Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 102 del 26/02/2009

L’AZIENDA Florio all’occhiello

26 Febbraio 2009
casavecchia casavecchia

L’AZIENDA

La più antica cantina della Sicilia punta sul restyling delle proprie strutture e sul riscatto del Marsala. Il rammarico di Casavecchia: 28 tipologie previste per la Doc sono troppe

Florio all’occhiello

La Florio è un cantiere quasi a cielo aperto. La più antica cantina attiva della Sicilia, il marchio che fa ricordare subito uno dei vini più prestigiosi e tra i più longevi in assoluto – il Marsala – è un pullulare di operai e impalcature.

L’Illva di Saronno, in Lombardia, proprietaria da oltre venti anni dell’azienda, ha avviato meno di due anni fa un investimento di 14 milioni di euro. «C’era l’esigenza – come ricorda Carlo Casavecchia direttore generale della Duca di Salaparuta, l’altro marchio storico siciliano di proprietà della Illva – di rifare i tetti delle costruzioni che custodiscono le grandi e antiche botti ancora oggi piene di Marsala di varie annate, alcune delle quali pure di oltre 80 anni». Oltre ai tetti sono stati spostati i laboratori in locali nuovi e tecnologicamente all’avanguardia, sarà anche riprodotto l’antico ingresso davanti al mare di Marsala distrutto dai bombardamenti del ’43 con vista sulle Egadi. Oggi questa cantina che occupa una superficie di oltre cinque ettari e che produce nelle varie tipologie di Marsala altri vini dolci, circa 3 milioni di bottiglie, ospita, ogni anno, oltre 45 mila visitatori, un numero imponente che ben poche cantine in Italia possono vantare. «Qui – aggiunge Casavecchia – non c’è solo il vino, c’è anche storia, cultura. Questa cantina è un richiamo per enofili e anche per turisti attratti dalla bellezza del luogo».
Il colpo d’occhio sono le tre bottaie lunghe 240 metri, anche queste un bel primato, dove ci sono dai tini da 17 mila litri fino ai piccoli fusti da 300 litri, tutto per le varie esigenze di affinazione. Eppure il Marsala è ancora alla ricerca di un riscatto che ancora non arriva. Il settanta per cento del mercato è rappresentato dalla tipologia «fine» (non prodotta dalla Florio)  che è quella per così dire «base» e che ha utilizzazioni di tipo alimentare (per conservare meglio la carne in scatola, per esempio). Per non parlare delle versioni all’uovo e delle varie creme che di certo non hanno aiutato a dare un’identità forte al vino. Accanto a questo dato il paradosso di un vino, il Marsala, praticamente unico. Non smette di spiegare mai Casavecchia: «Quello che in un vino normale tendiamo ad evitare, nel Marsala diventa l’obiettivo: l’ossidazione, È grazie all’ossidazione che questo vino diventa immortale». Provare, anzi assaggiare per credere. In certe degustazioni la Florio ha aperto bottiglie con più di ottant’anni di età per offrire versioni di Marsala superiori eccellenti, ancora «vivi». Tanto che in commercio è possibile trovare un Marsala del ’39, badate bene sessant’anni, (la bottiglia da 375 cc. costa 550 euro) ma anche del ’41, del ’52, del ’64 e così via. «Abbiamo radunato col marchio Riserva Aegusa, il vecchio nome di Favignana, le sei annate migliori degli ultimi sei decenni di Marsala dolce e ne è venuto fuori un cofanetto pregiato in versione limitata che è piaciuto molto agli intenditori e agli appassionati del Marsala», racconta ancora Casavecchia. Il quale si rammarica che il disciplinare che regola la produzione Doc preveda ben 28 tipologie di Marsala, decisamente troppe. Il riscatto per questo vino dolce non arriva, però la Florio la scommessa la vuol giocare tutta fino in fondo. E tra un anno i lavori in cantina saranno finiti. E lo spettacolo sarà assicurato. Un fiore all’occhiello per tutta la Sicilia del vino.

F. C.