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Scenari

“Ricerca? Sì, ma anche promozione”. Il mondo del vino italiano risponde ad Angelo Gaja

17 Gennaio 2020
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Dopo la proposta del produttore piemontese, abbiamo sentito alcuni addetti ai lavori. E più o meno sono tutti concordi: giusto finanziare la ricerca, ma non si possono limitare i fondi per la promozione


(Nella fila in alto: Fabrizio Bindocci, Giulio Somma e Alessandro Dettori;
Nella fila in basso: Sandro Boscaini, Matilde Poggi e Piero Matroberardino)

di Giorgio Vaiana

Si sa, quando parla “le roi” Angelo Gaja, il mondo del vino italiano entra in subbuglio. Il produttore piemontese, infatti, non dice mai le cose a caso. E' tutto pensato e fatto in modo che si apra un dibattito. Che si rifletta. 

E anche stavolta Gaja è riuscito nel suo intento. Qualche giorno fa, Gaja ha inviato alla nostra redazione una lettera in cui spiegava le motivazioni, secondo lui, del perché rinunciare a parte dei finanziamenti per la promozione per finanziare la ricerca in campi vitivinicolo (leggi qui>). Stiamo parlando di circa 104 milioni di euro, compresi i fondi multiregionali che vengono erogati per il 70 per cento dalle regioni e per il 30 per cento dal governo nazionale. Quindi si tratta di un valore di progetti di promozione molto più elevato, più del doppio. “Mi pare evidente – dice Giulio Somma, direttore del Corriere Vinicolo,l’house organ dell’Unione Italiana Vini – che quella di Gaja sia una provocazione, ma molto positiva. Non perché concordi con lui sul fatto che si debbano dare meno soldi alla promozione, ma perché stimola una presa di coscienza dei produttori sulla necessità di dedicare più attenzione alla ricerca, un settore in cui ci sono molte lacune”. “Il discorso di mettere a odisposizione soldi per la ricerca non fa una grinza – dice Sandro Boscaini, patron di Masi e presidente di FederVini – Angelo è un mio caro amico e lui vede sempre lontano. Non c'è dubbio che colpisce nel segno. La tematica della ricerca è molto importante e oggi sono evidenti i cambiamenti climatici. Ma credo che i fondi della promozione non possano essere distratti da quelli della promozione. In ogni caso non sarebbe logico. Oggi questi fondi ci permettono di essere presenti sui mercati mondiali insieme ai nostri competitor, che li utilizzano attualmente e li utilizzeranno in futuro. Non possiamo permetterci di andare sui mercati, permettetemi l'esempio, con una gamba zoppa. Invece bisogna fare buon uso di questi soldi che servono per la promozione e mantengono un rapporto di mercato molto equo.

“Siamo d'accordo che occorre investire di più sulla ricerca – aggiunge Matilde Poggi, presidente di Fivi – Ormai il cambiamento climatico è un dato di fatto. Noi dobbiamo cercare di capire come sarà la viticoltura di domani, anzi direi l'agricoltura del domani. Noi produttori di vino siamo le prime vittime dei cambiamenti climatici: temperature sempre più elevate, vendemmie anticipate, gradi di acidità impazziti, stanno cambiando i gusti dei nostri vini in generale. Ecco dobbiamo sapere come affrontare tutto questo. Ma servono dei soldi specifici per questo capitolo. I fondi per la promozione sono serviti tantissimo ad agevolare il successo del vino italiano. E credo che siano anche gestiti bene. Forse hanno avvantaggiato principalmente le aziende di grosse dimensioni, perché l'accesso non è semplice, c'è il limite di spesa e le piccole aziende non possono investire così tanti soldi, ma cancellarli oppure rimodularli, no, non sono d'accordo”. “I produttori italiani sono molto concentrati sul tema della promozione – aggiunge Somma – Oltre la metà del vino italiano va all'estero e credo che questi fondi siano vitali. Non parlo solo di supporto per il mantenimento dei mercati. Credo che Gaja abbia solo sbagliato il termine. Perché se anziché del termine “fondi” avesse detto il termine “attenzione”, quindi “più attenzione alla ricerca”, anziché “più fondi alla ricerca” avrebbe ottenuto maggiore attenzione. Lo dico da addetto ai lavori: quando si parla di promozione stanno tutti sull'attenti. Mentre il tema della ricerca è affrontato un po' alla leggera. Questo perché ancora la maggior parte dei produttori italiani non ha preso coscienza del valore strategico della ricerca. La provocazione di Gaja a me pare molto centrata. La ricerca è vitale”. 

