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Scenari

Vigneto italiano e affare americano: il paradosso del boom dei vini no alcol negli Usa

08 Febbraio 2024
Bottiglie di vino in cantina - ph Arno_M, Pixabay Bottiglie di vino in cantina - ph Arno_M, Pixabay

I prodotti low alcol rappresentano per i consumatori americani il 28% degli acquisti totali dei prodotti vitivinicoli italiani. Si parla di 651 milioni di dollari di fatturato nella grande distribuzione e nei retail americani nel 2023 per “rossi, bianchi, spumanti, prodotti aromatizzati” tricolori classificati da NielsenIQ come vini poco alcolici, in gran parte a fermentazione parziale oppure dealcolati. 

Si tratta di prodotti da 7 gradi in giù quasi totalmente sconosciuti in Italia venduti a un prezzo medio di quasi 16 dollari al litro, più del doppio rispetto alle omologhe bottiglie statunitensi (7 dollari) e addirittura il 5% in più al confronto con la media dei vini italiani tradizionali.

L’analisi fatta dall’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv) vede come il vigneto sia realmente italiano ma il business è nella stragrande maggioranza dei casi appannaggio di aziende a stelle e strisce (80% del valore delle vendite), che importano dall’Italia il prodotto finito ed etichettato e lo rivendono sul mercato statunitense.

Produzione italiana e affar americano. Un paradosso, quello sui “low”, ancora più evidente se si guarda ai “no alcol”: si tratta di vini che nel giro di due anni hanno raddoppiato le vendite negli Usa, attestate oggi – secondo l’Osservatorio Uiv – a 62 milioni di dollari. 

I prodotti italiani a zero alcol sugli scaffali statunitensi sono pochi, le vendite ammontano ad appena 4,5 milioni di dollari (+39% sul 2022) con un prezzo medio di 14 dollari al litro. Una quota residuale della presenza italiana (il 7% del totale), che diventa minuscola se si considera che il 90% delle vendite è imputabile a una sola azienda, per giunta americana, che acquista in Italia i prodotti finiti e li commercializza con marchio proprio. 

Il tutto è reso ancora più evidente dalla impossibilità per l’impresa Italia del vino di accedere a un business, quello dei dealcolati, bloccato dalle leggi vigenti in Italia, ma non in Europa. Negli Usa, oltre ai marchi americani, sono già venduti vini a zero gradi totalmente dealcolati prodotti da aziende spagnole, tedesche e francesi, che traggono beneficio da una regolamentazione in linea con quella europea.

“Il segmento low-alcol – Paolo Castelletti, segretario generale di Uiv – può rappresentare un’opportunità anche e soprattutto là dove il prodotto tradizionale fa fatica, come dimostra il record ventennale di vino rimasto in cantina al termine della scorsa campagna vendemmiale. Oggi per fare vini low alcol i produttori italiani hanno tre strade: utilizzare il vino come base per bevande aromatizzate, produrre vini da mosti parzialmente fermentati, oppure – in caso vogliano procedere con la dealcolazione – delegare il processo produttivo nei Paesi europei diretti competitor”.