Un 2024 in lieve crescita che premia soprattutto le grandi imprese, mentre le medio-piccole sono in affanno. A registrare i risultati migliori (+8,4% l’aumento sui volumi dei ricavi nel triennio 2022-2024) sono infatti le grandi cantine con più di 50 milioni di ricavi che, pur rappresentando solo il 6,27% del campione, realizzano più della metà dei 13,4 miliardi di euro. Seguono in terreno positivo le imprese con dimensioni di vendita comprese tra i 20 e i 50 milioni di euro (+4,5%), mentre diminuiscono molto (-9,9%) le aziende della fascia compresa tra 10 e 20 milioni di euro. E’ questo il ritratto del mercato che emerge dal report annuale sui bilanci delle imprese del vino stilato da Studio Impresa – Management DiVino in partnership con il Corriere Vinicolo, che ha fotografato da un lato un mondo del vino capace di adattarsi strategicamente ad un contesto sempre più difficile e, dall’altra, un settore che avanza a diverse velocità.
Se è vero che l’ultimo esercizio si è chiuso con un complessivo +2% dei ricavi (+0,7% al netto dell’inflazione) sui risultati 2023 e con un Ebitda al 10,5% in miglioramento del 7,4%, 415 imprese sulle 877 analizzate hanno perso redditività. E le performance sembrano variare soprattutto in base alla dimensione delle imprese. Stando allo studio – presentato oggi all’Università di Verona e pubblicato integralmente sul Corriere Vinicolo (n.36 – link) -, le imprese sotto i 10 milioni di euro, pur arginando le perdite nel triennio, rappresentano il 71% del campione ma esprimono solo 17% dei ricavi del comparto. Una correlazione, quella tra dimensioni e reattività alle sfide del mercato, che si registra anche in termini di redditività: le dinamiche sull’Ebitda risultano quasi proporzionali alla dimensione delle imprese, con le piccole che perdono terreno anche sul fronte dei margini. Le realtà più piccole, con ricavi inferiori ai 5 milioni di euro e compresi tra 5 e 10 milioni, registrano nel triennio le contrazioni più marcate (rispettivamente -16,4% e -6,4%). Al contrario, evidenziano un incremento significativo della redditività le imprese di dimensioni medio-grandi (ricavi tra 10 e 20 milioni, a +9,1%) e con fatturati superiori ai 50 milioni (+4,9%). Le aziende con fatturati tra 20 e 50 milioni restano sostanzialmente stabili, con una lieve flessione (-1,2%).
“Da tempo Unione italiana vini rilancia la necessità di una riforma strutturale del settore per sostenere la competitività dell’intero comparto – ha sottolineato il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi –. In attesa di poter rinnovare l’attuale assetto normativo, gli obiettivi aziendali dovranno concentrarsi sull’efficienza della propria impresa, che in periodi delicati come questo diventa decisiva. I dati evidenziano la necessità di lavorare in generale sulla managerialità ma anche sulla dimensione delle nostre imprese in un’ottica di razionalizzazione delle risorse e sostenibilità economica. Piccolo è bello è uno slogan che dobbiamo lasciare al passato: le imprese tricolori – che hanno una superficie media del vigneto di 2,3 ettari contro i 10,5 francesi – devono puntare a un ulteriore irrobustimento, perché è chiaro che le dimensioni contano anche in ottica di attivazione di economie di scala. L’auspicio – ha concluso Frescobaldi – è di poter incentivare le aggregazioni, anche con un intervento pubblico”.
Da sinistra Gabriele Gorelli e Luciano Ferraro
Difficile a questo punto tracciare delle previsioni: per Gabriele Gorelli MW – uno dei più stimati esperti di vino d’Italia nato e cresciuto a Montalcino, in Toscana, nel febbraio 2021 è diventato il primo Master of Wine italiano – anche il 2025 appare in salita e probabilmente “vedremo qualcosa di ancora più spostato nella direzione che già il 2024 indica”. Ovvero, le aziende più strutturate, più grandi, che hanno fatto dei piani veri e propri di investimento sui mercati e che in misura maggiore sanno dove vogliono andare, evidentemente continuano a penetrare mercati e canali”. Chi, invece, vede che i risultati sono scarsi, ripiegherà “un po’ su se stesso, si fermerà in modalità ‘standby’ – spiega -. Ecco, credo che questo sia il peggiore dei comportamenti, il peggiore dei riscontri che si possono dare a un mercato che non funziona”. Secondo Gorelli, tuttavia, proprio in questo momento critico “se non si insiste, se non si è presenti, non si esiste. E quando si dovesse smettere di esistere nella testa non solo del consumatore, ma anche del buyer, del ristoratore e comunque di tutta la parte di catena del valore che ci fa da ambasciatore, da gatekeeper, recuperare certe posizioni sarebbe veramente, veramente difficile”. Oggi, quindi, questi dati mostrano “che vince chi insiste. Si vede proprio la differenza – ribadisce -, la si vede in tempi minori per un semplice motivo, perché comunque endemicamente ci sarà una quantità di aziende e persone che se non continua a martellare i mercati, i canali e i clienti, lascerà spazio a quelli che invece lo fanno e i numeri sempre più lo testimonieranno”.