“Le due cose non vanno poste in antitesi – dice Piero Mastroberardino, presidente di Grandi Marchi – perché si tratta di aspetti che hanno una grande rilevanza all'interno del sistema vino italiano. I produttori italiani hanno una serie di fattori di debolezza che necessitano di un sostegno alla promozione molto importante. E secondo me è ancora insufficiente. Togliere fondi sarebbe una cosa drammatica, una penalizzazione, anzi dico una cattiveria. Giusto chiedere soldi per la ricerca, ma qui la battaglia andrebbe fatta per sistemare alcuni tasselli importanti e fare giusti investimenti, cercare di capire come questa può aiutare la redditività del sistema produttivo, garantire la soluzione ai rischi futuri e già attuali. Credo che siano necessarie entrambe le cose. Non è corretto dire tolgo da una parte per mettere da un'altra”. 

“Gaja è un uomo molto intelligente – dice Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino – La ricerca è importante. Il mondo deve andare avanti anche nel campo dell'agricoltura. Dobbiamo imparare a coltivare viti resistenti, portainnesti adatti al cambiamento climatico, viti che abbiano bisogno di meno acqua. Angelo però dice il vero: ci sono ormai aziende, consorzi e realtà che non hanno bisogno di fare marketing. E quei fondi potrebbero usarli per la ricerca. Credo però, che come sempre, la verita sia nel mezzo. Insomma c'è bisogno di tutte e due le cose, ricerca e promozione. Angelo ha sempre dimostrato che quando pensa e dice una cosa poi la fa. Queste uscite che io definisco fuori dalle righe, servono, stimolano un dibattito e magari danno la scossa a tanti”. Ma c'è di più, secondo Mastroberardino: “Questi fondi che ci sono per adesso per la promozione sono insufficienti – dice – rispetto al fabbisogno della filiera. Vi ricordo che noi siamo il primo paese per volumi di vino al mondo. Eppure l'investimento pubblico è davvero una miseria, non c'è comunicazione istituzionale dei territori e del vino italiano. Viviamo una penalizzazione competitiva rispetto ad altri paesi che sono in grado di stipulare accordi tra la filiera e i loro governi. Noi invece, di anno in anno, dobbiamo fare battaglie per vedere bandi fruibili, che spesso sono peggiorativi rispetto all'anno passato. Il paese che ha più volumi di vino al mondo non ha quel valore che ci si aspetterebbe. Abbiamo un gap da colmare. E' giusto fare la ricerca, ma non è giusto che Angelo lo dica in maniera provocatoria rischiando di creare qualche pregiudizio in un settore che ha già fattori di debolezza molto importanti. Nessuno in questo contesto odierno può fare a meno dei fondi per la promozione”. 

“Non è che bisogna dirottare i fondi dalla promozione verso la ricerca – dice Alessandro Dettori dell'associazione ViTe – Bisogna invece finanziare la ricerca e poi magari se, come dice Angelo, qualche azienda non ha bisogno dei soldi per la promozione, questi soldi siano destinati alle piccole aziende. Siamo tantissimi. Sono bandi complessi a cui partecipare, in cui bisogna fare progetti da 50 mila euro almeno. E allora bisogna moltiplicare questi investimenti magari avendo cura delle aziende più piccoline e dei territori meno conosciuti. All'estero conoscono solo Piemonte, Toscana e Veneto”.

“La ricerca è davvero un tema molto interesante – conclude Boscaini – E' importante pensarci, ma con altre modalità e altri fondi. Mi auguro, ma non so se sia possibile farlo, che ci pensi anche la comunità europea. Per noi dell'azienda Masi è un tema fondamentale. Abbiamo un gruppo tecnico che si occupa di ricerca da 35 anni con il progetto delle uve autoctone delle Venezie. Abbiamo fatto alcune proposte e abbiamo evidenziato di come siano aumentate le temperature medie annuali, di come ci sia stato uno spostamento verso nord della fascia viticola italiana e in altura. Noi ci stiamo concentrando in questo momento sul sistema di allevamento delle viti, che facciamo a pergola veronese anziché a filare o guyot. La pergola infatti riesce a creare un micro-clima perfetto. Poi abbiamo i progetti di contrasto ai parassiti e alle muffe con la lotta biologica, l'utilizzo di parametri non invasivi nel vigneto e soprattutto in cantina, insomma una sensibilità green in generale. Ma promozione e ricerca sono due temi diversi. La promozione è un tema imprescindibile per il vino italiano. Se non li utilizzassimo, cammineremmo con una gamba sola”.