Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 14 del 21/06/2007

LA PROVOCAZIONE: Carte dei vini, il piacere di scegliere

21 Giugno 2007
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    LA PROVOCAZIONE

L’importanza di una lista scritta, per permettere ai clienti di poter selezionare l’etichetta più carta_vini.jpgadatta a ciò che si è deciso di mangiare. Sei semplici regole cui dovrebbe attenersi ogni ristoratore

Carte dei vini,
il piacere di scegliere

Una carta dei vini è la cartina di tornasole di un buon ristorante. Mai come in questi ultimi anni si è registrata un’evoluzione così rapida e singolare nella scelta e nella presentazione delle etichette. Oggi una scelta adeguata è fondamentale e irrinunciabile, a meno di volersi proporre in una categoria di locali “mordi e fuggi”, cosa comunque vera in parte giacché sempre più spesso ci si imbatte in fast food con una carta vini bene assortita.

Clienti attenti e gourmet sanno bene che la cosa è tutt’altro facile, gli errori possibili sono numerosi. Come si valuta una carta dei vini? Quante etichette? Su quali criteri si scrive? Quali principi seguire? Che ricarichi applicare? Quando aggiornarla? Quali sono gli errori più frequenti? Di seguito qualche suggerimento.

1. Quanti vini dovrebbero essere in carta?
Le carte vini con centinaia, migliaia, di referenze non sono più di moda. La gestione delle bottiglie non è una cosa da prendere con leggerezza, e il vino è pur sempre un prodotto che si altera con il tempo, non dura in eterno. Il vino si guasta poi con le temperature non costanti, posizione, luce. Quelle bottiglie che avrete notato mille volte sulle mensole delle trattorie e dei ristoranti sono cadavere dopo due mesi. Un esempio pratico: anziché avere 300 etichette, spesso scelte male e banali, di cui 250 ferme per 365 giorni l’anno, meglio sceglierne 20 o 30 con particolare cura. Se si ha difficoltà a decidere, è bene chiedere consiglio ad esperti o appassionati, spesso gli appassionati sono i più sensibili e i migliori compratori. Il vino è una passione, non conviene affidarsi a venditori e rappresentanti (con le dovute eccezioni) che hanno come unico obiettivo quello di vendere. Questi non conoscono la clientela e i problemi di ogni singolo locale. Un primo consiglio? Per non strafare ad un numero di piatti dovrebbe corrispondere un pari numero di vini. Se ci sono 4 antipasti, 5 primi, 5 secondi, 3 dessert si potrebbero proporre 17 etichette, ma a condizione che esse siano scelte con estrema cura.

2. Pensare i vini abbinati ai piatti
Quali vini scegliere? Ebbene, i vini non dovrebbero mai essere lontani dai piatti realizzati, anzi, è proprio il contrario. Andreste in giro per i vicoli del centro storico su di un autotreno con rimorchio? Affrontereste un rally con una smart? Ovviamente no, perché inadeguati al compito. È proprio questo adeguamento allo stile di cucina, l’equilibrio e l’armonia nel giusto accostamento tra vino e piatto, che valorizza il lavoro dello chef e contribuisce a generare emozione nello stare a tavola. Questo accade al di là dell’importanza o del pregio dei vini. Le carte progettate con buon senso dovrebbero prevedere per ogni piatto, scritto subito sotto, un vino della carta. Quindi per aiutare i clienti andrebbero descritte, per linee generali, le caratteristiche del vino, a maggior ragione se il vino è a bicchiere. Ad esempio per un vino rosso dell’annata corrente andrebbe bene: “intenso nei profumi di frutta rossa di bosco matura, varietale; bocca ricca, fresca, setosa; tannini fini e gradevolmente astringenti. Finale lungo e persistente. Barrique”.

