Il Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti “Fivi” 2025 ha chiuso un’edizione significativa, con oltre 28.000 visitatori, mille vignaioli provenienti da tutta Italia e delegazioni europee Cevi, masterclass sold out e una Bologna sempre più coinvolta anche negli appuntamenti “fuori mercato”. La manifestazione conferma così il suo ruolo centrale nel panorama enologico nazionale, un luogo in cui il pubblico può dialogare direttamente con chi produce e seguire da vicino le scelte che definiscono un vino.
All’interno di questo contesto si è svolta una delle sessioni più attese: la verticale di Vosne-Romanée 1er Cru Les Suchots del Domaine Confuron-Cotetidot, guidata da Armando Castagno con Camillo Favaro e Yves Confuron.
L’apertura è stata affidata alla presidente Fivi, Rita Babini, che ha sottolineato il valore di un confronto reale e quotidiano, lontano da narrazioni idealizzate. Per la presidente, “è il confronto con il pubblico a misurare davvero il senso del lavoro dei vignaioli: solo ascoltando chi beve si capisce la strada che il vino sta percorrendo”. Un’osservazione limpida, che ha introdotto con naturalezza la parte centrale dell’incontro.
Con Castagno si è entrati nel vivo attraverso un preciso inquadramento territoriale de Les Suchots, topografico e stilistico, descrivendone la posizione tra alcuni dei climat più noti di Vosne-Romanée e richiamandone le linee caratteriali: speziatura fine, tessitura aromatica stratificata e una materia che unisce densità e slancio.
Favaro, fautore di questa coinvolgente degustazione, ha evidenziato la continuità stilistica del Domaine Confuron-Cotetidot, noto per un’impostazione che non rincorre tendenze ma preserva una visione coerente, fatta di maturità piena e scelte che privilegiano l’integrità del frutto.
Confuron, da parte sua, ha illustrato senza filtri la filosofia che guida ogni decisione in vigna e in cantina: vendemmie tardive, uso costante del grappolo intero, nessuna correzione o scorciatoia tecnica e un rifiuto netto dell’accelerazione dei tempi, perché ogni vino arrivi alla sua fase espressiva senza forzature.
Les Suchots, presentato da Castagno come uno dei cru più emblematici di Vosne-Romanée, è la cerniera naturale tra Romanée-Saint-Vivant e Richebourg. La geologia argillo-calcarea, con suoli bruno-rossastri profondi 30-40 cm e l’influsso della combe che porta aria fresca da ovest, definisce un equilibrio particolare: finezza speziata, materia energica e una firma costante fatta di spezia scura e un’ombra di cacao. Le vigne del domaine hanno mediamente settant’anni e Confuron lavora tutte le cuvée con grappolo intero al 100%, vendemmiando tra gli ultimi per cercare la maturazione più piena possibile, convinto che solo così il cru possa mostrarsi nella sua interezza.
Da qui la degustazione delle cinque annate – 2017, 2009, 2008, 2007 e 1999 – che ha mostrato con chiarezza come il cru sappia evolvere mantenendo riconoscibile la propria impronta.
- La 2017, descritta da Castagno e Confuron come annata di equilibrio “quasi perfetto” e tipica della Borgogna più classica, si è delineata come prospettica, ancora in tensione ma già leggibile nelle sue traiettorie future.
- La 2009 ha portato aromi più scuri e terrosi, con tannini da attendere: un millesimo caldo gestito senza cedere a scorciatoie stilistiche.
- La 2008, figlia di un’annata fredda, ha stupito per lunghezza, con un profilo dai toni autunnali e materici che ha rivelato una complessità inattesa.
- La 2007 – annata irregolare e spesso fraintesa – si è imposta come presente; il vino più immediato e comunicativo, ampio negli aromi, naturalmente equilibrato e capace di una freschezza non scontata.
- La 1999 ha portato in sala il peso positivo della memoria, un passato che mantiene voce e struttura senza cedere, davvero notevole.
Le annate intermedie hanno arricchito il quadro, offrendo sfumature che confermano la solidità dello stile del domaine e la capacità di Les Suchots di attraversare il tempo senza perdere identità. Ne è scaturita una verticale in tre tempi: la 2017 come sguardo in avanti, la 2007 come compimento del presente, la 1999 come passato ancora vivo, con tutto ciò che sta in mezzo a ricordare quanto Les Suchots sappia mutare senza mai smarrire sé stesso.
Il Mercato Fivi ha ricordato ancora una volta quanto il vino non sia solo prodotto ma relazione, dialogo, tempo. La verticale di Les Suchots ne è stata un esempio luminoso: un passaggio da ciò che è stato a ciò che potrebbe essere, attraverso un’interpretazione che non impone ma lascia emergere.