Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Scenari

Vigneto Sicilia col vento in poppa. I numeri su evoluzione e potenzialità

28 Maggio 2014

Il Trebbiano è quasi sparito, il Catarratto comune quasi dimezzato, il Nero d'Avola che tra i rossi rappresenta quasi il 50 per cento della superficie vitata con significative crescite rispetto a tredici anni fa.

E ancora: trentatremila ettari in meno di supericie vitata complessiva. E poi la riconversione dei vigneti finanziata dall'Unione europea e che fornisce numeri imponenti: in tredici anni erogati contributi per 300 milioni di euro a beneficio di circa 15 mila aziende complessive negli anni e che hanno consentito di riconvertire 46 mila ettari. Sono alcune delle cifre che fotografano l'evoluzione del vigneto Sicilia. Sono numeri che fornisce Giuseppe Bursi, il dirigente dell'assessorato siciliano all'Agricoltura che segue il comparto del vino a Sicilia en Primeur.

Tra i vitigni più gettonati crescono anche Syrah, che è il vitigno internazionale più diffuso, ma anche Merlot. E lo Chardonnay e il fenomeno Grillo che in pichi anni è diventato un vitigno che occupa l'otto per cento della superficie vitata destinata ai bianchi, la più promettente varietà secondo il professore Attilio Scienza che ne ha tessuto le lodi pubblicamente. E poi spicca quel Nerello Mascalese, la varietà principe dell'Etna che da solo occupa il sette per cento dell'intera superficie destinata alle varietà a bacca rossa. A conferma che l'Etna vive un momento di splendore. Ed ancora un ragionamento sulle Doc. A Bursi piace sottolineare l'impulso che sta dando la Doc Sicilia a tutta la produzione di vino certificato. Se qualche anno fa tutto si attestava sui 200 mila ettolitri, adesso siamo a oltre settecentomila, merito di oltre cinquecentomila ettolitri che provengono quest'anno dalla Doc Sicilia.

“Una Doc – ha affermato Bursi – che è una sorta di grimaldello e che sta facendo scattare un crescente interesse sul vino dell'Isola e va ricordato che siamo l'unica regione italiana ad avere un organismo pubblico che si occupa di controlli e certificazioni, come l'Irvos, l'istituto regionale vini e olii di Sicilia. Così come la bella opportunità di poter utilizzare il nome Sicilia prima di inserire il nome di Doc meno conosciute e quindi giocare sull'Isola conosciuta molto di più all'estero e la possibilità di valorizzare i piccoli territori di qualità della nostra regione”.

Bursi tira le somme con la forza delle cifre. Numeri che gli consentono di dire che la Sicilia del vino manifesta “tanto dinamismo, voglia di migliorare le tecnologie e di ristrutturare, desiderio di fare investimenti”, tutte parole che testimoniano un settore vivo dalle enormi potenzialità, alcune delle quali passano dal nascente consorzio della Doc Sicilia che da solo potrebbe fare moltissimo sul versante della promozione. Basti pensare ai quasi 9 milioni destinati alla promozione per i Paesi terzi per la prossima campagna. E che potrebbero servire a finanziare, tra gli altri, i progetti presentati dal Consorzio Doc Sicilia fino all'ottanta per cento del costo complessivo. Anche l'Irvos ha fatto la sua parte con i controlli sulla Doc e una campagna di informazione

C. d. G.