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Scenari

I dazi Usa sul vino? “Prudenza, servono nuove strategie ma nulla è perduto”

14 Agosto 2025
Benjamin Franchetti, Davide Rosso e Michele Bernetti Benjamin Franchetti, Davide Rosso e Michele Bernetti

Il clima è quello dell’attesa, continuando a lavorare come si è sempre fatto. I produttori di vino in giro per l’Italia danno per assodato il dazio Usa al 15%, prendono atto della volontà del governo di intervenire ma intanto si continua a lavorare. Se le previsioni per la prossima vendemmia sono tutte con il segno più, non lo sono quelle commerciali su come affrontare il nuovo scenario del mercato Usa. “Il mercato americano è molto sensibile e molto attento alla ‘matematica’, ovvero alla variazioni di prezzo – racconta da Ancona Michele Bernetti, proprietario della cantina Umani Ronchi e presidente di Imt, l’Istituto Marchigiano di Tutela – ed il discorso dei dazi non aiuta perché scombina certi equilibri che si sono trovati sul punto dei prezzi. I vini con brand molto forte sono meno influenzati ma in un momento di mercato saturo questo apre le porte ad una serie di cambiamenti difficili da valutare“.

Al momento la strategia è stata quella di spalmare il dazio tra produttore e importatore in maniera tale da non scaricare sul consumatore l’aumento del prezzo. Ma questo riduce anche i margini. La stessa cosa ha fatto Davide Rosso dell’azienda Giovanni Rosso presente nelle Langhe e in Sicilia, sull’Etna. “Abbiamo assorbito il dazio al 10% tra noi e l’importatore e lo abbiamo fatto anche quando questo è salito al 15%. Questa è una delle poche certezze. Leggo dai giornali che è in corso una trattativa per escludere vini e alcolici da queste tariffe e questo sarebbe una cosa bellissima“. Qualche importatore ha cercato di portarsi avanti acquistando prima dell’inizio dell’anno maggiori quantità di vino per evitare di pagare i dazi “ma adesso sta chiedendo delle dilazioni dei pagamenti perché il consumo non è aumentato“, racconta Rosso che proprio l’export rappresenta una parte importante del suo fatturato. “Le vendite negli Usa stanno andando bene“, continua Bernetti “in questo momento registriamo un aumento del 10%“. “Il mercato americano, pur tra le tantissime difficoltà, resta un mercato, a mio avviso, di grande valore con tante opportunità“, aggiunge proprio dagli Usa dove si trova per lavoro Antonio Capaldo di Feudi di San Gregorio, cantina campana di Sorbo Serpico, “le vendite dalla cantina verso il partner americano segnano ad oggi una flessione di oltre il 50% ma le vendite complessive sui mercati per noi sono in positivo: +10% a fine giugno“.

Il mantra è conquistare nuovi mercati “bisogna spingere tanto per cercare nuovi mercati“, dice Bernetti a cui fa eco Rosso che propone una strategia: massicci investimenti in pubblicità verso i nuovi sbocchi commerciali: “soprattutto da parte dei consorzi per aiutare quei territori che hanno delle aziende troppo piccole per affrontare questi investimenti. Pubblicità in tv, su internet e sulla stampa. Serve fare venire voglia di vivere una esperienza come quella che il vino può consentire“.  Ma il “sentiment” prevalente dei produttori è orientato sulla prudenza. “Di dazi si è parlato tanto e penso anche che per una seria riflessione dobbiamo aspettare qualche mese per capire bene le reali ripercussioni“, spiega Andrea Pieropan produttore di Soave in Veneto. “Servono almeno venti giorni per comprendere meglio“, aggiunge Lamberto Frescobaldi presidente di Unione italiana vini. “Penso che questo 15% sia una situazione gestibile. Tutti dovranno fare il loro, certo: la vedo così“, dice dal canto suo Benjamin Franchetti dall’Etna (ma è anche proprietario di Tenuta di Trinoro in Toscana), “poi ci sta anche il cambio che non aiuta da 1 a 1 a 1 a 1,18. È una questione che si affronterà. Niente entusiasmo ma neanche disperazione. Nessun distributore ci ha detto ‘basta chiudiamo’. Ma stiamo studiando una soluzione tutti insieme“.