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Birra della settimana

Sinalunga e la sua Fiera alla Pieve: nel Senese, piccoli birrifici crescono

14 Dicembre 2025
La Fiera alla Pieve di Sinalunga La Fiera alla Pieve di Sinalunga

Una festa di paese amatissima e partecipatissima ha scommesso sulla promozione della pinta locale

Piccoli birrifici crescono. Una tendenza faticosa, lenta, spesso accidentata. Frenata da ostacoli catastrofici (si pensi alla pandemia da Covid-19, scoppiata nel 2020) e altri meno evidenti (come la dinamica dei prezzi e l’erosione del potere d’acquisto).

Eppure il segmento della pinta artigianale in Italia prosegue tenace il suo cammino. Con interruzioni e retromarce, lasciando dolorosamente alcuni caduti sul campo di battaglia. Ma prosegue. A tutto vantaggio di un’idea di produzione alimentare guidata dalla convinzione per cui, su questo fronte, il fatto stesso che esistano attività di piccole dimensioni e lavorazioni di respiro territoriale rappresenti una ricchezza per tutto il mercato, garantendo quella biodiversità del gusto che certo non potrebbe sopravvivere in un regime di massificazione e standardizzazione.

Come supportare allora, in sede locale, gli sforzi delle imprese birrarie minori per taglia ma insostituibili per il loro ruolo in termini di cultura del buon consumo? Una risposta è aprire loro le porte di iniziative anche non strettamente tematiche, come le feste di paese. Un ottimo esempio in tal senso lo ha dato, quest’anno, la tradizionale Fiera alla Pieve, organizzata, appunto, nella frazione di Pieve dal Comune di Sinalunga (in provincia di Siena), con il pieno contributo di associazioni e privati. Un momento di aggregazione partecipatissimo, un grande ritrovo popolare, la cui edizione 2025 ha visto presenti anche, ciascuno con la rispettiva postazione di spillatura, ben sette marchi brassicoli artigianali.

La birra con la gente e tra la gente

La Fiera alla Pieve – questo, per l’esattezza, il nome della manifestazione – rappresenta un appuntamento immancabile non solo per la gente del posto, ma per l’intero comprensorio in cui ci troviamo: quello della Valdichiana. Si tratta infatti di una consuetudine le cui radici affondano indietro nel tempo fino al XIV secolo, quando richiamava mezzadri e allevatori provenienti da tutte le campagne circostanti per la compravendita di bovini, cavalli e altri animali da lavoro. Oggi le sue giornate – quest’anno dal 4 al 12 ottobre – hanno cambiato volto, assumendo quello di un evento capace di unire commercio, cultura e socialità sotto il segno del costume locale, con una proposta che sa attrarre visitatori da ogni parte d’Italia. Quasi 600 i banchi che hanno animato l’ideale palcoscenico in cui si è trasformato il paese, con le sue vie e piazze, tra aree all’aperto e anche ampie zone al coperto, allestite con apposite tensostrutture. Qui un vero e proprio fiume di persone, si parla di 90 mila a consuntivo, ha potuto dividersi tra il mercato diffuso e la musica dal vivo, le iniziative di approfondimento e l’assaggio di tipicità locali. Tra queste, come sottolineato, la birra artigianale, portata all’attenzione del pubblico che ancora non la conosce o la conosce meno. Ed è questa la grande scommessa, perché il prodotto di nicchia è bello e prezioso in quanto tale, ma non può sopravvivere se quella dimensione diventa la sua gabbia: e in Italia, sui consumi complessivi nel settore brassicolo, il segmento craft continua a valere appena il 3,5%.

Pieve… e pinte: i protagonisti

Sette, lo si è detto, i marchi birrari artigianali in scena alla Pieve per la Fiera 2025. Tra essi alcuni nomi già noti, come La Diana (con base a Isola d’Arbia), Saragiolino (a Torrita di Siena), La Stecciaia (Rapolano) e il pur più giovane Residual (Montefalco), accanto ai quali hanno issato le loro insegne tre realtà invece emergenti o comunque meno note, se non agli appassionati della pinta, tutte quante di Sinalunga. Conosciamole in dettaglio a cominciare da La Combriccola, ovvero la linea di etichette lanciata per la somministrazione nelle proprie sale dalla Pizzeria Dal Pimpa, utilizzando un impianto di proprietà, dalla sala cottura ai fermentatori. Poi Il Maleducato, gamma omonima del ristorante che ne è titolare: di nuovo, dunque, abbiamo un legame organico con la tavola; in questo caso però si produce entro la cornice di una beer firm, ovvero un’attività senza struttura di lavorazione che opera attraverso collaborazioni o contoterzisti. Infine un’altra beer firm, quella battezzata Birranthology Extravaganza, nata e sviluppatasi in seno all’omonimo storico festival locale a tema, a sua volta un appuntamento che possiamo definire storico, visto che la prima edizione risale al 2005.

Le prove d’assaggio

Quasi sempre sono proprio le realtà autoctone e meno sotto i riflettori ad attrarre l’attenzione del curioso. E così è stato anche nella fattispecie. Ci siamo perciò dedicati volentieri alla scoperta delle tre gamme strettamente locali. Quella recante la firma di Birranthology Extravaganza propone, ad esempio, un’interessante Best Bitter prodotta a quattro mani con il marchio Saragiolino. Si chiama Blue Velvet, si attesta sui 4,5 gradi alcolici e si fa apprezzare per il carattere autenticamente british: colore ambrato, lieve velatura e schiuma beige; aromi da crosta di pane, foglia di tabacco e mela Red Delicious; una corporatura leggera, una carbonazione sobria e un gusto equilibrato, sebbene a trazione amara, culminante in un bel finale secco.
Passando al campionario de La Combriccola, ecco la Barone Rosso, tra le non molte interpretazioni superstiti in Italia del genere Red IPA: colore ambrato carico, lieve velatura e schiuma beige; la sua mescita accompagna verso profumi di pasta frolla, agrumi (arancia), frutta esotica e non (maracuja, guava, pesca), mentre la condotta gustativo-palatale risulta disinvolta e spedita, grazie alla corporatura medio-leggera, alla bollicina briosa, all’alcolicità dosata (siamo a quota 6) e all’attento bilanciamento dolce-amaro. Ben più muscolare, invece, la bevuta de La Rubio targata Il Maleducato: una vigorosa Double IPA da 7,7 gradi, la cui estetica luminosa (colore dorato carico, velatura sottile, schiuma avorio) e i profumi suadenti (frolla, nettarina, mango, pompelmo, resine di pino) ingannano non poco, anticipando un sorseggio caldo e perentorio, una corporatura medio-robusta, un finale secco dall’amaro decisamente risoluto.