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Scenari

Nuovi vitigni e nuovi modelli di consumo, il focus al Simposio dei Masters of Wine

16 Maggio 2014
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Cristophe Salin, Domaines de Barons de Rothschild: “La California raggiungerà l'Europa affermando il proprio modello”

“'Il vino del futuro è frizzante. Pietra miliare rimarranno i vini di Bordeaux ma accanto alla scuola francese emergeranno nuovi modelli, si affermeranno quelli esportati dalla California e dagli altri Paesi del Nuovo Mondo”.

Così Christophe Salin, managing director di Domaines de Barons de Rothschild, immagina gli scenari che verranno in termini di consumo e di tendenze. Ce li racconta al Simposio dei Masters of Wine in corso a Firenze. “Domineranno i vini facili da bere e che la gente potrà permettersi, i consumi si concentreranno sulla fascia di prezzo tra i 12-15 dollari. I latini, parlo di Italia, Francia e Spagna, dovranno focalizzarsi su questo tipo di offerta se vogliono competere con le altre nazioni del mondo che propongono il vino ai nuovi mercati”. Per Salin la California sarà uno dei colossi vinicoli del futuro. Anche se per qualche tempo ancora i vitigni francesi rimarranno riferimento per i wine lover cinesi o indiani. “Stanno cercando di lavorare su altre varietà, per trovare un loro stile che fino ad ora hanno costruito sulle francesi” La linea guida sarà il bere locale, secondo José Vouillamoz, tra i massimi critici ed esperti di viticoltura, coautore, insieme a Jancis Robinson e a Julia Harding di Wine Grapes, la guida ai vitigni di tutto il mondo. 

“L'Italia è un modello che connette il vino al cibo locale. La complessità viticola ed espressiva di questo Paese non è un punto di debolezza ed è strettamente connessa alla cultura, al patrimonio locale e gastronomico. Non è difficile da comunicare al consumatore se non dimentichiamo di legare il vino al luogo in cui nasce. Il modo più efficace per promuoverlo è incoraggiare il “consumo del territorio” attraverso il binomio cibo-vino, che è indispensabile”. Il futuro sta, per il genetista, nei vitigni meno conosciuti: Lagrein, il Neiddera guardando all'Italia, il Counoise in Francia, la Maturana, il Sumoll Blanc la Spagna o il Tribigrad in Usa, citando solo alcuni che costituiscono il patrimonio viticolo meno conosciuto. La fotografia più recente, risalente al 2010 vede nella top six di vitigni più piantati al mondo Cabernet Sauvignon, Merlot, Airen, Tempranillo, Chardonnay e Syrah.

Il gusto del futuro sarà però fortemente determinato degli effetti del cambiamento climatico, uno dei temi dibattuti al Simposio, al seminario condotto dal MW John Hoskins che ha visto come relatori Salin, Vouillamoz, Gregory Jones, viticulture research climatologist alla Southern Oregon University e Frank Cornelissen.

L'evoluzione della mappa viticola mondiale disegna nuovi orizzonti e confini nei consumi. Tra varietà locali da recuperare, cisgeniche, ogm, le scommesse di selezione, le scelte viticole che affrontano le cantine di tutto il mondo rappresentano il patrimonio che verrà lasciato alle prossime generazioni. Lo sforzo, da parte a parte del globo, si concentra nel trovare i vitigni che potranno meglio resistere agli eventi che riserva il global warming, a malattie, parassiti, e disegnerà l'offerta allo scaffale. A testimoniare alla radunata dei MW l'impegno in questo tipo di ricerca è stato Frank Cornelissen, uno dei produttori che, insieme ad Andrea Franchetti e Marco De Grazia e ad alcuni esponenti della new generation etnea, ha contribuito alla renaissance della produzione vinicola sull'Etna. Il produttore belga nella sua piccola tenuta di 12 ettari a Solicchiata, ha sottoposto all'attenzione del pubblico uno degli step più urgenti che consiste nella modifica della geografia stabilita dalle denominazioni e lo snellimento della burocrazia. “Il clima si evolve, i territori cambiano velocemente, la burocrazia rimane ancorata a ritmi lenti”, ha detto. Un paletto che frena un divenire dove “la ricerca – ha ribadito –  assicura la continuità con il futuro”.

Alessandro Chiarelli