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Scenari

Averna, in vendita l’amaro che nacque a Caltanissetta: e se la proprietà tornasse in Sicilia?

28 Novembre 2025
L'amministratore delegato di Campari Simon Hunt e l'Amaro Averna L'amministratore delegato di Campari Simon Hunt e l'Amaro Averna

Dopo essere passata al Gruppo Campari nel 2014, il prodotto siciliano è di nuovo sul mercato. Per Campari, infatti, l’amaro siciliano non sarebbe tra i suoi marchi “core”

Averna oggi è ad un nuovo snodo della propria vita. Dopo essere passata al Gruppo Campari nel 2014, il prodotto siciliano è di nuovo sul mercato. Per Campari, infatti, l’amaro siciliano non sarebbe tra i suoi marchi “core”, un passo che sembrerebbe in linea con il piano di dismissioni preannunciato dal nuovo amministratore delegato, Simon Hunt. Se il Cavaliere Francesco Averna (ultimo rappresentante della dinastia familiare) non vuole commentare le ultime notizie, resta una domanda: in quali mani finirà l’amaro siciliano per eccellenza? Sarebbe bello se, dopo tanti anni, la proprietà tornasse nell’Isola ma le voci, solo per restare in ambito meridionale, danno il gruppo Caffo, proprietario tra l’altro del marchi Amaro del Capo, non interessato all’acquisizione mentre sarebbe pronta una cordata di imprenditori siciliani del settore a rilevare la storica azienda. Proprio il gruppo Caffo poche settimane fa ha perfezionato l’acquisizione di un altro marchio storico come Cinzano.

Per capire cosa ha rappresentato – e rappresenta ancora – il marchio Averna per la Sicilia bisogna spostare lo sguardo dall’etichetta dorata alla carta geografica. Nel cuore dell’isola, a Caltanissetta, un elisir di erbe nato in un’abbazia benedettina è diventato in un secolo e mezzo un pezzo importante dell’industria italiana del “beverage”, un asset da oltre 100 milioni di euro e, soprattutto, un simbolo identitario potentissimo, ancora protagonista di cocktail e ricette internazionali.

Dall’Abbazia di Santo Spirito alla Real Casa

Una storia lunga quella degli Averna che inizia nell’Ottocento, all’Abbazia di Santo Spirito, poco fuori Caltanissetta. Qui i monaci benedettini preparano un elisir di erbe, radici e agrumi, amaro ma gradevole, cui vengono attribuite virtù toniche e terapeutiche. Nel 1859, in segno di riconoscenza per le sue opere di benefattore, i frati donano al commerciante di tessuti Salvatore Averna la ricetta segreta dell’infuso; nel 1868 la famiglia comincia a produrlo per gli ospiti nella tenuta di Xiboli. È il figlio Francesco a trasformare il “liquore di casa” in un prodotto commerciale: porta l’amaro alle fiere in Italia e all’estero, finché nel 1895 viene ricevuto a Roma da Umberto I, che lo nomina fornitore della Real Casa. Nel 1912 Vittorio Emanuele III concede ad Averna il privilegio di stampare in etichetta la dicitura «Brevetto della Real Casa», che diventa un formidabile strumento di marketing ante litteram: sull’iconica bottiglia compaiono stemma reale e medaglie, certificando lo status del marchio. Quando Francesco muore prematuramente, l’azienda passa alla moglie Anna Maria, considerata uno dei primi esempi di donna imprenditrice nel cuore della Sicilia di inizio Novecento. Toccherà poi alla terza generazione guidare il marchio attraverso le due guerre mondiali, mantenendo la produzione attiva e avviando le prime esportazioni verso l’America. Nel 1958 Averna diventa una società per azioni; negli anni successivi viene costruito un nuovo stabilimento, consolidando il passaggio da opificio artigianale a vera impresa industriale.

Il “gusto pieno della vita”: quando un amaro fa industria

Il salto di scala arriva alla fine degli anni Sessanta. Nel 1968 il primo spot di Amaro Averna va in onda su “Carosello”: in meno di un decennio il marchio conquista la leadership nel mercato italiano degli amari, arrivando a detenere il 17% del segmento e iniziando una distribuzione sistematica all’estero. Il claim “Il gusto pieno della vita” ancora oggi è ben conoscuto. Per una provincia interna come Caltanissetta questo significa occupazione, indotto e – fatto non meno importante – autostima industriale. Il gruppo Averna diversifica: nel 1989 acquisisce la friulana Villa Frattina (vini e spumanti) e nel 1995 lo storico marchio dolciario Pernigotti. Quando nel 2013 il Gruppo Averna fattura 61,8 milioni di euro, circa il 40% solo grazie all’amaro e il 35–40% dei ricavi fuori dall’Italia, l’azienda nissena è un player nazionale a tutti gli effetti, con quote di mercato in Germania e Austria e una presenza in oltre 60 Paesi. A livello di categoria, nel mercato italiano degli amari Averna è il secondo brand per quota, con circa il 15% del segmento bitter. È un “pezzo” importante di un’industria che, per il gruppo Campari, rappresenta l’11% del mercato spirits domestico (alla pari con la grappa) subito dopo aperitivi e liquori. Visto da Caltanissetta, Averna è stato per decenni ciò che la Fiat è stata per Torino o la Birra Messina per lo Stretto – con dimensioni diverse, ma con un ruolo centrale nella costruzione di un’identità industriale in un territorio spesso raccontato solo come agricolo o assistito.

