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Scenari

La grande bellezza del vino italiano: così 4 produttori si raccontano ai MW

15 Maggio 2014
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da sinistra il marchese Piero Antinori, Gaia Gaja e Alberto Tasca d'Almerita

>C'è la giovane Gaia Gaja, figlia di Angelo che descriverà la grande varietà del vitigno Italia come un indiscutibile punto di forza e il marchese Piero Antinori che invece sarà sul podio a suggellare la presenza prestigiosa dei Master of Wine nel loro quadriennale simposio che quest'anno per la prima volta si svolge in Italia, a Firenze;

c'è Alberto Tasca d'Almerita, ad di una delle cantine più antiche d'Italia a raccontare la storia e la cultura di un Sud che ha ancora molte cose da dire e Maurizio Zanella, presidente del consorzio Franciacorta e patron di Cà del Bosco. Quattro protagonisti per un appuntamento da non perdere domani mattina al Palazzo dei Congressi di Firenze. La sessione che sarà moderata dal master of wine David Gleave è alle 11 e il titolo lascia molto spazio all'immaginazione: “La conquista italiana: il rinnovamento di una cultura classica del vino”.

I MW vogliono così sapere “come si è evoluta l'Italia fino a diventare uno dei Paesi produttori più interessanti? I principali protagonisti della produzione vinicola italiana parlano della rinascita delle denominazioni classiche, dell'emergere di nuove regioni e di come i vitigni italiani rappresentano un punto di riferimento per i produttori di tutto il mondo”.Gaja Gaja fornisce qualche anticipazione del suo intervento: “L'Italia è una piccola nazione ma ha una varietà straordinaria di vitigni. La stessa Jancis Robinson, master of wine e presente al simposio di Firenze,  ne elenca nel suo libro “Grapes” ben 377. E poi mettiamoci anche le 330 Doc e le 73 Docg. Sì è vero, qualcuno dice troppo, ma è la nostra forza. Nessuno si stupisce che in Borgogna si contino circa 150 denominazioni diverse tra Village, Premiere Cru e Grand Cru. E poi le denominazioni che offre il territorio sono un grande rifugio per i tantissimi artigiani del vino italiano”. Aggiunge Gaia Gaja: “Su 35 mila aziende italiane del vino, ben 28 mila sono fatte da piccoli produttori, da artigiani, ed oggi, grazie anche alle nuove tecnologie, è molto più facile comunicare il proprio lavoro, i risultati in vigna e in cantina. Ma oggi dobbiamo andare oltre. Dire che facciamo un vino buono non basta più. Dobbiamo imparare a trasmettere altri valori come identità, rispetto del territorio, storia, cultura. Il nostro vino poi è tra quelli che è sempre meglio bere col cibo. Ed anche questo è un concetto che dobbiamo trasferire al mondo intero”.

La Sicilia come metafora italiana del vino è invece uno dei temi che affronterà Alberto Tasca d'Almerita, ad della storica cantina siciliana. Tutto parte dall'Isola perchè “la Sicilia del vino negli ultimi venti anni ha compiuto un miracolo sul versante della qualità, della percezione, della capacità di espandersi sui mercati. Prima eravamo vissuti come una regione per vini da dessert o troppo alcolici, vini sfusi, vini pesanti. Oggi è tutta un'altra storia. E allora credo che questa rinascita possa essere presa ad esempio di cosa possa essere l'Italia. Ma non basta. E quindi dico anche – aggiunge – che bisogna tirare fuori la ricchezza della nostra storia e della nostra cultura senza farle diventare un fardello. Servono messaggi semplici ed efficaci. Il fatto che i master of wine abbiamo scelto l'Italia per fare il loro simposio è infine una grande conferma del momento d'oro che vive l'Italia”. E poi il discorso si fa più ironico: “Scusate se siamo italiani, mi verrebbe da dire, cioè un popolo che respira nel suo dna la storia e la cultura, gente che quando fa una cosa normale ci mette un estro unico al mondo…”

F.C.