Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 96 del 15/01/2009

L’INTERVENTO Manhattan, c’era una volta la cucina siciliana

15 Gennaio 2009
lilly lilly

L’INTERVENTO

A New York sono quasi sparite le ricette autentiche di casa nostra. Pochi i ristoranti dove mangiare un buon piatto di pasta. I consigli di Lilly Lo Cascio, brand manager per gli Usa per l’azienda Tasca d’Almerita

Manhattan,
c’era una volta
la cucina siciliana

Lilly Lo Cascio passa al setaccio alcuni dei ristoranti italiani di New York. Il suo racconto è una piccola guida ai migliori locali dove trovare le ricette originali del Bel Paese anche nella Grande Mela

di Lilly Lo Cascio *

“Da due anni giro gli Stati Uniti per conto della cantina dove lavoro e la natura del mio incarico mi porta a visitare moltissimi ristoranti. Nonostante il recente incarico conosco gli Usa da un quarto di secolo perché è lì che ho imparato a parlare l’inglese durante le vacanze estive e quando gli altri teenager erano a Mondello a ballare sulla spiaggia io studiavo nelle scuole estive. Allora (parlo dei primi anni ’80) i ristoranti italiani della costa orientale degli Stati Uniti erano quasi tutti gestiti da italiani, spesso meridionali emigrati dagli anni 50 in poi. A New York ce n’erano molti, specialmente a Little Italy, dove, se si parlava americano, lo si faceva di mala voglia e male.
Adesso molto è cambiato e, se in molti casi l’evoluzione è stata positiva, in altri purtroppo si è persa la vera cultura del ben mangiare mediterraneo. E mi spiego meglio.
Molti proprietari italiani sono andati in pensione e, a causa della carenza di buoni cuochi italiani, hanno venduto ad investitori i quali hanno affidato il ristorante agli innumerevoli cuochi sudamericani che si trovano facilmente sul mercato del lavoro. Questi ultimi, com’è ovvio che sia, hanno adattato alla loro cultura le ricette del Bel Paese, rivisitando, adattando, modificando ed infine storpiando anche i piatti più tradizionali della nostra millenaria gastronomia. Nulla di male, per carità, però mi scoccia un po’ se, ordinando un piatto di pasta con le vongole, trovo prima una quantità industriale di aglio (in uno stesso piatto ne ho contati sei spicchi), e poi qualche insipida vongola sciacquata in acqua di rubinetto. Sei stata sfortunata, voi direte, ma vi ricordo che non sono una turista che capita per caso in un ristorante (ristorante, non  trattoria, osteria, locanda, o fast food), ma una professionista accompagnata da un importatore italiano che i ristoranti di Manhattan e dintorni li conosce tutti. Voi non mi crederete se vi dico che a Manhattan esiste soltanto un siciliano, nato e cresciuto in un piccolo centro vicino a Palermo, che possiede due ottime trattorie downtown.
Tutto il resto è di seconda mano, se mi permettete la licenza.
Fino all’anno scorso c’era “Agata e Valentina” (dal primo nome si capisce la città di origine della fondatrice). Era un bellissimo ristorante in pieno centro, ma quando la mamma (Agata) ha chiesto alla figlia (Valentina) di prendere in mano la gestione dell’avviatissima attività, Valentina ha dato picche e si è barricata nella bella salumeria che la mamma aveva aperto all’angolo opposto dell’isolato. La vita è più semplice lì. E chi può biasimarla, non certo io che considero i ristoratori dei missionari della gastronomia, che dedicano tutta la loro vita alla gestione del locale, senza un attimo di tregua e le vacanze? Avete visto le guide? Quelli che chiudono ci vanno a gennaio o a febbraio. Scusate la divagazione e torniamo all’unico vero ristorante siciliano di Manhattan. Si chiama Cacio e Vino. Segnatevelo e se andate a New York e vi viene improvvisamente voglia di una buona pizza o di un buon piatto di pasta potete andare lì a colpo sicuro, dite a Giusto (il proprietario) che vi mando io. Troverete lì molti “rifugiati” italiani che finalmente respirano un po’ di vera aria di casa a prezzi veramente accettabili.
“Ma davvero non abbiamo alternative?” mi chiederete scettici, ma certo io vi rispondo. Ci sono i ristoranti dei Bastianich, la mamma, la signora Lidia, il cui nome a molti di voi non dirà nulla, ma negli Stati Uniti è una celebrità. Lei è italiana, friulana per l’esattezza, ed ha cominciato come tutti i suoi colleghi, con un primo ristorante, a Queens, poi ne è seguito un altro e poi finalmente negli anni novanta è approdata a Manhattan dove ha aperto sulla 58ma est Felidia, e indovinate chi ci ha messo come executive chef? Un siciliano: Fortunato Nicotra, si chiama. “Ahha”, direte voi, allora c’è un siciliano in un grande ristorante? Si c’è, ma ricordatevi che la cucina di Lidia Bastianich è soprattutto istriana e poi c’è anche qualcosa di siciliano. Ma non tipico, naturalmente, non credete di sedervi lì ed ordinare arancine o pasta con le sarde. Ve le sognate. Dopo Felidia, sono nati, Becco, Esca, Del Posto. Sono tutti ristoranti famosissimi e costosissimi. Ma di italiano anzi, di mediterraneo, hanno gli ingredienti, poi c’è la fantasia dello chef che li mette insieme. La potremmo definire fusion mediterranea.
La lista dei vini è ricchissima e naturalmente la parte del leone la fanno i vini italiani. Fra noi cantine sgomitiamo per essere lì, ci si venderebbe la primogenitura per avere anche uno solo dei propri vini in lista presso uno di questi ristoranti. Lidia Bastianich è una gran donna, è arrivata alla fine degli anni 50 negli Stati Uniti, e lì da sola ha costruito un impero, adesso, con i suoi figli ha aperto anche a Kansas City ed a Pittsburg due locali che ha chiamato “Lidia’s” sono più alla portata di tutti e si può prendere un piatto di pasta, un’insalata, una bistecca cotti con stile e fantasia tutti italiani. Con i tempi che corrono scommetto che faranno soldi a palate”. 
 

* Brand manager per gli Usa per la cantina Tasca d’Almerita