Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 44 del 17/01/2008

LA CURIOSITÀ La cassata non è araba Oppure sì?

17 Gennaio 2008
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    LA CURIOSITÀ

Origini contese per il dolce ambasciatore della gastronomia dell’Isola nel mondo. Esperti della tradizione, antropologi e storici non trovano un accordo. Ecco qualche ipotesi
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La cassata
non è araba
Oppure sì?

Saliamo sulla macchina del tempo e viaggiamo indietro fino all’850 dopo Cristo. Un pasticciere saraceno, col volto scuro e un turbante in testa, pazientemente mescola la ricotta di pecora con lo zucchero di canna, tirando su le maniche del suo abito largo per non sporcarle.

Mentre lavora l’impasto in un recipiente semisferico di rame (il qasât) già pensa al risultato della sua fatica: la cassata. Una storia affascinante che ci fa rivivere quell’epoca quando passando da una pasticceria palermitana, poggiamo lo sguardo sopra il trionfo di frutta candita del dolce di cui, da cittadini della città tutta porto, andiamo più fieri e che altrettanto fieramente portiamo in dono ai nostri amici “stranieri”. Una storia affascinante. «Peccato che non sia vera», spiega Gaetano Basile, storico palermitano che ama ricordare l’origine latina del tipico dolce. «In realtà già nella Grecia Antica e nella Magna Grecia veniva preparato un dolce di cacio addolcito col miele», spiega Basile, «che nel tardo latino prese il nome di Caseatus». Infatti è sul Declarus, il primo vocabolario siciliano latino scritto da Angelo Sinesio, primo abbate di San Martino delle Scale vissuto dal 1305 al 1386, che si trova la prima definizione di cassata: «Cibus ex pasta pani set caseus compositus».
cassata_dentro_curiosit.jpgUna “voce”, quella dell’origine non araba del dolce, che ha fatto il giro del mondo tanto che anche John Dickie, storico e giornalista che insegna Studi italiani a Londra, lo scrive nel suo nuovo saggio sulla storia degli italiani a tavola. Si trattava però di quella che noi oggi chiamiamo cassata al forno. «Solo nel Settecento la forma del dolce ha assunto un aspetto simile a quello attuale», scrive Dickie, «e la famosa decorazione di frutta candita è arrivata ancora più tardi». E precisamente all’epoca dei Florio. Intorno alla fine del 1800, infatti, fu un pasticciere palermitano, Salvatore Gulì, a suggellare il passaggio dalla cassata al forno alla più nota, e coreograficamente più affascinante, “Cassata alla siciliana”, sostituendo la pasta frolla con il pandispagna, la glassa e i canditi.
Dunque la cassata non sarebbe di origine araba. Anche se in molti sono convinti del contrario «perché», spiega Rita Cedrini, docente di Antropologia culturale all’università di Palermo, «la si associa all’arrivo dello zucchero in Sicilia e che sia stato introdotto dagli Arabi è fuori dubbio».
Ma le sorprese non finiscono qui. Altro colpo di scena: la ricotta non è un formaggio bensì un sottoprodotto della lavorazione casearia. Detto così suona proprio male, sembrerebbe sminuire il valore della preziosa crema usata per farcire i dolci più tipici della tradizione siciliana. Tecnicamente però la definizione di formaggio è: «Prodotto ottenuto dalla coagulazione acida o presamica (con caglio, ndr) del latte intero, parzialmente scremato o scremato». La ricotta invece viene ottenuta dalla coagulazione del siero che rimane dopo avere lavorato il formaggio. Il siero viene “ricotto” ovvero cotto una seconda volta e addizionato di caglio per formare un secondo coagulo di proteine (circa il 10%) e grassi (circa il 20%). «Tanti grassi che rendono la ricotta particolarmente adatta ad essere lavorata per preparazioni dolciarie», spiegano dalla pasticceria del bar Alba di Palermo.
Ebbene, adesso che sappiamo che la cassata non è araba e la ricotta non è un formaggio saremo un po’ spaesati, in fondo sono stati messi in dubbio due capisaldi della nostra formazione culinaria. L’unica certezza che però ci rimane è che la cassata, che sia di origine araba o meno, resta il dolce siciliano più conosciuto al mondo, valido ambasciatore della gastronomia dell’Isola in tutto il globo.

Annalisa Ricciardi