Il 2024 del vino italiano archivia un risultato in leggera crescita, ma il dettaglio dei bilanci racconta una storia meno scontata. L’indagine di Studio Impresa in collaborazione con il Corriere Vinicolo segnala ricavi in aumento del 2% e un Ebitda (acronimo di Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization) che sale al 10,5%, mentre quasi la metà delle 877 aziende analizzate registra una perdita di redditività. Il quadro sembra stabile a prima vista, ma i numeri mostrano un settore che si muove a velocità distanti, con la dimensione aziendale come fattore decisivo nella capacità di generare valore.
Le imprese sopra i 50 milioni di euro di fatturato, poche nel panorama nazionale ma centrali per peso economico, guidano l’andamento con un incremento degli incassi dell’8,4% nel triennio 2022-2024. Realizzano oltre metà dei 13,4 miliardi considerati dall’analisi, mentre la fascia tra 20 e 50 milioni mantiene un ritmo positivo.
Sotto questa soglia la tendenza cambia bruscamente: le aziende intermedie, tra 10 e 20 milioni, arretrano di quasi il 10%, e quelle sotto i 10 milioni, pur contenendo le perdite, continuano a operare in un contesto più fragile. Una distanza che si riflette anche nei margini, con le realtà più piccole in contrazione e le medio-grandi in recupero netto.
Lamberto Frescobaldi, alla guida di Unione italiana Vini, insiste sulla necessità di rafforzare la struttura imprenditoriale. In Italia la superficie media aziendale rimane sotto i tre ettari, un limite che incide sulla capacità di sostenere costi e investimenti. Crescita dimensionale, gestione attenta e percorsi di aggregazione emergono come leve indispensabili per competere, anche attraverso un supporto pubblico che possa favorire operazioni finora rimandate.
L’analisi del centro studi Management DiVino, diretta da Luca Castagnetti, aggiunge una considerazione che va oltre i dati 2024. Il mercato del 2025 sta già mostrando segnali di tensione e le imprese, secondo Castagnetti, non possono limitarsi a contenere i colpi. In uno scenario che cambia rapidamente, la capacità di leggere le dinamiche interne, controllare i costi e intervenire con lucidità gestionale diventa un fattore determinante.
Il capitolo regionale offre una prospettiva ulteriore. Il Veneto conferma il primato sui volumi e un incremento dei ricavi sul 2023, ma non è tra i territori più performanti sul fronte del valore generato. Toscana, Lombardia e Piemonte guidano questa classifica, trainate da distretti che hanno consolidato negli anni una struttura solida.
Franciacorta raggiunge un Ebitda superiore al 21%, mentre l’area di Bolgheri sale oltre il 50%, risultati difficili da replicare senza un modello produttivo coerente e investimenti continui.
Lo studio si basa su mille bilanci depositati presso il Registro delle Imprese e su un campione finale di 877 realtà con ricavi oltre il milione di euro. Le variabili considerate includono forma societaria, asset produttivi, organizzazione della filiera e politiche di investimento, incrociate con indicatori come posizione finanziaria netta, valore aggiunto e oneri. Ne emerge l’immagine di un settore che non arretra, ma che rivela differenze interne sempre più marcate. Da un lato gruppi strutturati, capaci di programmare; dall’altro una costellazione di cantine che rappresentano l’identità del vino italiano ma che richiedono nuovi strumenti per non perdere terreno.