Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 69 del 10/07/2008

L’ANALISI Salvagente export

09 Luglio 2008
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    L’ANALISI

bottiglie_69hp.jpgLe aziende di vino siciliane guardano sempre più all’estero. Il motivo? Esplorare nuovi mercati ma anche garantire entrate sicure. Perché fuori gli acquirenti pagano meglio e prima

Salvagente export

C’è chi vuol prendere il volo verso l’estero e chi invece, più tradizionalista, non rinuncia all’amata Italia convinto che “per vincere fuori si deve essere eroi in patria”. In entrambi i casi le cantine siciliane, ormai riservano, sempre di più, una parte importante delle risorse aziendali all’export.

Analisi1_barbera.jpgTra i mercati più gettonati l’Inghilterra e la Germania, tra i nuovi arrivi i paesi dell’Est che iniziano ad apprezzare il vino di qualità.Abbiamo ascoltato i pareri di dieci delle più grosse aziende produttrici di vino della Sicilia, che da anni si confrontano con i mercati stranieri offrendo all’Europa e al mondo il meglio della produzione siciliana.Convinta sostenitrice dell’export è Marilena Barbera della cantine Barbera di Menfi (Agrigento) e presidente del Consiglio interprofessionale vini Doc e igt della provincia di Agrigento, il Cida. “Sono gli unici mercati in cui c’è la possibilità di crescere – afferma -, i ritorni economici sono immediati, a differenza del mercato italiano dove c’è bisogno sia di tempo che di risorse monetarie”. Nell’azienda Barbera il 65% della produzione va all’estero, tra i Paesi importatori c’è la Russia “un mercato orientato verso vini di alta qualità con un’altissima potenzialità di assorbimento, a questo si affiancano mercati meno tradizionali come l’Olanda e la Svizzera. Per il Analisi2_cusumano.jpgfuturo stiamo guardando alla Cina e al Giappone, abbiamo creato un consorzio con produttori italiani per far conoscere i nostri prodotti in questi Paesi”.
L’azienda Cusumano di Partinico (Palermo) è presente in 53 stati, il 50% del suo fatturato arriva dall’estero, ma per Diego Cusumano “il mercato italiano è sempre il numero uno”, qui vale la teoria che “chi è forte in casa lo è anche fuori”. “Molte aziende considerano il mercato estero come un cuscinetto nei momenti di crisi – spiega Cusumano -, ma la stessa strategia è valida per i mercati italiani, l’importante è differenziare”.
Per la Calatrasi di San Cipirello (Palermo), di proprietà della famiglia Micciché, la voce estero rappresenta il 60% delle entrate, da sempre operano con la Gran Bretagna e la Germania, i paesi dell’Est Europa invece rappresentano il futuro, un terreno con immense potenzialità. “Poter giocare contemporaneamente su due tavoli rappresenta un vantaggio – spiega Daniele Calabrese, responsabile Analisi4_benanti.jpgmarketing dell’azienda – ma resto dell’idea che si vince fuori se si vince in casa, è qui che il vino si fa conoscere e apprezzare, la riconoscibilità del marchio della cantina e il nome Sicilia sono elementi fondamentali per la promozione”.
“Le grandi aziende preferiscono l’estero”, assicura la Settesoli. La cantina sociale di Menfi vende il 60% del suo vino su mercati stranieri, in primo luogo in Inghilterra, a seguire la Svezia, la Svizzera e la Germania, ma hanno rapporti anche con gli Stati Uniti. “Alcuni sono mercati di consumo più che di produzione – spiega Salvatore Li Petri direttore generale dell’azienda – sono molto più flessibili e aperti ai cambiamenti. In Svezia per esempio – continua – siamo presenti con un vino di alta qualità in baking box da 3 litri, un prodotto che in Italia non avrebbe mercato”.
Per l’azienda Benanti, sull’Etna, la parola d’ordine è identità. “Per avere successo fuori è necessario presentare un prodotto che sappia parlare di sé, un prodotto di qualità – ci spiega Analisi5_alessandro.jpgGiuseppe Benanti -. Fin dal primo momento abbiamo scommesso sull’estero ma il prodotto interno non deve essere trascurato”. La differenza principale tra i due mercati? “All’estro si paga prima, in Italia si rischia di rimetterci l’osso del collo”.
Dino Taschetta di Colomba Bianca, a Salemi, nel Trapanese, è sicuro “il futuro è l’export, il mercato sta cambiando, chi si adegua non potrà che crescere, chi non lo fa è costretto a chiudere”. L’azienda Colomba Bianca ormai da diversi anni è presente sul mercato tedesco. “Sicuramente il rapporto commerciale è più difficile all’inizio, ci sono centinaia di controlli e certificazioni ma una volta partiti tutto è molto più sereno, l’esatto opposto in l’Italia dove in un primo momento è facile iniziare ma è difficile è che vengano rispettati i termini dell’accordo”. “Per essere forti fuori dobbiamo essere eroi in patria – afferma con una nota poetica Nino Alessandro, azienda Alessandro di Camporeale Analisi6_foraci.jpg(ancora nel Palermitano) – molti dei nostri contatti sono nati grazie alla presenza sul territorio, il mercato estero è sicuramente più semplice per la serietà e la puntualità nei rapporti commerciali. Oggi le nostra produzione per metà va all’estero in Germania, in Inghilterra, Danimarca, Belgio e Polonia”.
“Ormai il mercato italiano sembra solo una vetrina, i commerci più remunerativi sono quelli con l’estero – dice Alessandro Foraci, dell’azienda Foraci di Mazara del Vallo (Tp) -. I veri volumi si fanno con i mercati stranieri. Tra questi uno dei migliori è la Germania dove si ha una certa tendenza verso prodotti di fascia alta e dove è presente un florido mercato biologico in Sicilia ancora poco sviluppato”.
“I mercati vanno interpretati, posizionarsi su più piazze è il migliore antidoto contro la crisi finanziarie – questa è la ricetta per evitare brutte sorprese di Alberto Tasca d’Almerita, le cui proprietà si estendonoAnalisi7_tasca.jpg nel cuore della Sicilia fra Vallelunga e Sclafani Bagni -, con l’azienda siamo presenti in più di 60 Paesi in tutto il mondo. Spesso i mercati esteri sono la nostra riserva di energia, non solo economica. Negli anni passati la nostra produzione era del 60 per cento in Italia e del 40 all’estero, quest’anno siamo passati a un 55% e 45%. I mercati esteri assicurano un ritorno economico immediato – continua Tasca d’Almerita -, si pensi all’America o al Giappone, ma anche in Italia è possibile realizzare rapporti seri ma molto dipende dalla capacità di imporsi dell’azienda”.
Infine l’azienda Donnafugata di Marsala, che è presente su 50 mercati stranieri. “Oggi siamo molto Analisi8_rallo.jpgimpegnati sul versante estero – dice Antonio Rallo -, potendo contare su 7 persone che – a diverso titolo – ne curano gli aspetti commerciali, logistici e di comunicazione. Inoltre, da alcuni anni abbiamo dato vita al Consorzio Grandi Marchi, insieme ad alcune delle principali aziende italiane orientate alla produzione di vini di qualità, per la realizzazione di forti azioni promozionali”. I mercati su cui si muove l’azienda sono, in Europa, Germania e Svizzera, e oltre oceano, Stati Uniti e il Giappone. “Per noi l’export rappresenta il 25% del nostro fatturato – continua Rallo -, nelle esportazioni stiamo registrando la maggiore crescita. All’estero il vino italiano di qualità ha maggiori margini di sviluppo soprattutto se si riesce a fare squadra”.


Ciro Frisco