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Scenari

Aspettando l’Expo. Al Vinitaly il vino biblino. E la Sicilia gioca la carta del legame con i fenici

04 Aprile 2014
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Tutto sul vino dolce partito dal Libano e approdato a Siracusa. E in estate a Pantelleria Veronafiere sbarca con Passitaly

La Sicilia approda al Vinitaly 2014 con una conferenza stampa che si svolgerà lunedì 7 aprile presentandosi come Official Partner di Expo 2015 – Cluster Bio-Mediterraneo.

L’argomento centrale sarà l’intensificazione della cooperazione tra la Sicilia e il Libano, anch’esso Paese partner del cluster Bio-mediterraneo. Il legame tra i due Paesi e le prospettive di cooperazione verteranno sul riconoscimento di un importante passato comune che affonda le sue radici nel vino biblino ricavato dall’uva originaria della Fenicia e trasportata, in tempi remotissimi, prima in Tracia e poi a Siracusa. 

“La conoscenza e la storia del vino biblino – afferma l’assessore alle Risorse Agricole e Alimentari Dario Cartabellotta – conferma come la Sicilia per la singolare combinazione di elementi storici, sociali, geografici, culturali e strutturali sia stata tra i più importanti e antichi centri di diffusione della viticoltura e dell'enologia del Mediterraneo”. “Il patrimonio varietale viticolo siciliano – prosegue – è uno tra i più ricchi al mondo ed una importante e ricca riserva a cui attingere per diversificare le produzioni enologiche della Sicilia e del Mediterraneo”.

Alla conferenza stampa é prevista la presenza di Rosario Crocetta, presidente della Regione Siciliana e di Simon Jabbour, commissario generale per il Libano. A illustrare le origini della storia del vino biblino interverrà anche il professore Attilio Scienza che farà chiarezza sulla discendenza del vino più famoso dell’antichità. “Il biblino il cui nome deriva da Biblo (fenicio Gbl, accadico Gublu, greco Byblos, oggi chiamata Jbeil) un'antica città fenicia sulla costa del Libano, veniva prodotto anche in Macedonia, luogo di nascita del mito di Dioniso”, spiega a Cronache di Gusto il professore Scienza. “Era considerato pertanto un prodotto prezioso. Nel luogo del mito, quel vino rappresentava l’identificazione della divinità con il vino; mentre il Libano era il porto di imbarco verso l’Europa. Un vino dunque legato alla ricchezza e alla potenza del periodo Talassocratico, e diventato poi in Sicilia il vitigno più importante per i vini dolci di qualità”, conclude Scienza.

Al Vinitaly, la Sicilia manifesterà dunque la comune identità mediterranea con il Libano presentando inoltre un nuovo prodotto targato Expo 2015. Si tratta di una confezione di due oli, uno siciliano derivato dalla Nocellara del Belice e uno libanese nato dalla cultivar Smeiemi. Stando a quanto annunciato giorni fa alla stampa (expo2015.quotidiano.net) da Walid Haidar, console generale del Libano l’iniziativa più importante che lega il Libano all’Italia è proprio quella con la Regione Siciliana attraverso il progetto “Saluto ai Fenici”, dedicato alla storia dell’olio d’oliva, arrivato in Sicilia dal Libano più di 3.500 anni fa. “Distribuiremo confezioni speciali, senza fini commerciali, che includono olio siciliano e olio libanese per suggellare un legame antico. I fenici hanno diffuso la coltivazione dell’olivo in tutta l’area del Mediterraneo”, ha affermato il console libanese.

Per concludere, nel corso della conferenza stampa verrà annunciata Passitaly, una manifestazione centrata sui passiti del Mediterraneo, che sarà presentata dal comune di Pantelleria, da Verona Fiere e dall’Irvos sull’isola di Pantelleria tra giugno e settembre; in occasione di Passitaly un ruolo di primo piano sarà proprio conferito al vino biblino.

Ed infine non mancherà l’intervento dell’assessore ai Beni Culturali, che, insieme al Parco della Valle dei Templi e alla cantina Cva di Canicattì, presenta il Diodoros, il vino della Valle dei Templi, coltivato nei vigneti posti sotto il tempio di Giunone, un giacimento viticolo di grande interesse, frutto di una selezione naturale che i vignaioli della Valle hanno operato nel corso degli anni interpretando al meglio gli aspetti pedoclimatici. Il vino è un blend delle varietà di Nero d’Avola – 90% – Nerello Cappuccio e Nerello Mascalese – per la restante percentuale – coltivate a spalliera (l'enologo è Tonino Guzzo).

Francesca Landolina