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Scenari

Più noccioleti sull’Etna e la Dop in prospettiva: “Le nostre cultivar piacciono, puntiamo al prodotto sgusciato”

13 Ottobre 2025
Gaetano Aprile e le nocciole etnee Gaetano Aprile e le nocciole etnee

Dopo anni di abbandono, i noccioleti risalgono i versanti del vulcano: nuovi impianti, giovani produttori e una Dop che si prepara a raccontare il gusto di un frutto unico

Dicono che sia più buona della tonda gentile, di certo c’è che è molto richiesta. La nocciola dell’Etna si fa strada sul mercato della frutta secca e dopo anni di abbandono della coltivazione, sul vulcano sono stati reimpiantati molti noccioleti, con un aumento della superficie coltivata che, negli ultimi anni, ha superato il 5 per cento. 

Oggi sono circa mille e duecento gli ettari coltivati a nocciole in un territorio che va da Sant’Alfio a Mascali, da Linguaglossa a Castiglione e qualche piccolo appezzamento anche a Milo e Piedimonte Etneo e che si aggiungono a quelle prodotte sui confinanti monti Nebrodi

La varietà locale è la Caraffara – ma oggi si trovano anche nuovi impianti di Giffona e Gentile Romana – con una produzione media intorno ai quindici quintali per ettaro e un raccolto che quest’anno, che è un’annata di scarica e quindi di produzione più scarsa, si è attestato sui quattro quintali circa per ettaro.

La nostra nocciola è superiore a livello aromatico a tutte le altre grazie al terreno lavico su cui cresce e che ne definisce le proprietà organolettiche e alle piogge che qui sono più abbondanti, dicono senza tema di smentite i produttori della organizzazione produttori, op in sigla, Sicilia in Guscio, costituita da una ventina di soci fondatori che lavorano tra i Nebrodi e l’Etna su circa 450 ettari complessivi di noccioleti. Il loro obiettivo, adesso, è ottenere la dop, la denominazione di origine protetta per la nocciola etnea (mente sui Nebrodi si sta lavorando per ottenere l’igp, l’indicazione geografica protetta). Per farlo hanno costituito un comitato promotore che mira alla certificazione per dare più valore al prodotto considerato un‘eccellenza del territorio, lavorando in sinergia con le istituzioni locali e con altri consorzi per la promozione e commercializzazione. 

“La nostra nocciola possiede tutti i requisiti, sia sotto il profilo della rilevanza storica in questi luoghi, sia in termini gusto e caratteristiche organolettiche – dice Gaetano Aprile, presidente della op Sicilia in guscio –. La storia dei nostri noccioleti sull’Etna è antica e arriva fino al settecento – continua -. Nella zona di Sant’Alfio è stata una coltura importante fino alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, quando la raccolta si faceva a mano ed era curata dalle donne della zona. Poi sono arrivate le nocciole turche e non è stato più redditizio coltivarle, con un progressivo abbandono. Noi stiamo recuperando l’antica tradizione, impiantando nuovi alberi e meccanizzando la raccolta. Inoltre, puntiamo sul prodotto lavorato, più remunerativo e molto richiesto dal mercato”. Le coltivazioni sono quasi tutte in biologico certificato con un valore di mercato della nocciola in guscio di circa 3 euro al chilo, che oscillano da 18 a venti nel caso del prodotto semilavorato. “Le nostre farine sono molto apprezzate nella pasticceria per le sfumature aromatiche che le contraddistinguono”, ed in effetti le paste di nocciola assaggiate a Sant’Alfio hanno davvero un sapore memorabile. 

In Italia le regioni in cui si registra una maggiore produzione di nocciole sono il Piemonte con il 29 per cento, il Lazio con il 28 e la Campania con il 24 per cento. La Sicilia si piazza al quarto posto con circa il 15 per cento della produzione nazionale ma la crescente richiesta da parte del mercato e dell’industria dolciaria fanno sperare in buoni margini di crescita per le produzioni isolane.