Scrcio
Grano e olio sotto assedio: cosa sta davvero succedendo alla Dieta Mediterranea
Le analisi sul grano canadese e i numeri dell’olio straniero accendono un dibattito ormai inevitabile
Il cuore della Dieta Mediterranea vive settimane complesse. Grano duro e olio extravergine d’oliva, due ingredienti che raccontano l’identità agricola dell’Italia più profonda, si trovano oggi schiacciati da una pressione commerciale che arriva dall’estero e che sta trasformando il mercato, comprimendo i margini di migliaia di aziende agricole. Coldiretti ha lanciato l’allarme, parlando apertamente di una situazione che rischia di indebolire intere filiere.
Il fronte più caldo è quello del grano. Le analisi del raccolto canadese – fonte di una fetta consistente delle importazioni – indicano che oltre la metà del prodotto presenta problemi evidenti: chicchi germogliati, danni da insetti, funghi. Una qualità che, secondo Coldiretti, non solo non regge il confronto con gli standard italiani, ma rischia di generare effetti a catena sul mercato nazionale.
Nel 2025 gli arrivi di grano canadese sono quasi raddoppiati, complice l’azzeramento dei dazi previsto dall’accordo Ceta. Una dinamica che ha spinto migliaia di agricoltori a scendere in piazza nelle scorse settimane, trascinando il Governo a un confronto serrato e all’adozione delle prime misure per arrestare la spirale al ribasso dei prezzi.
La tensione non riguarda soltanto la qualità. In Canada, l’uso del glifosato in pre-raccolta è ancora consentito, mentre in Italia è vietato da anni per precauzione. Questo squilibrio normativo – argomenta Coldiretti – altera la concorrenza e mette in difficoltà un comparto che occupa quasi 140.000 aziende agricole, molte delle quali situate in aree interne già fragili dal punto di vista economico. Un paesaggio fatto di colline e altipiani coltivati a grano duro, quasi 1,2 milioni di ettari che oggi guardano con apprensione a un mercato capace di cambiare direzione nel giro di poche settimane.
Non va meglio all’olio extravergine. Le importazioni sono cresciute del 67% nei primi otto mesi dell’anno, con un picco ad agosto che ha anticipato l’avvio della campagna di raccolta. L’effetto immediato è stato un crollo delle quotazioni dell’olio italiano: da 9,4 a 7,74 euro al chilo in poche settimane. Una discesa che sorprende, soprattutto considerando che le giacenze nazionali risultano in aumento e che l’extravergine “nuovo” dovrebbe, in condizioni normali, contribuire a sostenere i listini.
I numeri dell’ultimo rapporto Icqrf disegnano un quadro netto: mentre l’olio italiano in giacenza cresce di poco, quello straniero raddoppia. Un paradosso che alimenta timori e sospetti di manovre speculative. Non è un caso che Coldiretti e Unaprol chiedano una Cabina di Regia straordinaria all’Ispettorato Centrale Controllo Qualità, con un piano di verifiche nei porti e lungo i principali punti di ingresso delle merci. Alla richiesta si affianca un appello per monitorare i contratti futures, strumenti capaci – se mal gestiti – di alterare la percezione del mercato e la tenuta dei prezzi.
La questione non è soltanto economica. Riguarda la credibilità di due filiere che fanno parte dell’immaginario mediterraneo. Il grano duro che diventa pasta, l’olio evo che profuma di campagna e frantoio. Due prodotti che hanno attraversato crisi, epidemie, siccità, ma hanno sempre mantenuto un legame forte con i territori. Oggi questo legame appare messo alla prova da dinamiche globali difficili da governare, dove il prezzo sembra prevalere sulla qualità e dove la provenienza, se non controllata, rischia di restare un dettaglio marginale.
L’Italia agricola chiede strumenti in grado di riportare equilibrio. Più controlli, più trasparenza, un principio di reciprocità che renda confrontabili i metodi produttivi. E, soprattutto, una visione capace di sostenere chi in questi anni ha creduto nella coltivazione del grano e dell’olivo come impegno quotidiano. Perché una dieta – e la cultura che la accompagna – non si difende soltanto con i proclami, ma con la cura di chi ogni giorno coltiva la terra.