Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 49 del 21/02/2008

VERDE A TAVOLA Le spezie di Afrodite

21 Febbraio 2008
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     VERDE A TAVOLA

foto_pepe_verde.jpgIl pepe verde, tra le tante sostanze accreditate come afrodisiache, forse è l’unica che effettivamente produce effetti benefici. Qualche consiglio su come utilizzarlo

Le spezie di Afrodite

Avete mai provato il filetto di manzo al pepe verde? E i filetti di triglia, spellati e cosparsi della pregiata spezia? E le farfalle agli spinaci e al pepe verde?

 


    VERDE A TAVOLA

Il pepe verde, tra le tante sostanze accreditate come afrodisiache, forse è l’unica che foto_pepe_verde.jpgeffettivamente produce effetti benefici. Qualche consigli su come utilizzarlo

Le spezie
di Afrodite

Avete mai provato il filetto di manzo al pepe verde? E i filetti di triglia, spellati e cosparsi della pregiata spezia? E le farfalle agli spinaci e al pepe verde? Se non lo avete fatto è l’occasione giusta per sperimentare nuovi sapori. Forse è meno sfruttato delle sue varianti nero e bianco, eppure il pepe verde può essere mangiato in maggiori quantità senza avere effetti collaterali, perché il principio attivo è minore che nel pepe nero. Intanto sgombriamo il campo dagli equivoci: molti sono convinti, come lo erano gli antichi, che pepe bianco, nero e vede provengano da piante diverse. Niente di più falso. Provengono tutti dalla stessa pianta, originaria dell’India (Piper nigrum). Tutto dipende dalle fasi della raccolta. Il pepe nero è quello lasciato seccare, quello bianco è privato del tegumento nero, quello verde infine, è il frutto acerbo.
Il pepe ha proprietà diuretiche, lassative e tonificanti, ma va consumato in modiche quantità perché urticante. Di tutte le sostanze accreditate come afrodisiache forse è l’unica che effettivamente produce benefici effetti stimolando la congestione dei genitali. Un particolare che non sfugge a Ovidio che suggeriva a chi fosse sessualmente un po’ giù: “… piper urticale mordacis, semina miscent” (mescolino il pepe con i semi dell’ortica irritante).
Gli occidentali conoscevano il pepe già nel ‘500 a.C. Esso compare nelle pietanze romane e quando manca è il mirto a sostituirlo, ma il sapore e l’effetto non è lo stesso.
I padri della medicina antica come Dioscoride e Galeno lo conoscevano come diuretico, stimolante dell’appetito, digestivo, calmante dei dolori.
Provenendo da un paese lontanissimo, aveva costi esorbitanti. Era così raro e caro che era una merce impiegata per riscattare o pagare pegni e tributi. Del resto è noto che Alarico, re dei Visigoti, rinunciò alla conquista di Roma (408 d.C.) ottenendo in cambio tremila libbre di pepe, assieme a cinquemila libbre d’oro e altri beni e territori.
Per il pepe ed altre spezie si può dire che sono state condotte delle vere e proprie guerre commerciali. Ma perché tanto interesse attorno alla spezia? Era importantissimo per la conserva degli alimenti, soprattutto per le scorte delle navi che potevano conservare così anche carni e pesci.
Era Venezia il porto principale di ingresso del pepe. Carichi imbarcati nei porti mediorientali erano venduti all’incanto a Rialto da speciali funzionari di nomina statale, denominati “messeri del pepe”. Il costo elevato della spezia ha naturalmente favorito speculatori ma anche contraffattori di basso livello. E i palermitani, che per ingegnare truffe non si trovano mai impreparati quando hanno notato che i frutti del falsopepe avevano un sapore simile a quello del pepe non ci hanno pensato su molto ed hanno preparato una bella sofisticazione che è andata avanti a lungo. Il pepe, dunque, va comprato in grani e macinato all’istante. Anche per evitare brutte sorprese come quelle evidenziata dalla trasmissione televisiva “Di tasca nostra”, in onda venti anni fa. I periti stabilirono che nel pepe macinato si trovava di tutto: ali di moscerini, erbe essiccate, granuli di altri frutti. E poi c’era anche il pepe.

Mario Pintagro