3. Ordine e chiarezza espositiva
Nello scrivere una carta vini occorre dare priorità secondo un ordine. Iniziamo da come si scrive genericamente un vino. Per prima cosa, ove esistente, va indicata la denominazione Doc o Docg. Poi il nome del vino e l’annata (importantissima). Poi il nome della cantina. A seguire, la regione, il formato della bottiglia (piccola/mezza 0,375 lt., normale 0,75 lt., magnum 1,5 lt., etc.) e, obbligatoriamente, il prezzo. A questo punto si possono scrivere altre informazioni a seconda del taglio che si vuole dare alla carta, come ad esempio eventuali passaggi in legno, descrizione organolettica sintetica, il grado alcolico. Ad esempio: DOCG Cerasuolo di Vittoria, xxx-nomedelvino-xxxx, 2006, xxx-cantina-xxx, Sicilia, 0,75 lt.
Come ordinare questi vini? La divisione più ovvia è quella per tipologia: spumanti, bollicine e champagne; bianchi; rosati; rossi; vini da dessert. La divisione per regione e/o per ordine alfabetico di cantina è corretta, ma obsoleta. Oggi invece è sempre più di moda la carta dei vini crescente per intensità gustativa. In altre parole, suddivisa la carta nelle macroclassi, bollicine, bianco, rosso, dessert, si ordina la carta seguendo una sorta di scala crescente di intensità delle percezioni. Dai vini più leggeri e freschi, a quelli più corposi e strutturati. In tal modo si orienta il cliente a calibrare con buona approssimazione il vino al piatto.

4. L’annata
L’annata è importantissima. In essa sono racchiuse le caratteristiche climatiche e la variabilità del vigneto in quel preciso territorio ed accadute in quel preciso arco di tempo. L’annata è l’essenza della vita stessa, simbolo delle fluttuazioni, delle infinite diversità e della imprevedibilità dell’esistenza. Ci siamo imbattuti più di una volta in delle carte dei vini dove non è indicata l’annata perché il ristoratore non aveva intenzione di ristampare la carta ogni 3 mesi. Questo è un errore gravissimo, oltre che scorretto nei confronti del cliente.
Per il vino ogni annata, anche quella apparentemente meno felice, è motivo di riflessione e di gioia di essere. Ci sono giorni di lavoro nei quali noi ci giudichiamo eccellenti per rendimento, durante i quali dimostriamo performance sopra la media. Non per questo nelle altre giornate siamo meno bravi o produttivi, anzi, spesso questi giorni “riflessivi” sono necessari al fine di ottenere dei risultati. L’andamento climatico stagionale, pioggia, vento, sole, umidità e le condizioni uniche di quel particolare vigneto, modificano in modo profondo e sostanziale ogni annata del vino. Ogni annata è importante per quella successiva. Una delle più grandi soddisfazioni è saper cogliere queste differenze. Il vignaiolo dovrà essere un fedele segretario dell’ecosistema ed evidenziarle il più possibile, evitando in tal modo un pericoloso (per noia) appiattimento delle sensazioni. Non dimentichiamo che i vini non sono bulloni.

5. La carta vini va stampata e aggiornata regolarmente
Una carta vini deve essere stampata su supporto cartaceo e aggiornata regolarmente. Avere una carta vini stampata vuol dire avere una visione immediata e chiara di quanto disponibile, oltre che essere un buon segno di trasparenza. Questo punto è valido anche per il menu delle vivande. Ciò che non è in carta è come se non esistesse, dunque sconosciuto. Un cameriere, per quanto bravo, ricorderà difficilmente trenta, quaranta vini e descriverli compiutamente al cliente.
Le cantine abitualmente escono con le nuove produzioni due o tre volte l’anno. Una carta vini dovrebbe seguire “minimo” questa cadenza di aggiornamento della carta. Questa operazione non è poi così difficile. Con un computer si può aggiornare, riorganizzare, ristampare una carta in qualsiasi momento, anche mentre il cliente è al tavolo. Una stampante laser bianco/nero da 180 euro stampa 15-20 pagine al minuto… Il cliente noterà subito che c’è dell’impegno e della passione.

6. Corso di degustazione
Chi ha dubbi non abbia paura, frequenti un corso di degustazione. Ce ne sono tanti e per tutte le tasche: Associazione italiana sommelier, Slow Food, Onav e tante altre organizzazioni. Basta informarsi sulla serietà dei relatori presso le enoteche di riferimento, sapranno subito dirvi chi sono e se sono validi. Quali sono i vantaggi immediati? Imparare a scegliere i vini in relazione al menu, non rendere noiosa la carta, fare “girare” i vini, evitare gli sprechi, trovare il giusto ricarico. Per un ristorante è rilevante non immobilizzare o rischiare una parte di capitale, in tal senso il vino costituisce un elemento di rischio. Infine, sarebbe meglio non dimenticarsi dei collaboratori. Sono loro che sono a contatto con il cliente e che vendono il vino. Il corso lo dovrebbe fare tanto il titolare quanto il cameriere.

Francesco Pensovecchio