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Scenari

Andrea Franchetti: vi racconto perché l’Etna è un terroir unico e straordinario

20 Gennaio 2015
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Pubblichiamo in anteprima il testo scritto da Andrea Franchetti, patron di Passopisciaro per il libro di Armando Rotoletti “Etna, Wine, People – Vini e volti dell'Etna” in uscita a marzo

di Andrea Franchetti

Temperature
L'Etna è una montagna che si alza per tremilatrecento metri, tutto ricoperto di neve durante l'inverno. 

L'estate conserva, scalettate negli ultimi mille metri di quota, temperature fredde che vanno quotidianamente in basso a vincere il caldo di Sicilia. La temperatura di giorno sul lato Nord, dove stanno i vigneti,  è di oltre 15 c° più bassa di quella della costa e quel fresco prepara vini eleganti e pieni. La temperatura di notte  è addirittura freddissima durante i mesi più importanti per l'uva, quel settembre e ottobre in cui ritarda e aggiunge ai  vini impervietà e durevolezza. 
 
Luce
La luce dell'Etna non viene dal sole ma nasce dalle cose, che ha involtolato di tulle.  Correndo e riproducendosi senza fine tra il cielo e i due mari smorza , liquida i raggi dritti e si diffonde in tutto il nero spettro del vulcano senza rimbalzi; motivo questo della luce indiretta che è comune a tutti i luoghi mondiali del gran vino, dove la luce è preparata apposta, come gli specchi assidui di mari e fiumi a Bordeaux, etc. In tale materia senza ombra trovi immerse con ogni lato le foglie, suscitate a tripla fotosintesi le vigne, accese le magliette, ispirati i viticoltori, e soprattutto resi ingegnati e visionari i winemaker che abitano, insieme al proprio talento, case che sfosforano nel buio. 


(Andrea Franchetti)

Terreno
Cinquanta km di diametro e centinaia di  bocche che hanno sparso lave sovrapposte, involucri dell'Etna dove radica la vite, venuti a galla da quadranti molto diversi del sottosuolo; una lava sgorga, scende liquida o densa, alla fine si ferma, si espande, si spalma. Su questo piano, raffreddato a varie altezze tra milletre e cinquecento metri,  si afferma e costituisce per qualche secolo, una proprietà. Il luogo, appresso, tiene il vecchio nome feudale e si fa Contrada. Così , ogni contrada fa un vino diverso dall'altra, come sapevano fino al dopoguerra, perchè le piante crescono su differenti sgorgati  minerali; di più, questi si sono raffreddati nelle granulometrie: del ghiaione , della  ghiaietta o della cipria;  di più ancora, sono sospesi a mille, o a cinquecento metri. Quindi, la parola Cru, che vuol dire ambiente di suggestione organolettica, non può avere senso più forte di quello che possiede la contrada dell'Etna.
L'arrivo dei nuovi produttori cominciato col mio, nel 2000, e le nostre vinificazioni hanno evidenziato e ripercosso, paripari, i prestigi  superiori che in antico possedevano già alcune contrade famose. Sono una diecina e ricompaiono spesso sulle etichette dei vini del Rinascimento dell'Etna.
 
Il vino dell'Etna è un rosso di nerello mascalese, uva senzaltro antica, e rara eccetto sul vulcano, dove è ancora splendidamente coltivata come uva di montagna in alberelli vecchi e vecchissimi. Ha poco colore, grappoli grandi con bucce forti e sottili, matura tardi: a novembre da ottocento metri in su. Il rosato chiaro del vino è segno di genere, non affatto di diluizione: la bacca sta bene grande; invece delle bucce, acri, per fare il vino si usa il sugo, che viene bene se la pianta non è stressata.

 
(Armando Rotoletti)

Durante la fermentazione il nerello sa di marzapane di una qualità carnale e villana che il produttore imbarazzato lascia svanire; spesso sa di acetone per il disturbo dei lieviti che fa la radioattività del vulcano, ma in ogni altro senso le fermentazioni sulla montagna sono facilissime per la microfauna risparmiata finora dai veleni.   Restano nel vino agrume e  canfora, tratti dalla lava, e un senso di odorosa acidità  che fa pensare a un arrossato e ineguagliato vino bianco; e in questa direzione potrebbe attrarsi già qualche winemaker. Ma il territorio è nuovo alla vinificazione, è prematuro parlare di stile: come avviene in altri nuovi territori, della cui natura non c'è abitudine e dei giornalisti gran paura, prevale ancora tra i produttori il naturismo: e aspettiamo che passi.
 
Ben vinificato, il nerello mascalese migliora per otto anni, poi invecchia lentamente nella direzione dell' affumicato dolce.