Tra caos dazi e crisi internazionali, il mercato del vino oggi si trova in grande affanno. E il dato di quasi il 9% di vino in più in catina rispetto allo scorso anno, non lascia ben sperare per il futuro. A certificare un momento di grande difficoltà per il settore è l’aggiornamento al 30 novembre 2025 di “Cantina Italia”, il report redatto dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari (ICQRF) sulla base dei dati contenuti nei registri telematici del vino.
Una fotografia che non lascia spazio a molti dubbi. A vendemmia conslusa, infatti, nelle cantine italiane ci sono 53,3 milioni di ettolitri in giacenza, superiori del 19,7% rispetto allo scorso 31 ottobre 2025 (+8.782.457 hl) e superiori del 8,6% rispetto al 30 novembre 2024 (+4.221.260 hl).
Ancora più nel dettaglio, negli stabilimenti enologici italiani sono presenti 53,3 milioni di ettolitri di vino, 9,7 milioni di ettolitri di mosti e 9,5 milioni di ettolitri di vino nuovo ancora in fermentazione (VNAIF). Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, si osserva un valore delle giacenze superiore per i vini (+8,6%) e per i mosti (+12,5%), mentre non si osservano differenze sostanziali per i VNAIF.
Rispetto al 31 ottobre 2025 il dato delle giacenze è superiore per i vini (+19,7%) e sostanzialmente inferiore per i mosti (-32,0%) e per i VNAIF (-33,2%). La distribuzione territoriale conferma una forte concentrazione nel Nord Italia, che detiene il 60,7% del vino in giacenza, con il Veneto in posizione dominante.
Dal punto di vista qualitativo, oltre la metà del vino stoccato è a Denominazione di Origine Protetta (54,6%), mentre il 26,5% è a Indicazione Geografica Protetta. I vini varietali rappresentano appena l’1,7%, mentre il 17,3% rientra nella categoria degli altri vini. Un dato che evidenzia come anche le produzioni a maggiore valore aggiunto non siano immuni dalle difficoltà di mercato.
Infine, particolarmente significativa è la forte concentrazione delle giacenze Igp: 20 denominazioni su 526 raccolgono il 58,4% del totale, segno di una polarizzazione che rischia di accentuare gli squilibri tra territori e denominazioni in una fase di domanda debole.