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Scenari

Il fascino delle cantine familiari conquista i turisti internazionali

26 Settembre 2025
Turisti durante una visita in cantina a Pantelleria (Abraxas) Turisti durante una visita in cantina a Pantelleria (Abraxas)

Dal Rapporto Garibaldi emerge la preferenza di americani, britannici e tedeschi per le piccole cantine italiane

C’è chi viaggia per scoprire monumenti e musei, e chi invece cerca di entrare nella vita quotidiana dei luoghi. In Italia, questo desiderio spesso si traduce in un bicchiere di vino condiviso con chi lo produce, in una visita tra filari e botti, in un racconto che intreccia lavoro e memoria familiare. Non stupisce, allora, che i viaggiatori stranieri guardino con crescente interesse alle cantine di dimensioni ridotte, dove l’ospitalità ha ancora il calore di una casa.

Secondo le anticipazioni del Rapporto sul turismo enogastronomico italiano, curato da Roberta Garibaldi, presidente di Aite, i visitatori provenienti da Stati Uniti, Regno Unito e Germania mettono la cantina al centro delle loro esperienze di viaggio. Negli ultimi tre anni, oltre il 20% dei turisti americani ha inserito una tappa in vigna o in bottaia; percentuali solo di poco inferiori per tedeschi (17%) e britannici (18%). E lo sguardo ai prossimi viaggi è ancora più eloquente: il 78% degli statunitensi, il 74% degli inglesi e il 61% dei tedeschi dichiara di voler visitare un luogo di produzione.

Le cantine, in particolare, superano frantoi e caseifici, conquistando il primo posto tra le mete enogastronomiche più ambite. A emergere è soprattutto il fascino delle realtà a conduzione familiare: il 68% degli americani, il 57% dei britannici e il 49% dei tedeschi dichiara di preferire un’esperienza legata a queste aziende.

Le nuove generazioni sono le più coinvolte: l’82% della GenZ statunitense sogna di incontrare le famiglie del vino, mentre nel Regno Unito sono i Millennials (78%) a guidare questa scelta. In Germania, invece, l’interesse cresce con l’età e raggiunge il picco nella fascia tra i 45 e i 54 anni.

«Entrare in una cantina familiare – osserva Roberta Garibaldi – è un’esperienza che emoziona più delle visite ai grandi marchi. Non è solo il vino a parlare, ma il contatto umano con chi produce e racconta la propria storia».

Autenticità, dunque, come valore aggiunto. Ma da sola non basta. Per mantenere e accrescere l’attrattività internazionale, le imprese vitivinicole devono rafforzare la comunicazione digitale, la promozione multicanale e, oggi, anche l’uso dell’intelligenza artificiale. Strumenti che permettono di raggiungere sia i tour operator nei Paesi esteri sia quei viaggiatori che costruiscono da soli il proprio itinerario.

Il Libro bianco sulle professioni del turismo enogastronomico individua in questo percorso una figura chiave: il consulente specializzato, capace di supportare le aziende nella progettazione delle esperienze, nella gestione dei flussi, nella vendita multicanale e nel posizionamento online. Una risorsa esterna che affianca l’impresa senza snaturarne l’anima, ma aiutandola a dialogare con un pubblico sempre più ampio e diversificato.

Millennials e GenZ sono tra le generazioni più interessate a visite in cantina, che sognano di incontrare le famiglie del vino (nella foto un momento conviviale a Domäne Wachau, in Austria)