A Bologna, nel Villaggio contadino promosso da Coldiretti, il tema della sicurezza alimentare è diventato il centro di un dibattito che tocca salute pubblica, economia e identità agricola europea. L’associazione agricola ha denunciato che il 97% dei prodotti alimentari provenienti da Paesi extra Ue entra nel continente senza controlli fisici, sfruttando varchi come il porto di Rotterdam, descritto come “un colabrodo”.
Un dato che inquieta: solo il 3% dei carichi viene realmente verificato, il resto si affida alla documentazione fornita dagli esportatori. Un sistema che, secondo Coldiretti, non tutela né i cittadini né le imprese, creando una concorrenza sleale ai danni degli agricoltori italiani ed europei, costretti a rispettare regole molto più rigide in materia sanitaria e ambientale.
Il caso Mercosur
Simbolo di questa asimmetria è l’accordo con il Mercosur, il blocco economico sudamericano. Nei primi otto mesi del 2025, le importazioni agroalimentari da quei Paesi verso l’Italia sono aumentate del 18%, raggiungendo 2,3 miliardi di euro, mentre le esportazioni italiane in direzione opposta sono calate dell’8%.
Ma la sproporzione non è solo economica: Coldiretti segnala rischi sanitari legati all’uso di antibiotici e pesticidi vietati da anni in Europa. L’accordo, che prevede dazi zero per carne, riso, miele e zucchero, potrebbe aggravare la crisi di intere filiere locali, già sotto pressione.
Il presidente Ettore Prandini ha ricordato che “la nostra sfida deve essere l’internazionalizzazione, ma non a scapito della reciprocità”. L’intesa, ha aggiunto, “è nata 18 anni fa in un mondo completamente diverso: oggi l’agricoltura è un presidio strategico da difendere”.
Sulla stessa linea, il segretario generale Vincenzo Gesmundo ha parlato di un rischio ambientale e sociale: “Esportiamo inquinamento dove le regole sono più leggere, per reimportarlo nei nostri piatti. Così si svuota il valore civile e ambientale dell’agricoltura europea”.
Dazi e falsi: l’altro fronte
Non meno preoccupante è la tensione commerciale con gli Stati Uniti. Le tariffe imposte sui prodotti europei, in particolare su quelli italiani, stanno già mostrando i primi effetti. A settembre il vino ha registrato un calo del 18%, la pasta del 21%, l’olio extravergine addirittura del 62%.
A questa perdita economica si aggiunge un danno d’immagine: la proliferazione dei falsi “Made in Italy”. Negli USA, secondo i dati Coldiretti su fonti Usda, si producono oltre 2,7 miliardi di chili di “italian cheese”, tra Parmesan, provolone e mozzarella, spesso venduti come italiani ma realizzati con latte americano. Un mercato parallelo, da 40 miliardi di dollari, che rischia di espandersi ulteriormente se le tariffe dovessero salire ancora. “Il rischio”, osservano da Coldiretti, “è che i consumatori americani scelgano sempre più spesso copie a basso costo, mentre i nostri produttori perdono terreno e identità”.
L’urgenza di un sistema europeo
La questione dei controlli alle frontiere si intreccia dunque con la difesa del modello agricolo europeo. Coldiretti chiede un sistema comune di vigilanza, capace di garantire che ciò che arriva sulle tavole europee rispetti le stesse regole di chi coltiva nei campi del Vecchio Continente. Altrimenti, questo è l’avvertimento emerso a Bologna, l’Europa rischia di difendere i propri principi solo a parole, lasciando che nei porti, nei supermercati e nelle mense scorra un’altra realtà: quella di un cibo che sfugge alle regole e mina la fiducia dei cittadini.