I primi tre trimestri del 2025 hanno fatto segnare una brusca frenata per l’industria cinese del pomodoro. Le esportazioni di concentrato verso l’Italia si sono ridotte del 76% rispetto allo stesso periodo del 2024, e del 67% in Europa. Un crollo che il Financial Times ha definito “senza precedenti” stimando che la Cina abbia una scorta di concentrato di pomodoro pari a 600.000-700.000 tonnellate, pari a circa sei mesi delle sue esportazioni. Ma qual è l’impatto effettivo per la filiera del pomodoro italiano?
Per l’Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali, si tratta di un dato che, in realtà, “incide poco” sul mercato italiano in quanto “il nostro Paese esporta circa il 60% della propria produzione di derivati del pomodoro. Per questo motivo, le importazioni non hanno un impatto significativo sul consumo interno – assicura Giovanni De Angelis direttore generale Anicav -. Il pomodoro concentrato che arriva da Cina, Egitto o California, non finisce sulle tavole degli italiani, ma è destinato esclusivamente alla seconda trasformazione industriale”.
L’Italia “si distingue soprattutto per la produzione di polpe, passate, pelati e pomodorini, prodotti che rappresentano la vera identità del Made in Italy”. La rilavorazione del concentrato è un segmento specifico, destinato soprattutto all’export e all’industria alimentare (sughi pronti, pizze surgelate, zuppe). “A livello globale – spiega De Angelis -, i principali produttori di concentrato sono California e Cina, con una crescita significativa anche dell’Egitto e dei paesi iberici, Spagna e Portogallo. Seppure l’Italia non è presente in maniera significativa in questo segmento produttivo, il nostro concentrato è di grandissima qualità ed è minacciato dalle produzioni a basso costo degli altri Paesi”.
Tuttavia, rimane il nodo dei costi produttivi italiani, soprattutto agricoli: “Il mercato ci riconosce una qualità superiore, ma questo vantaggio ha un limite – avverte -. Per restare competitivi dobbiamo lavorare su tutta la filiera per ridurre i cosi, senza abbassare la qualità che ci rende leader nel mondo”. Non da ultimo, “la campagna di quest’anno è stata complessa”, soprattutto per i ritardi nella maturazione del pomodoro, in particolare nel bacino pugliese. “La raccolta si è allungata oltre le tempistiche tradizionali, generando maggiori costi e difficoltà nei processi produttivi – sottolinea il direttore di Anicav -.
Malgrado ciò, la produzione ha registrato un aumento rispetto al 2024, passando da 5,3 a 5,8 milioni di tonnellate, ma l’incremento è stato inferiore alle previsioni anche tenendo conto degli ettari investiti. L’allungamento della campagna non ha permesso di sfruttare pienamente le economie di scala degli impianti”. Il calo delle importazioni da paesi extra Ue è visto, quindi, come un “segnale positivo”, perché aiuta a mantenere in Europa “la nostra presenza, ma non è sufficiente a garantire la stabilità del settore”.
Per difendere il valore e il vantaggio del Made in Italy che “non è infinito” serve una strategia chiara: “Chiediamo regole certe, che tutelino il principio di reciprocità – avverte De Angelis -. L’Italia non teme la competizione e siamo contrari alle barriere. Tuttavia, chiediamo che chi entra nel mercato europeo rispetti le stesse regole ambientali, sociali e di sicurezza che vigono per i produttori europei”, conclude.