Pierpaolo Sirch e Marco Simonit
E’ appena rientrato dalla Svizzera dove è stato l’unico relatore italiano al Convegno Agrovina, il Salone biennale vitivinicolo divenuto un punto di riferimento anche per l’Italia, la Francia e l’Austria.
Marco Simonit ripensando a questa esperienza appena conclusa, racchiude in tre parole la Svizzera del vino di cui, dice, si parla sempre troppo poco soprattutto per quanto riguarda la ricerca, lo sviluppo e la sostenibilità delle aziende agricole. Secondo il Preparatore d’Uva friulano, infatti, nel Paese elvetico non è contemplato il concetto “impresa versus ricerca” che siamo abituati a concepire in Italia. In Svizzera le imprese sono, invece, al servizio della ricerca.
“Questa cosa” racconta Marco dalla Provenza “mi ha profondamente colpito ed emozionato insieme al pragmatismo e alla voglia di comunicare i risultati delle ricerche ottenute ad una platea di quattrocento persone di cui più del 70% era costituito da vigneron, provenienti da tutta la Svizzera”. Ennesima conferma, questa, del grande interesse nei confronti del suo metodo di potatura ramificata volto a ridurre i deperimenti, ad allungare il ciclo di vita della vite e la sua produttività fino ad almeno cinquanta anni, raddoppiando quindi l’attuale età media che arriva a venticinque anni. Un metodo che ha un precursore inaspettato scoperto di recente per caso in una libreria di Bordeaux: Guyot Poussard. Un viticultore francese vissuto nella zona del Cognac alla fine dell’Ottocento che, come Simonit e Pierpaolo Sirch, ha studiato attentamente il deperimento delle viti.
“Sono convinto” spiega “ che fino a oggi per le malattie del legno da deperimento della vite non esistono cure che aiutino a prevenire i deperimenti. Non possiamo pensare di poter controllare i patogeni presenti in natura perché il loro comportamento è imprevedibile. Dobbiamo invece lavorare sulla struttura della pianta affinché questa possa convivere con l’ambiente e con i patogeni che la circondano senza dover per questo soccombere facilmente”. Sembrerebbe quindi che anche per le piante valga il detto “prevenire è meglio che curare”. In questi giorni Cronache di Gusto si è occupata del mal dell’esca che sta colpendo la Borgogna. Quali sono, secondo lei, i rimedi da porre in essere?: “E’ un po’ anacronistico parlare di mal dell’esca. Meglio parlare di malattie del legno, di malattie da deperimento. In realtà sono tanti i funghi che concorrono a causare questi deperimenti e che entrano attraverso la ferita della potatura. Tra questi c’è l’esca che è la sintomatologia più riconoscibile. Tutto il mondo scientifico francese, tedesco e svizzero sempre di più si sta interessando a quello che stiamo facendo perché l’arma a disposizione per queste malattie del legno è proprio la prevenzione che deve iniziare già da una adeguata tecnica di innesto nel vivaio. La potatura non corretta è in grado di aumentare le malattie del legno”. Quella corretta assicura, invece, il corretto sviluppo morfologico nel tempo della vite che se potesse svilupparsi liberamente assumerebbe la forma di una liana: “ Rappresenta dunque una chance di prevenzione delle malattie del legno, una possibilità tra le altre che noi abbiamo per far sì che la pianta rimanga sana e viva il più possibile. Una potatura intelligente, che rispetta i flussi linfatici, volta a ridurre il diametro delle ferite e a posizionare in modo corretto le ferite, in modo tale che il flusso della linfa circoli in modo regolare, consente alla pianta di mantenere una quantità di legno più adeguata e di stimolare maggiormente le proprie autodifese”.
In Italia, nelle regioni dello Champagne o della Borgogna il valore dell’uva è altissimo: “ Di conseguenza perdere delle piante a causa di questa mortalità comporta delle ripercussione economiche gravissime”. A dimostrazione di ciò la rivista Réussir Vigne, la più importante rivista di viticoltura ed enologia francese nell’ultimo numero di febbraio dedicherà al metodo Simonit&Sirch due intere pagine. La giornalista Marie Noelle Charles, firma prestigiosa della rivista, ha voluto essere testimone diretta del metodo presso lo Chateau Haut – Bailly per seguire passo dopo passo il modus operandi e l’attività di tutoraggio rivolto ai potatori da parte di Massimo Giudici che fa parte del team. Questa esigenza divulgativa è alla base della nascita sei anni fa della prima Scuola Italiana di Potatura della Vite, unica al mondo: “Siamo spesso invitati presso gli Istituti più importanti del Vino della Francia, presso l’Università di viticultura della Germania e altrove per presentare il nostro lavoro e divulgare le nostre conoscenze agli studenti. In Italia, da dove siamo partiti, nessuno ci ha però ancora chiesto di farlo. Spero che presto qualcosa cambi e che ci sia la volontà di divulgare esperienze come la nostra anche nelle scuole italiane”.
Rosa Russo