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Scenari

Trento Doc, un vino tutto da promuovere. Il presidente Zanoni: dobbiamo partire da zero

30 Aprile 2014

Otto milioni di bottiglie prodotte e un obiettivo: crescere nei mercati stranieri, Usa in particolare

Enrico Zanoni è un lombardo d’origine cremonese, ma da cinque anni è stato adottato dal Trentino dove guida uno dei giganti del vino italiano, la Cavit.

Zanoni è anche presidente dell’Istituto Trento Doc. “Un marchio – afferma Zanoni – che più che di un rilancio ha bisogno di un lancio. Perché si è sempre lavorato molto e bene sulla qualità, ma poco sulla promozione. Non c’è mai stata la giusta focalizzazione e l’aggressività che un prodotto così dovrebbe avere”.

E cosa bisogna fare per lanciare il Trento Doc?
“Dobbiamo far capire al consumatore che si tratta di vini unici. La montagna dà caratteristiche uniche. Occorre comunicare che si tratta di bollicine ottenuto con metodo classico, un sistema che ha tempi, complessità e materia prima tutti suoi. Per questo ne viene fuori un prodotto finale più complesso, più costoso”.

Scattiamo un’istantanea di Trento Doc con qualche numero.
“Ne fanno parte 40 aziende, che sono solo della provincia di Trento. La produzione si attesta attorno agli 8 milioni di bottiglie, il 90% del mercato è costituito dall’Italia”.

Non è un problema questo, visto il calo drastico dei consumi interni?
“No, perché continuiamo a ritagliarci spazi importanti sul fronte nazionale, ciò non toglie che sicuramente in un futuro bisognerà affacciarsi al mercato internazionale”.

Con quali strategie?
“Ci stiamo muovendo in particolare verso gli Stati Uniti con una strategia volta a far conoscere ad addetti ai lavori, opinion leader, giornalisti e  sommelier l’unicità della Trento Doc. Serve tanta pianificazione e una ricca programmazione, non basta l’evento singolo”.

Avete i mezzi per riuscirvi?
“Ad oggi le nostre risorse provengono al 25% dal contributo degli associati e  al 75% da fondi dall’ente pubblico. Il budget non basta mai, ma non ci lamentiamo. Abbiamo ampi margini di crescita”.

E all’interno del consorzio come vanno le cose. Ci sono divisioni o si convive bene?
“Tenere tutti insieme non è mai facile ma siamo orgogliosi della compatezza della Trento Doc, ci sono nel consiglio grandi e piccoli produttori con buona comunanza di intenti. Già questo aiuta”.

Spendiamo anche due parole su Cavit. Qualche dato per inquadrare questa importante realtà vinicola italiana. 
“Cavit vuol dire 4.500 viticoltori, 11 cantine, il 60% della superficie vitata in Trentino. Abbiamo una grossa responsabilità e il grande impegno sta dando ottime soddisfazioni. Il fatturato è sui 154 milioni, stabile rispetto all’anno precedente. Però abbiamo lavorato molto sul valore, produciamo intorno ai 65 milioni di bottiglie, 75% di export,  insomma ribaltiamo i dati del Trento Doc. E siamo in crescita anche in Italia”.

Un’operazione di cui va orgoglioso?
“Nel 2013, abbiamo acquisito una piccola cantina in Germania, la Kessler, il marchio più antico della spumantistica in Germania dal 1826. Un affare concretizzato proprio nei giorni in cui l’Italia perdeva Loro Piana ceduta ai francesi e Pernigotti rilevata dai turchi. È stata una scelta in controtendenza, ma siamo contenti di come stanno andando le cose”.

Fra. S.