Secodo Luciano Ferraro, vicedirettore e caporedattore del settore vino e viticoltura del Corriere della Sera, dal report emerge chiaramente “che i ricavi aumentano ma solo, o soprattutto, per le aziende sopra i 50 milioni. Questi dati, tuttavia, hanno un valore relativo perché il 2024 è stato un anno di passaggio e con il 2025 cambia tutto”, a partire dell’incognita “dei dazi che hanno avuto, e forse hanno ancora, un impatto non indifferente sui flussi degli ordini, e rendono difficile comprendere dove sta andando il mercato”. Le cifre dello scorso anno, insomma, “forse non riflettono più lo stato dell’arte del mercato italiano, se non per una tendenza già vista nel 2024 e rafforzata nel 2025: l’acquisizione da parte dei gruppi più grandi verso i più piccoli”. Un trend che dimostra come “per affrontare il mercato occorra dotarsi di ‘strumenti’ maggiori rispetto alle dimensioni artigianali ridotte delle aziende che fatturano poco”. Quello che dice Frescobaldi “è quindi corretto, ma c’è anche il rischio che in questo momento di ulteriore crisi anche “i grandi gruppi italiani devono stare attenti perché c’è sempre qualcuno ancora più grande. E non possiamo escludere che dall’esterno arrivi qualcuno ingolosito da gruppi piccoli ma anche grandi, uno scenario che abbiamo già visto”.
Difficile quindi abbozzare delle previsioni: “L’umore non è sicuramente roseo e i dati sono contrastanti – ammette -, da un lato sembra che le bollicine reggano ma parlando con i singoli produttori non mi sembra che ci sia tutto questo ottimismo. Dobbiamo aspettare i dati del primo trimestre 2026 per capire realmente come sta andando il mondo del vino in Italia”. Per Ferraro, tuttavia, due vetrine internazionali potrebbero dare una mano al mercato tra la fine dell’anno e l’inizio del nuovo: “Le olimpiadi invernali di Milano-Cortina e il riconoscimento – è l’auspicio – della cucina italiana come Patrimonio Unesco. Per adesso, però, non vedo molto movimento su questi due tronti da parte dei produttori, ma sicuramente arriverà”. E poi c’è il grande tema della produzione in generale: “Siamo pieni di ettolitri in cantina, si stima tra i 43 e i 47 milioni di ettolitri per il 2024 senza considerare il 2025, e mi chiedo dove lo venderemo tutto questo vino. Forse dovremmo cominciare a ragionare su una riduzione della quantità – conclude – temo che questo sarà una dei nodi cruciali del 2026”.
La ricerca – per il quarto anno in partnership con il Corriere Vinicolo – ha utilizzato i dati presenti nei bilanci del 2024 di mille aziende vinicole depositati presso il Registro delle Imprese alla data del 15 ottobre 2025. Su tali dati è stato individuato un campione di 877 società di cui fosse disponibile l’intera serie dei bilanci 2022-2024 tra tutte le cantine italiane che abbiano ricavi superiori a 1 milione di euro. Lo studio ha incrociato le variabili relative a dimensioni, modello societario (privati e coop), modello di filiera (agricole o industriali) e modello di investimento (asset light o asset strong) per valutare i principali indicatori economici (ricavi, redditività, immobilizzazioni materiali, posizione finanziaria netta, patrimonio netto, valore aggiunto e oneri finanziari). L’appuntamento di oggi è stato realizzato da Studio Impresa assieme all’Università di Verona e all’Accademia della Vite e del Vino.