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Scenari

“Tappo a vite futuro del vino italiano: e vi spiego perché”

28 Novembre 2023
Da sinistra Walter Massa de Gli Svitati, Luca Dal Lago, sommelier del ristorante Casin del Gamba, Emanuele Sansone, direttore generale di Guala Closures e il giornalista Guido Stecchi al seminario sui tappi a vite di Wine2Wine Da sinistra Walter Massa de Gli Svitati, Luca Dal Lago, sommelier del ristorante Casin del Gamba, Emanuele Sansone, direttore generale di Guala Closures e il giornalista Guido Stecchi al seminario sui tappi a vite di Wine2Wine

Sempre più protagonista delle cronache dei giornali specializzati. Ma non solo. Stiamo parlando del tappo a vite. Tantissimi, ormai i produttori che stanno puntando su questo sistema di chiusure dei loro vini, a loro detta molto più sicuro del tappo di sughero. Ultimi, ma solo in ordine di tempo, il gruppo degli Svitati, capeggiato dal produttore di Monleale in Piemonte Walter Massa insieme a Maria Luisa Manna, moglie dello scomparso Franz Haas, Silvio Jermann, Graziano Prà e Mario Pojer (ne parlavamo in questo articolo>). Abbiamo avuto modo di affrontare ancora una volta la questione con Emanuele Sansone, direttore generale di Guala Closures, un colosso che vende nel mondo 18 miliardi di tappi a vite all’anno. Mica bruscolini. E comunque non solo per il mondo del vino. Ma è proprio su quest’ultimo settore in cui Guala sta puntando. Perché il tappo a vite, come scelta dei produttori, cresce del 7 per cento all’anno ormai dal 2015. Numeri che, di certo, non possono più essere ignorati.

“Il tappo a vite – spiega Sansone – per noi è sinonimo di protezione, longevità del vino. Anzi, come diciamo ormai, è l’elisir di lunga vita per il vino”. L’obiettivo, adesso, è quello di convincere un’azienda che fa grandi numeri ad utilizzare il tappo a vite per tutta la loro produzione. Una cosa non facile, “perché in Italia – dice Sansone – il tappo di sughero è anche una questione culturale. L’auspicio è che sempre più aziende, anche importanti, possano virare sul tappo a vite per proteggere al meglio in proprio prodotto, ma anche per una scelte ambientale”. E Sansone sciorina i numeri: “Il tappo, nel packaging complessivo di una bottiglia di vino, vale il 2 per cento, che sembra poco, ma non lo è – dice – L’incidenza di un difetto del vino per il tappo a vite è dello 0,2 per cento. E spesso si tratta di bottiglie che sono arrivate magari rotte, quindi difetti che nulla hanno a che vedere con il tappo. Per il tappo di sughero l’incidenza del difetto è tra il 2 e il 5 per cento. Stiamo parlando di bottiglie che devono rientrare nelle aziende ed essere riprodotte, con un notevole sforo energetico ed economico delle cantine stesse. Non vogliamo di certo fare la battaglia ai tappi di sughero, ma sensibilizzare sui pro dell’utilizzo del tappo a vite”. Sono state avviate discussioni fitte per convincere i produttori dei consorzi del consorzio Montalcino e della Valpolicella.