È iniziata nelle campagne italiane la raccolta del riso, che quest’anno interessa circa 235mila ettari, con un aumento del 4% rispetto al 2024. Secondo le prime stime diffuse da Coldiretti, il Belpaese si conferma leader europeo della risicoltura, sia per estensione sia per capacità produttiva, con oltre 1,4 miliardi di chili di risone all’anno. Un primato che si lega a doppio filo con la tradizione gastronomica nazionale, e che nel 2025 assume un valore simbolico: gli 80 anni del Carnaroli, la varietà considerata “il re dei risi” e pilastro della cucina italiana.
La campagna 2025/2026 parte dopo un’estate dal clima regolare, che lascia ben sperare per una buona raccolta, anche se la reale entità delle rese si potrà valutare solo con le fasi di essiccazione e pilatura e in base all’andamento meteo delle prossime settimane. Il cuore della produzione resta saldamente al Nord: tra il Pavese, con 83mila ettari coltivati, e le province di Vercelli e Novara, con altri 100mila, si concentra il 90% della superficie nazionale. Una filiera che coinvolge 3.500 aziende agricole e oltre diecimila famiglie, custodi di un patrimonio varietale senza pari in Europa: più di 200 tipologie iscritte al Registro nazionale, dall’Arborio al Roma, dal Vialone Nano al Carnaroli.
Dietro a questi numeri, tuttavia, emergono le incognite che preoccupano i risicoltori italiani. Da un lato l’aumento dei costi di produzione, che negli ultimi anni ha toccato percentuali a doppia cifra a causa della crisi energetica e delle tensioni geopolitiche, restando ben al di sopra dei livelli pre Covid e guerra in Ucraina. Dall’altro, la concorrenza del riso straniero, spesso agevolata da accordi commerciali che permettono l’ingresso sul mercato europeo a dazio zero.
Coldiretti denuncia il rischio legato all’intesa Ue-Mercosur, che aprirebbe la strada a 60 milioni di chili di riso dal Brasile, primo produttore extra-asiatico al mondo, con regole e controlli molto meno stringenti rispetto a quelli europei. Una dinamica che già oggi pesa sul settore: il 60% del riso importato in Italia gode di tariffe ridotte, mentre dal 2009 le importazioni dai Paesi meno sviluppati sono passate da 9 a quasi 500 milioni di chili, spesso con sospetti di sfruttamento del lavoro minorile e utilizzo di pesticidi vietati in Europa.
Per Coldiretti è urgente introdurre una clausola di salvaguardia automatica, che scatti in caso di eccesso di importazioni rispetto all’anno precedente, insieme a un principio di reciprocità che garantisca parità di regole tra i produttori italiani e quelli stranieri. Solo così il riso italiano potrà continuare a rappresentare un’eccellenza del Made in Italy, unendo quantità, qualità e storia.