La stagione di Campari: un brand siciliano in un portafoglio globale

Nel 2014 la storia familiare si chiude: Gruppo Campari acquista il 100% di Fratelli Averna S.p.A. per un enterprise value di 103,75 milioni di euro, pagato in contanti. Nell’investor presentation Campari definisce Averna “secondo marchio nel mercato italiano dei bitter, con una quota del 15%, 95% di brand awareness in Italia e il 36% dei ricavi realizzati all’estero in oltre 65 Paesi”, con Germania, Austria e Svizzera come mercati chiave. L’operazione rientra in una strategia chiara: rafforzare il portafoglio di specialità italiane ad alto margine, sfruttando i canali internazionali di Campari per spingere la crescita soprattutto nelle Americhe. Per la Sicilia questo significa che “l’amaro di casa” entra definitivamente nella logica delle grandi multinazionali: budget globali, sinergie distributive, ma anche scelte più fredde su siti produttivi e priorità di investimento.

Caltanissetta tra timori di delocalizzazione e radici industriali

Ma già nel 2009, prima ancora di Campari, la voce di una chiusura dello stabilimento nisseno aveva scatenato un’ondata di allarme: si inizia a parlare di un trasferimento della produzione a Finale Emilia, in provincia di Modena. La famiglia Averna interviene allora smentendo la chiusura: l’intero processo produttivo dell’amaro – chiarisce l’azienda – resterà a Caltanissetta, mentre la sola fase di imbottigliamento verrà concentrata nello stabilimento emiliano. Dopo il passaggio a Campari nel 2014, nuove ristrutturazioni alimentano il timore che l’amaro “lasci la Sicilia”: alcune ricostruzioni parlano di pochi addetti rimasti a presidio del sito. Ma il quadro che emerge negli anni successivi è più articolato: lo stabilimento di Xiboli continua a essere un riferimento industriale e simbolico per Caltanissetta, tanto che nel 2020 rientra ufficialmente in Sicindustria Caltanissetta; la stessa Campari rilancia la campagna globale #OpenSicily, un progetto di comunicazione che mette al centro ingredienti e paesaggi siciliani e che viene presentato dal gruppo come un “inno alla sicilianità e alle bellezze dell’isola”; a Palermo nasce Averna Spazio Open alla Zisa, un’area di 2.000 metri quadri en plein air con piante aromatiche legate alla ricetta dell’amaro, pensata come spazio urbano di socialità e creatività: un modo per riportare fisicamente sul territorio parte del valore generato dal brand.
La verità, per chi guarda da sud, è che Averna incarna tutte le tensioni classiche dell’industria nel Mezzogiorno: da un lato il radicamento nel territorio e l’uso di ingredienti mediterranei, dall’altro la tendenza a concentrare funzioni logistiche e imbottigliamento in aree del Nord più attrezzate. Ma il legame narrativo con Caltanissetta rimane centrale, sia per il posizionamento del prodotto sia per il racconto turistico della Sicilia interna.

Da digestivo di casa a ingrediente “cool” nei cocktail internazionali

Se per i siciliani Averna è tradizionalmente “l’amaro dopo pranzo”, oggi comunque il marchio vive una seconda giovinezza nei bar di mezzo mondo. Riviste come Food & Wine lo indicano tra gli ingredienti che hanno cambiato il modo di bere negli ultimi anni, sottolineandone il ruolo chiave in cocktail come il Black Manhattan, reinterpretazione amara del classico Manhattan. (Food & Wine). Il suo profilo “gateway amaro” – abbastanza dolce da essere accessibile, ma con una complessità erbacea riconoscibile – lo rende perfetto per bartender e appassionati che vogliono scoprire la categoria dei bitter italiani. Guide specialistiche come Difford’s e Zestful Kitchen lo descrivono come uno degli amari più riconoscibili e uno dei best seller tra gli amari prodotti in Italia. Non è un caso che testate lifestyle statunitensi propongano cocktail come il “Jet Plane to Sicily”, in cui Averna sostituisce altri amari più costosi, trasformando un drink in un piccolo viaggio immaginario verso l’isola. (Good Housekeeping)