparare delle «pappe» facili da trasportare e non deperibili. La realizzazione del cous cous richiedeva molto tempo, per questo veniva fatto una volta l’anno in grosse quantità. Poi, durante i viaggi, bastava preparare un brodo di carne, su cui veniva scaldato a vapore, per avere un pranzo pronto da consumare.
Dal Nordafrica dove è considerato quasi il «piatto nazionale» si diffuse nell’Africa Occidentale, in Francia e anche nel vicino Oriente in Israele presso gli Ebrei, in Giordania, Libano e Palestina. Il cous cous è andato lentamente alla conquista di molti paesi, adattandosi a tutti gli ambienti.
Oggi è diventato un piatto da preparare al momento. La ricetta prevede che alla semola venga aggiunta acqua e sale, l’impasto cous_dentro75.jpgviene «incocciato» cioè lavorato a mano con i polpastrelli fino a prendere la consistenza di piccole pallottole, queste vengono spolverate con semola asciutta e poi passate al setaccio, si continua fino a trasformare l’impasto in minuscoli chicchi di cuscus. Poi la cottura al vapore per circa un’ora e mezza. Infine il condimento.
«In Sicilia la ricetta più antica è quella sanvitese – spiega Piera Spagnolo del ristorante Tha’am di San Vito Lo Capo – e si prepara con la zuppa di pesce con l’aggiunta di pepe e cannella, per renderlo più speziato. Va cucinato a bagnomaria per un'ora e mezzo nella sua couscousera, la pentola con i buchi sotto per il vapore – dice lo chef del ristorante Tha’am -. Una volta cotto, si mette in una ciotola a bagno per circa un’ora con la zuppa di pesce». Le ricette sono tantissime ma l’ingrediente base è sempre lo stesso, nel ristorante Tha'am si possono gustare anche le ricette tipiche dei paesi del Magreb. «Alcuni paesi lo preparano in modo differente. Il cous cous algerino ad esempio ogni venti minuti viene bagnato in acqua fredda e burro fuso e poi torna a cuocere per tre volte nella cuoscusiera, il risultato è un impasto più gonfio e più leggero. In Costa d´Avorio invece anziché la farina di grano duro usano la radice di manioca in polvere».
Oltre alla ricetta di San Vito in Sicilia sono famose anche la versione pantesca, con la zuppa di pesce e verdure, o quella di Marsala con lumache e piselli. Insomma, il cous cous è un piatto ormai multietnico e con mille varianti.
«Infine il tabulè – conclude lo chef -, il cous cous servito freddo come se fosse un’insalata. Si può fare con il burghul, un grano duro germogliato, spezzato e messo a bagno e poi condito con meticcia e verdure».

Ciro Frisco

 


    E a fine di settembre a

  San Vito torna la sua festa  

 

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