La domanda di vino italiano nell’Ue stagna e in netto calo è l’importazione nel Bel Paese.
Segno positivo invece per l’export del made in Italy verso i mercati emergenti. Il quadro riferito all’esportazione, aggiornato al mese di aprile 2012, lo dà il report di Assoenologi. Si avvertono nel continente i primi segnali di stanchezza. Dopo svariati mesi di crescita, l’Unione Europea mostra, infatti, una brusca contrazione in valore del –2,3% rispetto ad aprile 2011; mentre i mercati dei Paesi Terzi offrono ampia soddisfazione alle imprese con una crescita che sfiora il +10%.
Ecco il panorama del raffreddamento dipinto dalla ricerca: Germania –2,2%, Paesi Bassi –22,3%. I mercati trainanti sono il Giappone con un sorprendente +50,5%, Svezia +30,9%, Russia +28,2%, Norvegia +22,4%, Svizzera +16,2% e Cina +11,2%. In leggera crescita gli Stati Uniti +5,1%, Canada +1,7% e Danimarca +1,6%. In flessione i mercati del Brasile –21,9% e della Corea del Sud –26,6%.
“Nella complessità delle tendenze in atto non sfugge – commenta Giuseppe Martelli, direttore generale dell’Associazione Enologi Enotecnici Italiani – la crescente difficoltà d’incrementare l’export nelle aree tradizionali, sia per l’aspetto congiunturale, sia per l’elevata quota che il vino italiano ha acquisito nel corso degli ultimi anni. In questa prospettiva sono da leggere in maniera positiva e strategica le variazioni che si registrano nei paesi europei extra UE, nel Medio Oriente e nel Far East, anche se in alcuni casi i valori assoluti sono contenuti. In crescita il Sud America +3,3% e il Nord America +4,5%”.
Il vino italiano riesce a riposizionarsi nell’ambito dell’offerta globale, con un incremento dei valori medi unitari. Il prodotto in bottiglia spunta un interessante +10,5%, da 2,51 a 2,77/l euro e il bacino più importante in questo segmento è rappresentato dai Paesi Terzi, che ha fatto rendere 146 milioni di euro contro i 138 dell’Unione Europea. Molto positivo il trend dello spumante che sembra puntare sulla qualità +46,1% da 2,23 a 3,26/l euro. Bene anche il prodotto sfuso, con un +37,4%. In generale il valore medio unitario delle esportazioni nei Paesi Terzi in un anno ha avuto un incremento del +7,3%.
In termini di volume esportato, nei primi quattro mesi del 2012, la flessione è stata consistente, di quasi 700 mila ettolitri. Ad aprile si è passati a 300 mila ettolitri. La contrazione delle consegne riguarda l’area dell’Unione con una caduta del –21,3% da 1,4 a 1,1 milioni di ettolitri. In leggera espansione le consegne nei mercati dei Paesi Terzi +2,0% da 551 a 562 mila ettolitri. La perdita più secca l’ha registrata lo spumante con – 55 milioni di ettolitri, cioè il 31,7% in meno rispetto all’anno precedente.
“La flessione complessiva – secondo Assoenologi – delle quantità esportate di vino italiano -14,9% è da imputare in gran parte al prodotto sfuso e in misura minore allo spumante, con una concentrazione geografica nell’area europea. Valori negativi si registrano in: Paesi Bassi – 24,4%, Germania –20,8%, Regno Unito – 13,2% e Danimarca –5,5%. Fuori dall’Europa i valori negativi sono più contenuti: Stati Uniti –5,9%, Cina –2,5%. Il mercato brasiliano registra, per il secondo mese consecutivo, una brusca contrazione -24,3%”.
Grande recupero si è avuto però nei valori medi unitari, ante crisi, nella maggior parte dei mercati. Il dato complessivo registra una crescita del +21,3%, in gran parte dovuto alla diversa composizione dell’offerta. Gli incrementi più rappresentativi registrati sono: +23,4% della Germania, +38,0% della Svezia, + 15,9% del Regno Unito, + 15,4% della Svizzera che raggiunge il valore più elevato tra i principali mercati di destinazione € 4,41/l, superando di slancio gli Emirati Arabi € 4,26/l. Particolare attenzione merita il Nord America: +11,7% degli USA e +8,5% del Canada, entrambi con valori superiori a € 3,50/l.
“Nonostante il segno positivo complessivo – conclude Martelli – si registrano segnali di “stanchezza” della domanda all’interno dell’Unione Europea. La fase d’incertezza finanziaria globale sta minando la fiducia dei principali mercati di riferimento del settore, condizionando la domanda globale senza più limitazioni geografiche. Appare evidente che l’Europa è un’area portante per l’export, senza la quale è difficile immaginare lo scenario futuro. Il vantaggio offerto dall’euro deprezzato è un’ulteriore freccia nelle corde delle imprese che, è opportuno ricordare, vale soltanto una stagione”.