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Scenari

“La lotta all’obesità parte dalla grande distribuzione”

11 Ottobre 2012
obeso obeso

Fino a qualche tempo fa in Usa si era in pieno allarme obesità infantile.

Fenomeno di disordine alimentare che ha visto mettere in piedi programmi governativi per arginarlo. Però da oltreoceano arriva la notizia che la criticità sembrerebbe rientrare lentamente.
 
Qualcosa starebbe cambiando. “Negli Stati Uniti il tasso di obesità infantile si è stabilizzato –  ha dichiarato Adam Drewnowski, direttore del Center for Public Health Nutrition e Professore di Epidemiologia presso la School of Public Health dell'Università di Washington – con una curva piatta che segna una svolta rispetto all'andamento crescente. E negli ultimi cinque anni, sempre negli Usa, è sceso il consumo di zucchero da parte di baby consumatori e degli adolescenti”. Il quadro lo ha fornito durante il Webinar promosso a Milano da Barilla Center for Food & Nutrition (Bcfn).


Adam Drewnowski

C’è poi una nuova frontiera per la lotta all’obesità,  il professore la individua proprio nella grande distribuzione. “Finora le campagne informative si sono concentrate nelle scuole ma è nella distribuzione moderna che bisognerebbe intervenire. Ogni supermercato – ha auspicatoDrewnowski – dovrebbe avere un dietologo, o quanto meno consigli utili a migliorare la dieta dei clienti su uno schermo. La stessa Università di Washington ha acquistato un supermarket dove monitoriamo i cambiamenti delle scelte d'acquisto quando variamo i prezzi, ad esempio della frutta. Il tutto per uno studio epidemiologico che riguarda la nutrizione delle persone in relazione alla cultura gastronomica che cambia da Paese a Paese. In Cile già mangiano legumi, prodotti che costano poco, mentre è dura convincere uno del Texas ad abbandonare gli hamburger. Abbiamo bisogno di cibo locale – ha concluso – e poiché mangiare insieme è importante, di cibo che rispetti le identità gastronomiche di ogni popolazione”.
 
Da uno studio effettuato, tramite 500 interviste,dall'Università di Washington è inoltre emerso che il 72% degli interpellati vuole una dieta più sostenibile. Però, secondo il luogo comune, solitamente una dieta più sana è percepita come piùcostosa e questo farebbe da deterrente alla decisione di seguirne una. “Ma non è detto che sia così – ha ribadito Drewnowski– ci sono cibi sani, salutari e sostenibili, in quanto locali, per orientare i consumatori verso una ottima nutrizione a basso costo. E non è mai troppo tardi per comunicare che il cibo non nasce preconfezionato ma dalla terra. Questo perché – ha poi sottolineato l'esperto Usa – il 65% di tutte le calorie e i tre quarti dei zuccheri aggiunti viene dai supermercati”.